Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16577 del 16/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16577 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE MATTIA CAROLINA nato il 04/05/1950 a SAN MICHELE DI SERINO

avverso la sentenza del 09/05/2017 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSIO SCARCELLA;

Data Udienza: 16/11/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza emessa in data 9.05.2017, la Corte d’appello di Milano, in parziale
riforma della sentenza del tribunale di Milano del 22.06.2016, appellata dalla DE
MATTIA, dichiarava non doversi procedere in relazione agli omessi versamenti relativi al periodo da febbraio a giugno 2009, perché estinti per prescrizione, ride-

terminando per le residue contestazioni relative all’annualità 2009 la pena in 4
mesi di reclusione ed C 400 di multa, confermando nel resto l’appellata sentenza.

2. Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata personalmente, deducendo tre
motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex
art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
In particolare si evoca: a) con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c),
cod. proc. pen. in relazione all’art. 179 c.p.p. per l’omessa citazione dell’imputata
nel giudizio di primo grado (le notifiche ex art. 415 bis c.p.p. e del decreto di
citazione a giudizio sarebbero state effettuate all’indirizzo di via Giambellino n.
130 e ritirate dalla portiera dello stabile; non vi era prova dell’incombente previsto
dall’art. 157, comma terzo, cod. proc. pen.; la ricorrente avrebbe appreso del
procedimento penale solo tramite una lettera inviatale dal difensore d’ufficio
presso la nuova residenza di via D’Annunzio 25 a Milano; ciò avrebbe privato la
ricorrente della possibilità di chiedere un rito alternativo); b) con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), cod. proc. pen. in relazione all’art. 81 cpv,
c.p. (si censura il rigetto della richiesta di applicazione della continuazione tra i
fatti giudicati con la sentenza del tribunale di Milano 24.05.2013, divenuta irrevocabile, e quelli oggetto della presente decisione, in quanto accaduti mentre la ricorrente ricopriva la carica di amministratore unico della società; i fatti sarebbero
avvenuti nello svolgimento del ruolo imprenditoriale ed il medesimo disegno criminoso sarebbe sorto con le crisi aziendali, donde la volontà dell’amministratore
unico di salvaguardare le aziende che avevano problemi di liquidità, decidendo
sistematicamente di non adempiere agli oneri fiscali e previdenziali; non rileverebbe il fatto, indicato dalla Corte d’appello, ma il modus operandi, in quanto i
reati erano collegati all’attività professionale della ricorrente); c) con il terzo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt.
62 bis e 133 c.p. e correlato vizio motivazionale (si censura il rigetto delle attenuanti generiche fondato sull’unico precedente penale specifico a suo carico; diversamente, si sarebbe dovuto tener conto dell’atteggiamento di resipiscenza della
ricorrente che ha chiesto scusa alla Corte ed ha mutato radicalmente vita; se fosse

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stata riconosciuta la continuazione, si sarebbe potuto riconoscere alla stessa anche
il beneficio della sospensione condizionale della pena).

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile.

4. Ed invero, dall’esame congiunto delle sentenze di primo grado e di appello (che,
com’è noto si integrano reciprocamente: Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013 – dep.
04/11/2013, Argentieri, Rv. 257595), risulta palese la genericità e manifesta infondatezza di tutti i motivi, atteso che la Corte d’appello, seppure in maniera sintetica ma con percorso argomentativo immune da vizi logici, indica nell’impugnata
sentenza le ragioni per le quali ha ritenuto integrato il delitto di omesso versamento delle ritenute previdenziali ed assistenziali in relazione ai ratei per i quali
non è intervenuto il proscioglimento, con conseguente configurabilità della responsabilità dell’imputata sotto il profilo oggettivo e soggettivo, ragioni che si intendono in questa sede integralmente richiamate per esigenze di economia motivazionale né essendo richiesto a questa Corte di procedere ad una ricognizione e
riproposizione delle argomentazioni in fatto sviluppate dalla Corte territoriale a
sostegno di quanto sopra, dovendo la Corte di Cassazione limitarsi a valutare la
congruenza motivazionale e la logicità complessiva dell’apparato argomentativo
utilizzato dai giudici di merito e non certo sindacare gli argomenti fattuali utilizzati
dai predetti giudici.

5. In particolare, osserva il Collegio, quanto al primo motivo, lo stesso è inammissibile trattandosi di violazione di legge non dedotta con i motivi di appello. IN ogni
caso, il motivo è manifestamente infondato, in quanto deve ritenersi inammissibile
il ricorso per cassazione con cui si deduca, con unico motivo, una violazione di
legge verificatasi nel giudizio di primo grado, se non si procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello, contenuto nella sentenza impugnata,
che non menzioni la medesima violazione come doglianza già proposta in sede di
appello, in quanto, in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo (Sez. 2, n. 31650
del 03/04/2017 – dep. 28/06/2017, Ciccarelli e altri, Rv. 270627).

6. Anche il secondo motivo è inammissibile.
Sul punto, la Corte d’appello motiva adeguatamente il diniego del riconoscimento
della continuazione, evidenziando che i reati di cui alla sentenza del tribunale di
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Milano si riferivano all’utilizzo fraudolento in compensazione di crediti di imposta
inesistenti per gli anni dal 2003 al 2006 ed all’anno solare di utilizzo dal 2004 al
2007, dunque a periodi assai distanti (due anni) da quello relativo ai reati per cui
è processo; non vi sarebbe il medesimo “modus operandi” e non sarebbe individuabile un’unitaria ed anticipata ideazione criminosa, quanto piuttosto una mera
inclinazione a delinquere, reiterando più violazioni della stessa specie, dovuta al

tingenti opportunità.
Trattasi di motivazione assolutamente immune da vizi logici e corretta giuridicamente, avendo fatto la Corte d’appello buon governo del principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui in tema di continuazione, l’accertamento del
requisito della unicità del disegno criminoso costituisce una questione di fatto rimessa alla valutazione del giudice di merito, il cui apprezzamento è sindacabile in
sede di legittimità solo ove non sia sorretto da adeguata motivazione (Sez. 6, n.
49969 del 21/09/2012 – dep. 28/12/2012, Pappalardo, Rv. 254006).

7. Quanto, infine, al terzo ed ultimo motivo, il diniego delle attenuanti generiche
è motivato non tanto dalla condotta processuale, quanto dal precedente specifico
costituito dai tre reati tributari già posti in continuazione tra loro, ciò che costituisce per la Corte d’appello un dato particolarmente negativo della personalità del
ricorrente.
Trattasi di censura manifestamente infondata, in quanto come è noto, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, La sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti
ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa
dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria
decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purchè non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per
ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez. 6,
n. 42688 del 24/09/2008 – dep. 14/11/2008, Caridi e altri, Rv. 242419).
Quanto, infine, al beneficio della sospensione condizionale della pena, il diniego è
stato motivato non soltanto sulla base del precedente penale specifico, ma anche
valorizzando il mancato versamento, neanche parziale, delle somme omesse. Sul
punto, la sentenza mostra di fare buongoverno del principio, già affermato da
questa Corte, secondo cui non può dirsi illegalmente motivato il diniego del beneficio della sospensione condizionale della pena qualora i giudici del merito, dalla
personalità dell’imputato, desunta dalla condotta antecedente e successiva al
reato, abbiano ritenuto che non possa presumersi che l’imputato stesso si asterrà

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programma generico di attività delittuosa da sviluppare nel tempo secondo con-

dal commettere altri reati (Sez. 2, n. 1200 del 20/10/1970 – dep. 30/12/1970,
Russo, Rv. 116082).

8. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti
ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al ver-

delle ammende.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro alla Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, nella sede della S.C. di Cassazione, il 16 novembre 2017

Il Consiglie e estensore
Alessio

r ella

Il Presidente
o Cavallo

samento della somma, ritenuta adeguata, di Euro 3.000,00 in favore della Cassa

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