Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16568 del 18/03/2016


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16568 Anno 2016
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Zambito Giovanni, nato a Agrigento il 4/01/1992

avverso la sentenza del 29/01/2014 della Corte di appello di Palermo

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Enrico Delehaye, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
della sentenza impugnata, limitatamente al trattamento sanzionatorio.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo
confermava la sentenza del 15 novembre 2012 del Giudice dell’udienza
preliminare del Tribunale di Agrigento, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva
dichiarato Giovanni Zambito responsabile del reato di detenzione illegale di
hashish e di cocaina e che lo aveva condannato alla pena ritenuta di giustizia.

Data Udienza: 18/03/2016

L’imputato era stato sottoposto a controllo da parte delle forze dell’ordine ed
era stato trovato in possesso di hashish (due panetti dello stesso peso, per
complessivi 192 grammi) e di cocaina (10,5 grammi). A casa dell’imputato era
stato poi rinvenuto altro stupefacente (grammi 1,50 di hashish e 0,50 di cocaina)
e strumentario per il taglio ed il confezionamento dello stesso (lama cutter con
tracce di stupefacente, ritagli di carta velina, ecc.).
I Giudici di merito ritenevano che il consistente quantitativo di hashish non
giustificasse un uso esclusivamente personale dello stesso, come dimostrato

qualificazione del fatto nell’ipotesi di lieve entità.

2. Avverso la suddetta sentenza, ricorre per cassazione il difensore
dell’imputato, lamentando violazione di legge e vizi di motivazione, in ordine alla
ritenuta responsabilità dell’imputato e al mancato riconoscimento della
circostanza attenuante prevista dal quinto comma dell’art. 73 T.U. stup., nonché
alla illegalità della pena inflitta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.

2. Il primo motivo relativo alla motivazione della sentenza in ordine alla
responsabilità e alla qualificazione giuridica del fatto è del tutto generico, in
quanto non sono esposte le specifiche ragioni dell’annullamento, limitandosi il
ricorrente ad enunciare critiche assolutamente astratte.
In ogni caso, la struttura motivazionale della sentenza impugnata risulta
adeguata e priva di manifesti vizi logici.

3. E’ fondato invece l’ultimo motivo relativo alla legalità della pena inflitta.
Come hanno affermato le Sezioni unite, è illegale la pena determinata dal giudice
attraverso un procedimento di commisurazione che si sia basato, per le droghe
cosiddette «leggere», sui limiti edittali dell’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, come
modificato dalla legge n. 49 del 2006, in vigore al momento del fatto, ma
dichiarato successivamente incostituzionale con sentenza n. 32 del 2014, anche
nel caso in cui la pena concretamente inflitta sia compresa entro i limiti edittali
previsti dall’originaria formulazione del medesimo articolo, prima della novella
del 2006, rivissuto per effetto della stessa sentenza di incostituzionalità (Sez. U,
n. 33040 del 26/02/2015, Jazouli, Rv. 264205).

anche dalle altre circostanze acquisite in sede di perquisizione, e neppure la

La sentenza impugnata, avendo applicato i limiti edittali previsti dalla
normativa dichiarata incostituzionale, deve essere quindi annullata con rinvio ad
altra sezione della Corte di appello di Palermo, per una nuova determinazione
della pena in base ai criteri indicati, con rigetto delle restanti censure.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e

Palermo.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 18/03/2016.

rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di

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