Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16559 del 21/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16559 Anno 2018
Presidente: CASA FILIPPO
Relatore: SANTALUCIA GIUSEPPE

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BARBARO FRANCESCO nato il 02/11/1994 a MELITO DI PORTO SALVO

avverso l’ordinanza del 17/05/2017 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE SANTALUCIA;
lette/sentite le conclusioni del PG MARIELLA DE MASELLIS
Il PG. conclude per l’inammissibilità del ricorso.
Udito il difensore
L’Avv. Demetrio Francesco Floccari conclude per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 21/03/2018

Ritenuto in fatto
Il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di giudice del riesame, ha confermato il
provvedimento con cui il giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale ha applicato a
Francesco Barbaro la misura della custodia cautelare in carcere per la illegale detenzione e
vendita di due pistole, armi comuni da sparo, e per la vendita, in funzione di intermediario, di
armi comuni da sparo (pistole e mitragliette) in favore di Vincenzo Ferrante.
Il Tribunale ha riassunto i risultati investigativi che hanno condotto a delineare

operante nella zona nord di Reggio Calabria con al suo interno, quale personaggio di spicco,
Domenico Nucera.
Si è quindi accertato che questi ha avuto contatti con Vincenzo Ferrante e i suoi accoliti,
operanti nel quartiere Arghillà nell’ambito criminale dello spaccio di droga.
Ciò premesso, il Tribunale, tenendo conto delle censure difensive, ha preso in esame i
dati indiziari a carico di Francesco Barbaro, costituiti essenzialmente dai risultati di
intercettazioni ambientali e telefoniche. Durante un colloquio registrato tra Vincenzo Ferrante e
Francesco Barbaro, il Ferrante chiedeva con insistenza al Barbaro la fornitura di altre e più
adeguate armi da sparo; il Barbaro confidava di aver procurato due pistole ad un ragazzo,
appena qualche giorno prima, e il Ferrante, appreso ciò, si mostrava irritato, al che il Barbaro
lo rassicurava dicendo che quanto prima gli avrebbe procurato le armi.
In successive conversazioni il Barbaro proponeva al Ferrante l’acquisto di armi da sparo,
ad un prezzo che il Ferrante però giudicava eccessivo. Il Barbaro si adoperava anche per
procurare, come richiesto dal Ferrante, alcune mitragliette, ma alla fine la trattativa non aveva
esito positivo, proprio per il prezzo eccessivo.
Il Tribunale ha quindi affermato che il contenuto dei dialoghi non lascia spazio a
ricostruzioni alternative, dato che emerge la serietà del racconto e la concretezza delle
trattative.
Ha quindi confermato anche il giudizio di sussistenza dell’aggravante dell’agevolazione
mafiosa per la contestazione relativa alla intermediazione per l’acquisto di armi in favore del
Ferrante, dal momento che l’intermediazione e le trattative furono finalizzate ad agevolare la
cosca di appartenenza del Ferrante, come il Barbaro sapeva per i chiari riferimenti che il
Ferrante fece ai suoi sodali come finanziatori dell’acquisto.
In merito alle esigenze cautelari il Tribunale ha affermato la sussistenza del pericolo di
reiterazione criminosa, in ragione della modalità delle condotte, che denotano professionalità
nel settore del commercio di armi e l’esistenza di rapporti con soggetti dediti stabilmente a tale
illecita attività. Questi elementi denotano una personalità qualificata da pericolosità, per la
capacità di reperire armi con facilità e intrattenere stabili rapporti con soggetti inseriti in
ambienti criminali.

1

l’esistenza di un gruppo associativo criminale, un’articolazione territoriale della ‘ndrangheta

Il Tribunale ha aggiunto che non pare dubitabile che l’indagato, ove ristretto agli arresti
domiciliari, possa riprendere i contatti con i contesti illeciti nel quale sono maturate le
condotte, approfittando degli intervalli di tempo tra un controllo di polizia e i successivi. Ha
quindi escluso che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con gli arresti domiciliari
con braccialetto elettronico dato che i reati in esame possono essere commessi per interposta
persona o comunque senza richiedere l’allontanamento dal domicilio. Ha concluso che l’unica
misura adeguata è la custodia cautelare carceraria.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di Francesco Barbaro, che ha

Col primo ha dedotto difetto di motivazione in ordine agli elementi indiziari valorizzati
per le contestazioni. Le affermazioni di Francesco Barbaro oggetto di captazione sono invero
millantatorie e goliardiche e non hanno quindi alcuna valenza dimostrativa. Il Tribunale ha
invece privilegiato, in maniera incongrua ed illogica, con motivazione meramente apparente, la
lettura accusatoria. Lo stesso difetto di motivazione caratterizza la decisione in punto di
sussistenza della circostanza aggravante dell’agevolazione di una consorteria mafiosa
Col secondo motivo ha dedotto i vizi di violazione di legge e difetto di motivazione nella
parte in cui è affermata l’esclusiva adeguatezza della custodia in carcere e l’incongruità di ogni
altra misura, persino di quella degli arresti domiciliari, sul presupposto che le condotte
avrebbero potuto essere reiterate “negli intervalli di tempo tra un controllo di polizia e i
successivi” o “per interposta persona”. Il Tribunale ha omesso di dare conto di un pericolo
concreto ed attuale di reiterazione di condotte della stessa specie.

Considerato in diritto
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito esposte.
L’ordinanza impugnata offre una motivazione adeguata, illustrando i dati indiziari tratti
dai risultati di intercettazioni di conversazioni tra presenti intercorse tra Francesco Barbaro e
Vincenzo Ferrante. Dà così atto della conversazione del 24 aprile 2016 in cui inequivocamente
il Barbaro riferisce di una vendita di armi fatta in favore di una persona non meglio indicata,
ma comunque giovane d’età, causando le rimostranze del Barbaro, che le avrebbe voluto
acquistare lui. Aggiunge il Tribunale, dando riscontro ad un preciso rilievo difensivo, che nulla,
nell’analisi della conversazione, fa ipotizzare che il Barbaro non racconti un fatto realmente
avvenuto; che stia, in buona sostanza, facendo il gradasso nel dare di sé l’immagine di chi ha
le entrature necessarie nel mercato illegale delle armi. Occorre a tal proposito rammentare che
“costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito,
l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non
può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed
irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite” – Sez. II, 4 ottobre 2016,
50701, D’Andrea e altri, C.E.D. Cass., n. 268389 -. La motivazione sul punto appare immune
da vizi di manifesta illogicità, né il ricorso indica specifici elementi, desunti dagli atti
processuali, che diano sostegno alla prospettazione della mera millanteria.
2

articolato più motivi.

Allo stesso modo è a dirsi per quella parte che dà conto dei contenuti delle
conversazioni, intercorse il 24 e il 30 aprile e il 7 maggio 2016, circa la trattativa per l’acquisto
di armi. Il Tribunale illustra gli specifici passaggi delle conversazioni che fanno emergere la
serietà e la concretezza della trattativa e spiega le ragioni per le quali ritiene i risultati
intercettativi chiari e univoci, dal contenuto che non lascia margini a dubbi ed incertezze in
ordine alla ricostruzione accusatoria. Anche per questa parte il ricorso prospetta una lettura
alternativa del materiale indiziario, con una mera affermazione non assistita da specifici dati a
tal fine rilevanti: occorre allora ribadire che “…non hanno rilevanza le censure che si limitino ad

Corte di cassazione si risolve pur sempre in un giudizio di mera legittimità – Sez. VI, 3 ottobre
2006, n. 36546, Bruzzese, C.E.D. Cass., n. 235510 -.
Circa poi la contestazione della circostanza aggravante della finalità di agevolazione
mafiosa, il Tribunale ha dato adeguata motivazione, precisando che il Ferrante non celò che il
suo interesse all’acquisto di armi trovava fondamento nell’essere un mandatario della cosca di
‘ndrangheta operante in Archi. Ha richiamato i passaggi delle conversazioni in cui il Ferrante
fece riferimento ad Archi, specificamente alla necessità di recarsi ad Archi prima di convenire
sul prezzo d’acquisto e quindi di concludere l’affare. Il Barbaro, a fronte di quest’atteggiamento
del suo interlocutore, mostrò di comprenderne pienamente le ragioni, non chiese spiegazioni
sul perché dovesse andare ad Archi e quale fosse dunque il collegamento tra Archi e la
trattativa per l’acquisto di armi. La motivazione è dunque sufficiente ed adeguata, persuade sul
fatto che il Barbaro avesse contezza della destinazione delle armi oggetto di trattativa, che
sarebbero servite alla cosca di ‘ndrangheta di Archi e che il Ferrante non fosse un acquirente in
proprio ma quale esponente associativo. Tanto è sufficiente per far ritenere la gravità indiziaria
anche in punto di circostanza aggravante.
In ordine poi alla motivazione sulle esigenze cautelari e sull’adeguatezza della misura
carceraria, si rileva che il Tribunale ha spiegato, con logicità e pertinenza di argomentazioni, le
ragioni che inducono a non valorizzare, in senso favorevole all’indagato, il suo essere immune
da precedenti penali, a fronte delle modalità con cui i fatti contestati risultano commessi. Tali
modalità rivelano l’intraneità ad ambienti criminali, una spiccata dimestichezza nella
conclusione di affari illeciti, e mettono in ombra, per la sicura pregnanza e gravità, sia il dato
della giovane età che quello dell’assenza di precedenti penali. Si ha quindi una sufficiente
spiegazione circa l’esistenza dell’esigenza di impedire la cd. reiterazione criminosa. Ancora le
modalità del fatto, sì come emerse nella illustrazione della gravità indiziaria, danno sostanza al
giudizio di inadeguatezza di ogni altra misura che, peraltro, dovrebbe confrontarsi, per essere
posto nel nulla, con specifici elementi dai quali risulti che le esigenze possano essere
soddisfatte con altre misure, stando quanto disposto dall’articolo 275, comma 3, c.p.p.,
applicabile al caso di specie per la sussistenza della circostanza aggravante dell’agevolazione
mafiosa.

3

offrire una lettura alternativa delle risultanze probatorie, dal momento che il sindacato della

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332:
‘Roma,

n

Il ricorso deve dunque essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
Copia del presente provvedimento deve essere trasmessa al direttore dell’istituto
penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito all’art. 94 c. 1-ter disp. att. del
c.p.p.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1-ter, disp. att.

Così deciso in Roma, 21 marzo 2018.
!\,
Il c n
Giuskp

li re es ensore

Il presidente

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Filippo Casa

c.p.p.

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