Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16553 del 11/03/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16553 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BIONDI OLINDO N. IL 01/07/1973
avverso la sentenza n. 987/2014 CORTE APPELLO di MESSINA, del
11/05/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;
Data Udienza: 11/03/2016
RILEVATO IN FATTO
– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado, BIONDI
OLINDO fu ritenuto responsabile di una serie di furti e condannato alla pena di 5
anni e 3 mesi di reclusione ed €1.700 di multa;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso il difensore dell’imputato, avv.
Giacomo lana, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
al trattamento sanzionatorio, per l’errata applicazione dell’art. 63, n. 4 cod. pen.;
in relazione alle aggravanti di cui all’art. 625 comma 1 nn. 4 e 7; in relazione al
contraddittorietà delle accuse e la condizione di tossicodipendenza;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, poiché il
diniego delle attenuanti generiche e più in generale il trattamento sanzionatorio
è fondato sulla “lunga teoria di precedenti penali anche per reati della stessa
indole di quelli per cui si procede (otto condanne per furto, due per rapina, due
per ricettazione, per tacere delle altre” (pagina 5 della sentenza impugnata) per
cui davvero non è dato comprendere cosa intendesse il difensore ricorrente per
“sostanziale incensuratezza” dell’imputato e come potesse incidere su tale
giudizio una meramente affermata “contraddittorietà delle accuse”;
– che d’altra parte anche rispetto alla sussistenza delle aggravanti di cui all’art.
625 comma 1 nn. 4 e 7 la motivazione della decisione impugnata non viene
specificamente contestata, per cui la doglianza risulta generica;
– che la doglianza riguardante l’errata applicazione dell’art. 63, n. 4 cod. pen.
non è in alcun modo argomentata e dunque risulta incomprensibile;
– che legittimamente il giudice, tra gli elementi di valutazione che può utilizzare
ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis
cod. pen. o di determinazione della pena, indicati dall’art. 133 cod. pen., può
considerare i precedenti penali (Sez. 6, n. 38780 del 17/06/2014, Morabito, Rv.
260460; Sez. 6, n. 16250 del 12/03/2013, Schirinzi, Rv. 256186; Sez. 5, n.
27382 del 28/04/2011, Franceschin, Rv. 250465);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta le conseguenze di cui
all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di elementi che valgano ad
escludere ogni profilo dì colpa, anche l’applicazione della prescritta sanzione
pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro mille;
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diniego delle attenuanti generiche, per la “sostanziale incensuratezza”, la
P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro in favore della
cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 marzo 2016
Il presidente
Il consigliere estensore