Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16537 del 21/12/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16537 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: ESPOSITO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CENICOLA MICHELE, n. il 22/06/1968;

avverso l’ordinanza n. 1797/2016 del Tribunale di sorveglianza di Perugia del 20/04/2017;

sentita la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito;

lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del dott. Luca Tampieri, che ha
chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 21/12/2017

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 20/04/2017 il Tribunale di sorveglianza di Perugia ha rigettato il reclamo
proposto da Cenicola Michele avverso l’ordinanza del Magistrato di sorveglianza di Spoleto del
26/10/2016 di dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di concessione della liberazione
anticipata relativamente ai semestri di detenzione compresi tra il 04/01/2012 e il 04/01/2013.
Il Tribunale ha condiviso il provvedimento impugnato perché i semestri in questione avevano

Magistrato di sorveglianza del 15/10/2013 e confermata con ordinanza dello stesso Tribunale
del 23/10/2014, avverso la quale non era stato proposto ricorso per Cassazione.
Il Tribunale, peraltro, ha rilevato che la dichiarazione di estinzione di una delle due infrazioni
disposta dal Direttore della Casa circondariale di Spoleto ai sensi dell’art. 80 D.P.R. n. 230 del
2000, non cancellava il fatto storico del non corretto comportamento, con conseguente piena
valutabilità ai sensi dell’art. 54 ord. pen..

2. Cenicola Michele propone personalmente ricorso per Cassazione avverso la suindicata
ordinanza, per violazione di legge e vizio di motivazione per violazione degli artt. 38 e ss. ord.
pen., evidenziando che le sanzioni disciplinari erano state “sospese” ai sensi dell’art. 80 D.P.R.
n. 230 del 2000 e che, pertanto, non potevano formare oggetto di valutazione negativa.
2.1. In memoria difensiva successivamente depositata il ricorrente ribadisce l’esistenza del
potere del Tribunale di rivalutare le medesime argomentazioni, che avevano già formato oggetto
della precedente decisione non impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è basato su motivi non proponibili in sede di legittimità.

2. Da quanto esposto nella narrativa del ricorso e confermato anche nell’ordinanza impugnata
emerge che il Cenicola aveva già avanzato identica istanza di concessione di liberazione
anticipata in epoca precedente, poi respinta con precedente provvedimento del Magistrato di
sorveglianza del 15/10/2013, la quale era confermata con ordinanza del Tribunale di
sorveglianza del 23/10/2014, avverso la quale non aveva proposto ricorso per Cassazione.
L’interessato ripresenta la medesima istanza, deducendo la presunta meritevolezza del
beneficio nonostante la valutazione negativa di due infrazioni disciplinari e la sopravvenuta
dichiarazione di estinzione di una delle due infrazioni per provvedimento del Direttore dell’Istituto
penitenziario emesso ai sensi dell’art. 80 D.P.R. n. 230 del 2000, argomenti entrambi

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compiutamente esaminati con la pregressa decisione.
L’integrale riproposizíone di precedente richiesta già respinta, senza che contro la stessa,
dopo il reclamo, sia stato proposto ricorso per Cassazione e senza rappresentare nuove

formato oggetto di una pregressa istanza, già decisa con precedente provvedimento del

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circostanze o dati non presi in considerazione incorre nella preclusione determinata
dall’irrevocabilità della decisione non contestata con gli strumenti processuali disponibili.
Invero, anche in materia di ordinanze pronunciate nel procedimento di esecuzione ha validità
il principio fondamentale del divieto di “bis in idem”, stabilito in via generale dall’art. 649 cod.
proc. pen. e ribadito per la fase esecutiva dall’art. 666, comma 2, cod. proc. pen., il quale
commina la sanzione dell’inammissibilità per le istanze costituenti “mera riproposizione di una
richiesta già rigettata, basata sui medesimi elementi” (Sez. 1, n. 33115 dell’11/07/2012, Santos

21792 del 22/03/2006, Cocina, Rv. 235522).
Questi condivisibili principi, fondati sull’esigenza di certezza del diritto e di stabilità delle
statuizioni giudiziarie, contro le quali non è consentita la contestazione illimitata nel tempo e
sulla scorta delle stesse argomentazioni, e su ragioni di economia processuale, per effetto del
richiamo operato alle disposizioni dell’art. 666 cod. proc. pen. dall’art. 678 cod. proc. pen. sono
stati ritenuti dalla giurisprudenza di legittimità valevoli anche per i provvedimenti adottati dalla
magistratura di sorveglianza, rispetto ai quali non è consentito al giudice revocare una
precedente ordinanza in mancanza di elementi nuovi, né per l’interessato è possibile sollecitare
nuove determinazioni in merito a benefici penitenziari, oggetto di richieste riproposte in assenza
di diverse deduzioni, che devono consistere in circostanze di fatto sopravvenute o in precedenza
non conosciute, non nella diversa valutazione o migliore illustrazione della stessa situazione in
punto di fatto o di diritto (Sez. 1, n. 2913 del 22/04/1997, Fasoli, Rv. 207773; Sez 1, n. 3870
del 03/06/1996, Raineri, Rv. 205589).
Per quanto non possa evocarsi con riferimento alle ordinanze pronunciate nella fase esecutiva
il concetto di giudicato, riferibile tecnicamente alle sentenze, la mancata impugnazione nei
termini o l’esaurimento dei gradi d’impugnazione con esito sfavorevole al proponente determina
l’operatività di una preclusione processuale alla riproposizione di temi già delibati, la cui decisione
assume il carattere della definitività allo stato degli atti, superabile soltanto da nuove
prospettazioni.
Né risulta che nelle more della proposizione dell’istanza in esame sia intervenuta una modifica
nella giurisprudenza di legittimità, innovativa dell’indirizzo sopra citato.
2.1. Per completezza, va sottolineata la manifesta infondatezza anche nel merito del motivo
di ricorso, dovendosi riconoscere il potere degli organi della sorveglianza di valutare liberamente
le infrazioni disciplinari ai fini dell’eventuale rigetto della richiesta di liberazione anticipata, anche
nel caso di una loro declaratoria di estinzione – disposta ai sensi dell’art. 80, comma 1, D.P.R.
n. 230 del 2000 per buona condotta nei semestri successivi – sempre che dalla motivazione
risulti l’avvenuta disamina di ogni elemento, di natura fattuale e psicologica, attinente alla
condotta ascritta al condannato, onde possa stabilirsene l’incidenza negativa sulla sua

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partecipazione all’opera rieducativa (Sez. 1, n. 51463 del 24/05/2017, Irace, non massimata).

Fermin, non massimata; Sez. 1, n. 44849 del 14/10/2008, Calandruccio, Rv. 242193; Sez. 3, n.

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3. Per le ragioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile con conseguente
” condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – non sussistendo ragioni di
esonero – al versamento della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

Così deciso in Roma il 21 dicembre 2017.

e al versamento della somma di euro duemila in favore della Cassa delle ammende.

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