Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16526 del 13/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16526 Anno 2018
Presidente: BONITO FRANCESCO MARIA SILVIO
Relatore: APRILE STEFANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DE MASI DEMETRIO nato il 15/06/1968 a MONTESANO SULLA MARCELLANA

avverso la sentenza del 04/06/2015 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere STEFANO APRILE
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore ROBERTO
ANIELLO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Data Udienza: 13/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento impugnato, la Corte d’appello di Napoli, giudicando
in sede di rinvio disposto dalla Quinta Sezione Penale di questa Corte con
sentenza n. 40888 del 28 settembre 2011, ha confermato la dichiarazione di
responsabilità di Demetrio DE MASI pronunciata all’esito del giudizio abbreviato
dal Tribunale di Sala Consilina con sentenza del 11 febbraio 2007, in relazione al

61, comma primo n. 2, cod. pen., dichiarando l’estinzione per prescrizione del
connesso delitto di cui all’art. 12, I. n. 197 del 1991.

2.

Ricorre Demetrio DE MASI, a mezzo del difensore avv. Eugenio Di

Bisceglie, che chiede l’annullamento della sentenza impugnata, denunciando:
– la violazione di legge, in riferimento agli artt. 61, comma primo, n. 2, 157,
624,

625, comma primo, n. 7, e comma secondo, cod. pen., 12 I. n. 197 del

1991, la violazione di norme processuali (artt. 129, 511, 526, 531, 604, 627,
comma 3, cod. proc. pen., 111 Cost.) e il vizio della motivazione con riguardo
alla mancata declaratoria di prescrizione del reato di furto, tenuto conto
dell’errata determinazione del termine in dipendenza del concorso di una
circostanza comune, nonché dell’errata applicazione dell’aggravante di cui all’art.
625, comma primo, n. 7, cod. pen., mancando l’esposizione alla pubblica fede,
essendo, in ogni caso, erroneamente stata ravvisata l’aggravante del nesso
teleologico tra il delitto di furto e quello di cui all’art. 12 I. n. 197 del 1991,
anziché il concorso formale (primo motivo);
– la violazione di norme processuali (artt. 213, 217, 438, 511, 526, 531,
604, 627, comma 3, cod. proc. pen., 111 Cost.) e il vizio della motivazione con
riguardo alla irritualità della ricognizione effettuata dalla persona offesa, pur in
ambito di rito abbreviato, e all’apodittica affermazione che l’imputato avrebbe
utilizzato la carta bancomat senza conoscerne il pin (secondo motivo);
– la violazione di legge, in riferimento agli artt. 624, 625, comma primo, n.
7, e 626 cod. pen., 12 I. n. 197 del 1991, la violazione di norme processuali
(artt. 129, 191, 192, 511, 526, 531, 604, 627, comma 3, cod. proc. pen., 111
Cost.) e il vizio della motivazione con riguardo alla mancata declaratoria di
assorbimento del delitto di furto in quello di cui all’art. 12 I. n. 197 del 1991,
ovvero nella mancata qualificazione in furto d’uso (terzo motivo);
– la violazione di legge, in riferimento agli artt. 61, comma primo, n. 2, 62bis, 69, 81, commi primo e secondo, 133, 625, comma primo, n. 7 cod. pen., e il

delitto di furto pluriaggravato a mente degli artt. 624, 625, comma primo, n. 7,

vizio della motivazione con riguardo alla determinazione della pena, alla
sussistenza e al bilanciamento delle circostanze (quarto motivo).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.1. Il giudice di rinvio, ha provveduto a sanare il vizio di motivazione, che
aveva condotto all’annullamento della precedente sentenza, con specifico
riferimento all’identificazione e individuazione dell’imputato quale autore del
fatto, evidenziando che dall’esame degli atti utilizzabili a seguito della scelta del
rito, l’imputato era stato individuato dalla persona offesa mentre era intento a
prelevare il denaro utilizzando il bancomat precedentemente sottratto.
La visione del filmato, le caratteristiche dei luoghi, l’assenza di altre persone,
il breve lasso temporale intercorso, sono stati logicamente ritenuti elementi
pienamente indicativi della piena attendibilità, peraltro mai messa in dubbio,
della persona offesa.
Analogamente, i giudici di merito hanno ritenuto agevolmente giustificabile,
in forza dei rapporti esistenti tra le parti, la conoscenza da parte dell’imputato
del codice pin della carta sottratta, tant’è vero che il medesimo è stato ripreso
dalle telecamere nell’atto di prelevare il denaro.
1.2. Ciò determina la manifesta infondatezza del secondo motivo di ricorso
che si palesa, dunque, inammissibile.
D’altra parte, il ricorso non specifica quale sia la denunciata nullità
patologica del riconoscimento operato dalla parte offesa nel corso delle indagini
preliminari che, in forza del rito prescelto, appare di contro pienamente
utilizzabile.

2. Ciò premesso, è inammissibile perché generico e meramente reiterativo di
argomentazioni già ampiamente confutate dal giudice di merito, il primo motivo
di ricorso che, nel censurare in maniera generica la violazione di legge, contesta
l’apparato motivazionale con riguardo alle circostanze aggravanti.
2.1. Il giudice di merito ha motivatamente ritenuto sussistente l’aggravante
di cui all’art. 625, comma primo, n. 7, cod. pen., trattandosi di cose custodite in
luogo pubblico (servizio di Guardia Medica), e quella di cui all’art. 61, comma
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1. Il ricorso è infondato.

primo, n. 2, cod. pen., tenuto conto che il furto è avvenuto per commettere il
delitto di cui all’art. 12 I. n. 197 del 1991.
Ne deriva l’assoluta infondatezza della questione di prescrizione, versandosi
in un caso in cui, a mente dell’art. 625, comma secondo, cod. pen., è prevista la

3. È infondato il terzo motivo di ricorso che, in disparte le meramente
denunciate ma non esplicitate violazioni di legge, deduce l’assorbimento del
delitto di furto in quello cui all’art. 12 I. n. 197 del 1991, ovvero pretende la
qualificazione della condotta di impossessamento a mente dell’art. 626 cod.
pen..
3.1. È infondata l’ipotesi dell’assorbimento del delitto di furto in quella di cui
all’art. 12 I. n. 197 del 1991, poiché sono totalmente diverse le condotte
descritte dalle due distinte fattispecie, sicché il furto logicamente precede l’uso
indebito, ma non può certo annullarsi in esso (Sez. 5, n. 44018 del 10/10/2005,
Fazio, Rv. 232810).
3.2. D’altra parte, il giudice di merito ha ampiamente valorizzato le
caratteristiche specifiche dell’azione per escludere che la stessa possa essere
qualificata quale furto d’uso, non foss’altro perché la sottrazione della carta,
quale strumento abilitante al prelievo di denaro, è avvenuta allo scopo di
appropriarsi indebitamente delle somme, sicché si deve escludere la sottrazione
per uso momentaneo.

4. Va premesso che sono state concesse le circostanze attenuanti generiche,
sicché il ricorrente si duole in realtà del solo del giudizio di bilanciamento.
4.1. È inammissibile il motivo di ricorso attinente al giudizio di bilanciamento
in quanto generico e aspecifico, nonché caratterizzato da censure di merito
inammissibili in questa sede.
La censura che riguarda il giudizio di bilanciamento è, in effetti, generica e in
fatto e non si confronta con il complesso della motivazione dalla quale, in ogni
caso, emergono motivate valutazioni negative in ordine alla personalità
dell’imputato e alla gravità dei fatti.
4.2. Il motivo di ricorso, che censura l’entità della pena, deve essere
dichiarato inammissibile in quanto il giudice di merito non ha affatto omesso di
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pena della reclusione fino a 10 anni.

motivare sul punto, avendo valorizzato, anche ai fini dell’art. 133 cod. pen., le
caratteristiche del fatto e la personalità del soggetto.
Dal complesso della motivazione, in ogni caso, emergono motivate
valutazioni negative in ordine alla personalità dell’imputato.

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 13 marzo 2018.

I L.Cerrst
fa no

Il Presidente

Ap

Francesco Maria Silvio Bonito

5. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la

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