Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16514 del 11/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16514 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BOUDEGZDAME DJAMEL N. IL 08/11/1971
avverso la sentenza n. 1107/2008 CORTE APPELLO di REGGIO
CALABRIA, del 30/01/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Sz

Data Udienza: 11/03/2016

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RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, in conferma di quella di primo grado,
BOUDEGZDAME DJAMEL è stato condannato alla pena di giustizia per il reato
previsto dagli articoli 56, 624 e 625 n. 4 del codice penale, così riqualificata
l’originaria contestazione di rapina, fatti commessi 1’11 novembre 2006;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell’imputato, avv. Alessandro Mario Travia, con il quale deduce l’intervenuta
prescrizione del reato prima del deposito in cancelleria della sentenza, ancorché

non può considerarsi atto interruttivo della prescrizione;
– che sotto altro profilo si deduce violazione di legge per il diniego delle
attenuanti generiche, che potevano invece essere riconosciute in considerazione
delle dichiarazioni ammissive dell’imputato;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto
il diniego delle attenuanti generiche tiene conto della condotta processuale, ma
giudica decisivo il numero dei precedenti penali, anche allarmanti, per resistenza
a pubblico ufficiale, furto, rapina tentata, cessione di sostanze stupefacenti ed
evasione, i quali evidenziano una personalità proclive a delinquere ed ad usare
violenza;
– che in generale va ricordato che il giudizio sulla dosimetria della pena e quello
di bilanciamento delle attenuanti sono rimessi alla discrezionalità del giudice di
merito e non sono sindacabili in questa sede di legittimità, laddove la decisione
sia motivata in modo conforme alla legge e ai canoni della logica. D’altra parte
non è necessario, a soddisfare l’obbligo della motivazione, che il giudice prenda
singolarmente in osservazione tutti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen.,
essendo invece sufficiente l’indicazione di quegli elementi che assumono
eminente rilievo nel discrezionale giudizio complessivo (Sez. 2, n. 3609 del
18/01/2011, Sermone, Rv. 249163), come appunto avvenuto nel caso di specie;
– che anche il motivo riguardante l’intervenuta prescrizione deve ritenersi
manifestamente infondato, poiché, diversamente da quanto sostenuto dal
ricorrente, ai fini del computo della prescrizione rileva il momento della lettura
del dispositivo della sentenza di condanna e non quello successivo del deposito
della stessa (Sez. 1, n. 20432 del 27/01/2015, Lione, Rv. 263365; Sez. 7, ord.

n. 38143 del 13/02/2014, Foggetti, Rv. 262615);
– che si è, infatti, rilevato che la pubblicazione (art. 545 cod. proc. pen.) e il
2

dopo la lettura del dispositivo, il quale, ai sensi dell’articolo 160 del codice penale

deposito (art. 548 cod. proc. pen.) della sentenza hanno finalità diverse, poiché
la prima, che garantisce l’immediatezza della deliberazione stabilita dall’art. 525
cod. proc. pen., conclude la fase della deliberazione in camera di consiglio e
consacra, attraverso il dispositivo redatto e sottoscritto dal presidente, la
decisione definitiva non più modificabile in relazione alla pretesa punitiva,
mentre il secondo serve a mettere l’atto, contenente l’esposizione dei motivi di
fatto e di diritto sui quali la decisione stessa è fondata, a disposizione delle parti
e segna i tempi della impugnazione in determinati casi (Sez. 5, n. 1520 del
17/03/2000, Cannella, Rv. 215835); si è perciò rimarcato che, ai fini del

momento della lettura del dispositivo della sentenza di condanna, anche nel caso
in cui non sia data contestuale lettura della motivazione, e non quello successivo
del deposito della sentenza stessa (Sez. 3, n. 18046 del 09/02/2011, Morra, Rv.
250328);
– che di conseguenza la prescrizione del reato va collocata alla data dell’Il
maggio 2014, in epoca successiva alla lettura del dispositivo (in data 30 gennaio
2014);
– che la ritenuta inammissibilità del ricorso comporta la preclusione per questa
Corte della possibilità di rilevare l’esistenza di cause sopravvenute di non
punibilità ex art. 129 del codice di rito (quale la prescrizione) e comporta altresì
le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen., ivi compresa, in assenza di
elementi che valgano ad escludere ogni profilo di colpa, anche l’applicazione
della prescritta sanzione pecuniaria, il cui importo stimasi equo fissare in euro
mille;

P. Q. M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di mille euro alle cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 marzo 2016
Il consigliere estensore

Il presidente

computo della eventuale prescrizione, deve essere preso in considerazione il

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