Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16513 del 11/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16513 Anno 2016
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
ANCONA
nei confronti di:
BONIFAZI STEFANIA N. IL 12/02/1966
avverso la sentenza n. 3309/2014 GIUDICE UDIENZA
PRELIMINARE di MACERATA, del 14/01/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FERDINANDO
LIGNOLA;

Data Udienza: 11/03/2016

RILEVATO IN FATTO

– che con l’impugnata sentenza, pronunciata ai sensi dell’art. 444 cod. poc. pen., fu
applicata a BONIFAZI STEFANIA, per il reato di bancarotta fraudolenta per
distrazione, la pena concordata con la pubblica accusa nella misura di 1 anno e 4
mesi di reclusione;
– che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore di
Macerata, deducendo mancata applicazione dell’articolo 69 cod. pen., poiché nel

aggravanti, considerato il fatto che la contestazione indicava due episodi distrattivi;

CONSIDERATO IN DIRITTO

– che il ricorso va dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza, poiché,
come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, n. 21039 del
27/01/2011, Loy, Rv. 249667), “nella realtà contemporanea, con l’abbandono
definitivo della concezione del fallimento come evento e in considerazione del fatto
che i comportamenti dell’imprenditore insolvente possono essere estremamente
eterogenei per tipologia e per offensività, deve ritenersi che i plurimi fatti di
bancarotta nell’ambito del medesimo dissesto fallimentare, pur unificati
normativamente nella previsione dell’art. 219, comma 2, n. 1, legge fa/I.,
rimangono naturalisticamente apprezzabili, se riconducibili a distinte azioni
criminose, e sono da considerare e da trattare come fatti autonomi, ciascuno dei
quali costituisce un autonomo illecito penale. È in rapporto, quindi, alla natura e alla
eterogeneità delle fattispecie previste dalle norme incriminatrici che deve essere
valutata e colta la reale portata dell’art. 219, comma secondo, n. 1, legge fa/I.” e
ancora che “i/ reato rimane logicamente unico nelle ipotesi, già sopra richiamate, di
condotte criminose in rapporto di “altematività formale” o “altematività di modi”, di
condotte espressione di un’unica azione con pluralità di atti, di fattispecie costruite,
per espressa previsione normativa, su una base strutturale unitaria, assimilabile a
quella del reato abituale ma non coincidente con la stessa”;
– che d’altra parte va ricordato che in tema di patteggiamento, la possibilità di
ricorrere per cassazione deducendo l’erronea qualificazione del fatto contenuto in
sentenza deve essere limitata ai casi di errore manifesto, ossia ai casi in cui
sussiste l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in un accordo sui reati,
mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa qualificazione presenti
margini di opinabilità; inoltre, anche in questo caso, la verifica sull’osservanza della
previsione contenuta nell’art. 444, comma secondo, cod. proc. pen. deve essere
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calcolo della pena non è stato eseguito il bilanciamento tra attenuanti ed

compiuta esclusivamente sulla base dei capi di imputazione, della succinta
motivazione della sentenza e dei motivi dedotti nel ricorso (Sez. 6, n. 15009 del
27/11/2012 – dep. 02/04/2013, Bisignani, Rv. 254865);
– che nel caso di specie sia il pubblico ministero nella contestazione, sia le
parti nell’accordo, sia ancora il giudice nel recepirlo hanno ritenuto che la condotta
distrattiva sia unica, sia pure avente ad oggetto due diverse poste (la giacenza di
cassa e il compenso come amministratore), per cui deve escludersi l’errore
denunciato, nei termini di “errore manifesto”;

P. Q. M.
dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, 1’11 marzo 2016
Il consigliere estensore

– che in conclusione il ricorso della parte pubblica va dichiarato inammissibile;

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