Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16511 del 28/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16511 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: GIANESINI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGNENI ALESSANDRO nato il 06/07/1965 a ROMA

avverso l’ordinanza del 29/12/2017 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere MAURIZIO GIANESINI;
lette/sentite le conclusioni del PG GIANLUIGI PRATOLA.
Il Proc. Gen. conclude per il rigetto del ricorso.
Udito il difensore’,
L’avvocato CIARDULLO MASSIMO del foro di ROMA in difesa di AGNENI
ALESSANDRO conclude per l’accoglimeto dei motivi di ricorso.

Data Udienza: 28/03/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Il Difensore di Alessandro AGNENI ha proposto ricorso per Cassazione
contro l’ordinanza con la quale il Tribunale di ROMA, in sede di riesame, ha
annullato, per i soli reati di cui ai capi I, N e B/1, confermandola per il resto,
l’ordinanza genetica dispositiva degli arresti donniciliari emessa dal Giudice per le
indagini preliminari il 13 dicembre 2017.
2. Il ricorrente ha dedotto tre motivi di ricorso, per violazione di legge

proc. pen..
2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha lamentato il mancato riconoscimento
della sussistenza della c.d. “contestazione a catena” in relazione ai capi L, R B/1
e C/1; dopo aver premesso che l’indagato, in riferimento alla prima ordinanza
cautelare, era già stato scarcerato per decorrenza del termine di fase e che
l’unica misura cautelare effettivamente in vigore era quella disposta con la
seconda ordinanza, il ricorrente ha affermato che lo stesso Tribunale aveva
riconosciuto che, per l’ipotesi di falso di cui al capo C/1, i fatti erano già noti al
Pubblico ministero in occasione della prima richiesta di misura cautelare mentre,
per i fatti connessi di cui ai capi L, R e B/1, non era stata data alcuna
motivazione quando in realtà anche gli stessi erano noti alla Pubblica accusa sin
dal momento della richiesta della prima ordinanza cautelare.
2.2 Con il secondo motivo, riferito alle sole esigenze cautelari, il ricorrente
ha lamentato che il Tribunale non avesse considerato che il licenziamento dell’
AGNENI fin dal dicembre 2016, non consentiva nel modo più assoluto allo stesso
di poter continuare ad operare nel settore pubblico e a rivestire incarichi analoghi
a quelli ricoperti nella vicenda in esame; un teste Avvocato della Azienda
Ospedaliera, poi, con dichiarazioni rese nel marzo 2016 ai carabinieri della
Legione Lazio, aveva sostanzialmente confermato sia la definitività del
licenziamento che l’impossibilità di riassunzione da parte del ricorrente di un
qualsiasi incarico pubblico, così che le considerazioni del Tribunale si
presentavano in realtà come mere congetture, allo stato indimostrabili e di
nessun rilievo in merito alla sostenuta permanenza di esigenze cautelari e alla
idoneità dei soli arresti domiciliari a tutelare queste ultime.
2.3 Con il terzo motivo, infine, il ricorrente ha lamentato che il Tribunale non
avesse valutato, sempre nella prospettiva della adozione di una misura cautelare
meno restrittiva, lo stato di incensuratezza dell’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1

penale processuale e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1 lett. c ed e cod.

1. Il ricorso è infondato e va rigettato, con le conseguenze di cui all’art. 616
cod. proc. pen. in materia di condanna al pagamento delle spese processuali.
2. In merito al primo motivo di ricorso, va chiarito preliminarmente che il
tema critico proposto dal ricorrente attiene al mancato riconoscimento della
retrodatazione, ex art. 297, comma 3 cod. proc. pen., dei termini di custodia
cautelare della ordinanza 13 dicembre 2017 (quella oggi esaminata) a quelli
della precedente ordinanza dispositiva della custodia in carcere emessa nei
confronti dell’ AGNENI il 25 ottobre 2016; ancora, va sottolineato che la

della imputazione preliminare.
2.1. Chiarito quanto sopra, va allora affermato che per il capo B/1,
nonostante la sua esplicita indicazione nel ricorso, l’ordinanza di custodia
cautelare 13 dicembre 2017 è stata annullata, come da provvedimento 29
dicembre 2017 emesso dal Tribunale di NAPOLI in sede di riesame e oggi
oggetto di valutazione da parte della Corte di Cassazione, così che non vi è alcun
interesse, ex art. 591, comma 1 lett. a cod. proc. pen. alla relativa
impugnazione.
2.2 In merito ai capi L e R, va rilevato che il Tribunale ha compiutamente
dato atto della acquisizione, successivamente alla emissione della prima misura
cautelare, di nuovi dati probatori non precedentemente noti alla Pubblica accusa
e costituiti dalle informative 13 gennaio 2017, 16 febbraio 2017 e 7 luglio 2017,
tutte successive, lo si ripete, alla emissione della prima ordinanza di custodia
cautelare che è del 25 ottobre 2016 e tutte relative a fatti e condotte non
ricomprese nella imputazioni preliminari in allora mosse.
Sul punto, il ricorso non si sofferma a valutare criticamente la motivazione
del provvedimento impugnato e si limita ad affermare, per un verso, che lo
stesso Tribunale aveva dato atto che gli elementi conoscitivi erano già a
disposizione della Pubblica accusa, quando in realtà questa attestazione era
espressamente limitata e riferita al solo capo C/1 e, per l’altro, che la mancata
retrodatazione aveva impedito il simultaneo processo e compresso i correlativi
diritti difensivi, con una valutazione evidentemente non pertinente al caso in
esame.
2.3 In merito invece al reato di cui al capo C/1, lo stesso Tribunale, come
affermato dal ricorrente, ha riconosciuto che i relativi elementi conoscitivi erano
a disposizione della Pubblica accusa fin dal deposito della informativa 18 gennaio
2018 e quindi antecedentemente alla emissione della prima misura cautelare; il

2

questione è stata sollevata in riferimento ai reati di cui ai capi B/1, L, C/1 ed R

Tribunale, però, ha correttamente negato la richiesta retrodatazione della
decorrenza dei termini della custodia cautelare alla data della esecuzione della
misura emessa il 25 ottobre 2016 sulla base di un orientamento di legittimità
debitamente richiamato nella motivazione, che riconosce un concreto interesse
alla retrodatazione solo quando l’efficacia della prima misura cautelare sia
venuta meno per decorrenza dei termini di fase; nel caso all’esame della Corte, i
termini di custodia cautelare relativi alla prima misura cautelare, quella emessa
nell’ottobre 2016, non erano scaduti al momento della pronuncia della ordinanza

il decreto che dispone il giudizio, con nuovo termine quindi di custodia cautelare
ex art. 303, comma 1 lett. b cod. proc. pen.
Il ricorrente, anche in questo caso, non ha contestato argomentatamente il
principio di diritto invocato dal Tribunale per fondare il rigetto della richiesta di
riesame ma si è limitato ad addurre la circostanza, non prarata e in ogni caso del
tutto ininfluente in quanto intervenuta in un momento successivo alla pronuncia
della ordinanza impugnata, secondo la quale l’ AGNENI era già stato scarcerato
per decorrenza del termine di fase relativo alla prima ordinanza cautelare ma
l’osservazione, come si è detto e,Da4Ette=si,Eitzfete, non tiene conto che all’atto della
pronuncia del Tribunale, l’ AGNENI era ancora sottoposto alla prima misura
cautelare non ancora perenta stante il decorso del nuovo e successivo termine di
fase dipendente dalla pronuncia del decreto che dispone il giudizio.
3. Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo di ricorso, relativi come si
è visto, alla contestata, permanente sussistenza di esigenze cautelari ex art.
274,tett. c cod. proc. pen., va osservato che il Tribunale ha dettagliatamente e
diffusamente trattato della questione, richiamando la strumentalizzazione
costante e ripetuta della pubblica funzione in allora rivestita dal ricorrente ai
propri interessi economici e soffermandosi sui rapporti, sempre collocati
nell’ambito della illegittimità amministrativa, con il coindagato SACCA’ e quindi
utilizzando e valorizzando il dato circostanziale delle “specifiche circostanze del
fatto” espressamente indicato nell’art. 274 lett. c cod. proc. pen.
3.1 Anche il tema della attualità del pericolo cautelare è stato affrontato dal
Tribunale con pertinenti e documentate osservazioni che accennavano alla
intenzione dell’ AGNENI di reiterare, presso altre strutture, condotte delittuose
analoghe a quelle oggetto di accertamento giudiziale mentre l’osservazione
critica difensiva, quella per la quale il licenziamento del ricorrente avrebbe
scongiurato definitivamente qualsiasi anche ipotetica possibilità di commissione
di reati di corruzione passiva non tiene conto della concreta possibilità che l’

3

impugnata (il 29 dicembre 2017), dato che il 12 gennaio 2017 era stato emesso

AGNENI, grazie alla sua vasta rete di relazioni presso gli Uffici pubblici di cui
tratta diffusamente l’ordinanza impugnata, possa commettere, quale privato,
reati di corruzione attiva che rientrano senza dubbio nella categoria dei “reati
della stessa specie di quelli per cui si procede” di cui al più volte citato art. 274,
lett. c cod. proc. pen.
3.2 Circa l’idoneità della sola misura in corso di esecuzione, quella degli
arresti domiciliari, a tutelare le esigenze di cautela ritenute sussistenti, il
Tribunale ha correttamente osservato, con motivazione esente da tacce

personale avrebbero consentito facili occasioni di prestazione di attività private di
consulenza e di collaborazione con lo sfruttamento delle competenze
professionali e dei contatti interpersonali lungamente descritti nella motivazione
stessa.
Le osservazioni sopra svolte circa la sussistenza di esigenze cautelari
concrete ed attuali e la idoneità della sola misura degli arresti domiciliari a
fronteggiarle, poi, rendono manifesta la irrilevanza, correttamente riscontrata dal
Tribunale, della incensuratezza dell’indagato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 marzo 2018.

illegittimità e/o di manifesta illogicità, che misure meno restrittive della libertà

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