Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16507 del 20/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16507 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: CALVANESE ERSILIA

SENTENZA

Sul ricorso proposto da
Napolitano Vittorio Antonio, nato a Umbriatico il 16/09/1958

avverso la sentenza del 27/11/2017 della Corte di appello di Milano

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Ersilia Calvanese;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Paolo Canevelli, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza indicata in epigrafe,
dichiarava l’esistenza delle condizioni per l’accoglimento della domanda
estradizionale presentata dal Governo della Romania nei confronti del cittadino
italiano Vittorio Antonio Napolitano al fine della esecuzione della pena di anni
dieci di reclusione per i reati di messa in circolazione e detenzione di moneta
contraffatta e di induzione alla truffa.
La Corte di appello dava atto che avverso la sentenza di condanna della
Pretura di Timisoara del primo aprile 2002, divenuta definitiva con sentenza del
Tribunale di Timis del 28 febbraio 2003, l’estradando aveva avanzato in Romania

Data Udienza: 20/03/2018

n

domanda di riapertura del processo; che tale richiesta era stata dichiarata
inammissibile dalla Pretura di Timisoara il 19 aprile 2017; che avverso
quest’ultima decisione, l’estradando aveva proposto appello, che era stato
rigettato dalla Corte di appello di Timisoara il 7 settembre 2017; e che
l’interessato non aveva presentato altra impugnazione.

2. Avverso la suddetta sentenza l’estradando, a mezzo del suo difensore,
ricorre per l’annullamento, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti di

2.1. Mancanza e vizio di motivazione.
Secondo il ricorrente, la Corte di appello avrebbe omesso di analizzare le
doglianze versate nella memoria difensiva, con le quali si era dedotto la
ricorrenza delle ipotesi ostative previste dall’art. 705, comma 2, lett. a) e b) cod.
proc. pen., avendo le decisioni assunte dai giudici romeni violato i principi
dell’art. 6 CEDU, gli artt. 24 e 111 Cost. e l’art. 3 del Protocollo aggiuntivo alla
Convenzione europea di estradizione.
Si evidenzia in particolare che il ricorrente, all’esito della condanna di primo
grado con pena sospesa per i reati di messa in circolazione e detenzione di
moneta contraffatta, era rientrato in Italia; che, per errore di trascrizione della
autorità romena del suo indirizzo, non veniva edotto del giudizio di
impugnazione, proposto dal P.M. e da un coimputato, nel quale rimaneva
pertanto contumace, privato della possibilità di difendersi e riportando una
condanna ad una pena più severa; che i rimedi azionati, secondo la legge
romena, per ottenere la riapertura del procedimento, una volta venuto a
conoscenza della sentenza definitiva, per il tramite della domanda estradizionale,
non gli riconoscevano lo stato di contumace, in quanto aveva partecipato al
primo grado di giudizio.
Quindi, secondo il ricorrente, l’ordinamento romeno avrebbe dimostrato di
non fornire all’estradando le garanzie a tutela del diritto di difesa.
2.2. Vizio di motivazione sul punto n. 2 della memoria difensiva.
La motivazione risulterebbe carente e insufficiente in ordine alla questione
sollevata dalla difesa della violazione del principio fondamentale della
proporzionalità della pena, avendo le autorità rumene inflitto una pena così
gravosa, eccessiva ed irragionevole rispetto ai fatti contestati.
2.3. Violazione del principio del diritto di difesa in merito alla corretta
contestazione del reato.
Nel giudizio di impugnazione, il ricorrente sarebbe stato privato del diritto di
essere sentito sulla nuova contestazione suppletiva (induzione alla truffa), con
evidente violazione del diritto di difesa.

2

cui all’art. 173, disp. att. cod. proc. pen.

3

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso non può essere accolto.

2. Il primo ed il terzo motivo non hanno fondamento.
La Corte di appello, contrariamente all’assunto difensivo, ha preso in debita
considerazione la questione sollevata dal ricorrente, tant’è che ha più volte

celebrazione in Romania della procedura attivata dal medesimo per la riapertura
del procedimento in caso di processo in absentia

(art. 466 del codice di

procedura penale romeno).
La stessa Corte territoriale ha inoltre rilevato che il ricorrente, dopo la
decisione di rigetto del 7 settembre 2017 dalla Corte di appello di Timisoara, non
aveva proposto altra impugnazione, e che dagli atti non risultava dimostrata la
violazione dell’art. 6 CEDU e dell’art. 24 Cost.
Il ricorrente, nel reiterare in questa sede le questioni sollevate davanti alla
Corte di appello, non si confronta con le argomentazioni in base alle quali
l’autorità giudiziaria romena, con la decisione del 7 settembre 2017, ha respinto
l’istanza per accedere al rimedio straordinario previsto dall’art. 466 del codice di
rito.
La Corte di appello di Timisoara non ha consentito al ricorrente di ottenere
la riapertura del processo poiché non si versava in una delle ipotesi previste dal
codice romeno di giudizio celebrato in absentia: l’imputato, non solo aveva avuto
conoscenza della celebrazione del procedimento a suo carico, in quanto
legalmente citato in giudizio, ma aveva partecipato attivamente al giudizio di
primo grado e aveva nominato un difensore di fiducia (avv. Marius Claici), che lo
aveva ampiamente assistito in giudizio. Inoltre risultava dagli atti che l’imputato,
dopo la comunicazione della sentenza di condanna di primo grado, non aveva
proposto impugnazione.
Va a tal riguardo evidenziato che, secondo l’art. 466, comma 2, del codice di
rito romeno, ha diritto alla riapertura del processo l’imputato, risultato assente
nel procedimento penale, che non ha ricevuto la notificazione per comparire al
processo o che non ha ricevuto in altro modo notizia del processo stesso ovvero
che era legittimamente assente ed impossibilitato a darne comunicazione; invece
non può accedere a tale rimedio il condannato, che ha nominato un difensore di
fiducia, se quest’ultimo in qualsiasi momento ha partecipato al processo, ovvero
che, dopo la notifica della condanna, ha presentato o rinunciato a presentare
appello.

disposto il rinvio dell’udienza ex art. 704 cod. proc. pen. al fine di consentire la

Questa Corte di legittimità ha già affermato che la procedura prevista
dall’art. 466 del codice di rito romeno risulta conforme alle garanzie richieste in
tema di giudizio contumaciale alla previsione di cui all’art. 3 del Secondo
Protocollo addizionale alla Convenzione europea di estradizione

(“Quando una

Parte Contraente chiede a un’altra Parte Contraente l’estradizione di una persona
allo scopo di eseguire una pena o una misura di sicurezza pronunciata nei suoi
confronti con sentenza contumaciale, la Parte richiesta può rifiutare l’estradizione
a tale scopo se, a suo parere, la procedura giudiziale non ha rispettato i diritti

L’estradizione sarà nondimeno concessa se la Parte richiedente offre garanzie
ritenute sufficienti per assicurare all’estradando il diritto a un nuovo processo che
salvaguardi i diritti della difesa. Questa decisione autorizza la Parte richiedente,
sia a eseguire la sentenza in questione se il condannato non si oppone, sia, se
questi si oppone a perseguire l’estradato”) (tra le tante, Sez. 6, n. 9151 del
21/02/2013, Amoasei, in motivazione; Sez. 6, n. 28648 del 31/05/2007,
Holenda, non mass.; Sez. 6, n. 41561 del 05/10/2005, Sova, in motivazione).
Anche con riferimento allo strumento del mandato di arresto europeo, che
contiene una più puntuale definizione di giudizio celebrato in absentia e delle
garanzie che la legislazione dello Stato di emissione deve prevedere perché si
faccia luogo alla consegna di una persona così giudicata, questa Corte si è
espressa più volte nel senso che l’art. 466 del codice di procedura penale romeno
(applicato nella fattispecie in esame) soddisfa lo

standard

richiesto dalla

normativa europea (da ultimo, Sez. 6, n. 47893 del 12/10/2017, Istrate, non
mass.; Sez. 6, n. 1741 del 13/01/2017, Durnoi, non mass.; Sez. 6, n. 1945 del
15/01/2016, Mera, non mass.).
La esaminata disposizione del codice romeno risulta invero in linea con la
decisione quadro del 2009/299 sui processi in absentia, che ha previsto “motivi
chiari e comuni” per il riconoscimento delle decisioni pronunciate al termine di un
processo a cui l’interessato non è comparso personalmente, in conformità con i
principi dettati dalla Corte EDU in ordine al diritto ad un equo processo di cui
all’art. 6 CEDU.
Secondo tale decisione quadro, è eseguibile, in quanto conforme ai diritti
minimi della difesa stabiliti dall’art. 6 CEDU, la sentenza di condanna emessa nei
confronti dell’imputato che, al corrente della data fissata del processo, abbia
conferito un mandato ad un difensore (nominato dall’interessato o dallo Stato),
per patrocinarlo in giudizio, che lo abbia effettivamente difeso in giudizio (art. 2,
lett. b), ovvero che, dopo avere ricevuto la notifica della decisione ed essere
stato espressamente informato dei suoi diritti, abbia dichiarato espressamente di
non opporsi alla decisione o non ha richiesto un nuovo processo o presentato

minimi della difesa riconosciuti a ogni persona accusata di un reato.

ricorso in appello (art. 2, lett. c). Queste disposizioni sono state recepite nell’art.
19 della legge n. 69 del 2005.
D’altra parte, anche nel sistema disegnato dal legislatore italiano all’art.
420-bis cod. proc. pen. è previsto che si proceda in assenza dell’imputato
quando quest’ultimo, pur non avendo ricevuto personalmente la notificazione
dell’avviso dell’udienza, nel corso del procedimento abbia nominato un difensore
di fiducia. In questi casi è stata ritenuta sufficiente sola la conoscenza della
pendenza del procedimento, desunta dalla nomina fiduciaria effettuata, perché

difensore di fiducia o l’autorità procedente.
Deve infine rilevarsi, per completezza, quanto alla tutela del ricorrente
all’effettiva partecipazione al giudizio di appello, che il ricorrente, limitando le
sue critiche alla procedura ex art. 466 cit. relativa al procedimento in absentia,
non ha dedotto l’inefficacia dei diversi strumenti processuali previsti dal codice
romeno volti a rimediare la suddetta situazione (il codice romeno prevede infatti
all’art. 426 un altro rimedio per l’annullamento del giudizio di appello celebrato
senza consentire ad una parte di parteciparvi a causa di una notifica irregolare).
Da come si rileva dalla sentenza, acquisita agli atti, della Corte di cassazione
rumena del 21 novembre 2016, il ricorrente si era opposto alla riqualificazione
della sua impugnazione straordinaria in atto di appello, insistendo per la sola
riapertura del processo.

3. Anche il secondo motivo non può essere accolto.
La Corte di appello ha fornito risposta anche al profilo del trattamento
sanzionatorio, ritenendo non provata dalla difesa la sussistenza del pericolo della
sottoposizione dell’estradando a pene contrarie all’art. 3 CEDU.
Va ribadito al riguardo che, ai fini della concedibilità dell’estradizione per
l’estero, non assume rilievo l’eventuale difformità del trattamento sanzionatorio
previsto nello Stato richiedente, potendo l’aspetto sanzionatorio rientrare tra le
condizioni ostative all’estradizione solo nell’ipotesi in cui il trattamento sia del
tutto irragionevole e manifestamente in contrasto con il principio di
proporzionalità della pena (tra le tante, Sez. 6, n. 7183 del 02/02/2011, Ghita,
Rv. 249225). Situazione quest’ultima non emergente dall’esame degli atti.
In ogni caso, le eventuali riserve in ordine alla severità e rigidità del sistema
punitivo dello Stato richiedente potranno rilevare nelle valutazioni di ordine
politico spettanti al Ministro della giustizia, in sede di decisione sulla richiesta di
estradizione ai sensi dell’art. 708 cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 5747 del
09/01/2014, Homm, in motivazione).

5

l’interessato può acquisire notizie sulla celebrazione del processo interpellando il

4. Sulla base di quanto premesso, il ricorso deve essere rigettato con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
La Cancelleria provvederà alle comunicazioni di rito.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

proc. pen.
Così deciso il 20/03/2018.

Il Consiglier izstensore
Ersilia

ese

Il Presiente
Giacomo Paolorli

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 203 disp. att. cod.

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