Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16504 del 27/03/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16504 Anno 2018
Presidente: PETRUZZELLIS ANNA
Relatore: GIANESINI MAURIZIO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CURCIO FEDERICO nato il 21/06/1983 a CARIATI

avverso la sentenza del 12/10/2016 della CORTE APPELLO di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere MAURIZIO GIANESINI
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore MARIELLA DE
MASELLIS
che ha concluso per

itl_próc71Gen. concrude_pef; il rigetto dei motivi di ricorso.
Udito il ci’ nsore

Data Udienza: 27/03/2018

RITENUTO IN FATTO
1. Il Difensore di Federico CURCIO ha proposto ricorso per Cassazione contro
la sentenza con la quale la Corte di Appello di CATANZARO, in riforma della
sentenza assolutoria di primo grado, ha dichiarato l’imputato colpevole del reato
di cui all’art. 385 cod. pen. e lo ha condannato alla pena di cinque mesi e dieci
giorni di reclusione.
2. Il ricorrente ha dedotto due motivi di ricorso, per violazione di legge

pen..
2.1 Con il primo motivo, il ricorrente ha svolto considerazioni critiche in
merito alla affermata sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, in realtà
inesistente in quanto il CURCIO aveva agito spinto dal malessere dovuto alla
notizia del rigetto in Cassazione del ricorso proposto a suo favore on altro
processo e alla conseguente prospettiva del suo rientro in carcere.
2.2 Con il secondo motivo, il ricorrente ha lamentato che la Corte di Appello
avesse riformato la sentenza assolutoria di primo grado senza procedere ad una
motivazione rafforzata che desse effettiva ragione della esistenza di una
responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorso va dichiarato inammissibile in quanto proposto per motivi
manifestamente infondati, con le conseguenze di cui all’art. 616 cod. proc. pen.
in tema di spese del procedimento e sanzion e pecuniaria.
2. Il tema critico complessivo presentato alla attenzione della Corte di
Cassazione da entrambi i motivi di ricorso è quello della sussistenza
dell’elemento soggettivo del reato e della adeguatezza e maggiore persuasività
della motivazione della Corte di Appello che, come si è detto, ha condannato il
CURCI a fronte di una sentenza assolutoria pronunciata in primo grado “perché il
fatto non costituisce reato”.
2.1 La Corte, del tutto correttamente, ha individuato l’essenza del dolo del
delitto di cui all’art. 385 cod. pen. nella consapevolezza di allontanarsi, in
assenza della necessaria autorizzazione, dal luogo degli arresti domiciliari e ha
osservato, in questa prospettiva argomentativa, che non rilevavano in alcun
modo i motivi che avevano determinato la condotta dell’agente (così, da ultimo,
Cass. Sez. 6 del 8/5/2012 n. 19218, P.G. in proc. Rapillo, Rv 252876).

1

penale sostanziale e processuale ex art. 606, comma 1 lett. b e c cod. proc.

2.2 Dopo aver ribadito il principio di diritto di cui sopra (e avere
sostanzialmente osservato che il Giudice di primo grado aveva in realtà confuso
l’elemento soggettivo del reato con i motivi che avevano portato il CURCIO alla
violazione del regime cautelare in atto), la Corte ha accuratamente e
persuasivamente motivato anche sul punto specifico della non influenza della
circostanza rappresentata dal fatto che l’imputato si era presentato presso la
Stazione dei Carabinieri, richiamando i principi di diritto fissati sul punto dalla
giurisprudenza di legittimità (Cass. Sez. 6 del 13/5/2014 n. 22109, Costa, Rv

e quindi “rafforzata”, rispetto a quella resa in primo grado.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 27 marzo 2018.

262537), così rendendo una motivazione certamente più accurata e persuasiva,

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