Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16500 del 17/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16500 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COSSU VITO MAURIZIO nato il 11/09/1975 a GENK( BELGIO)

avverso l’ordinanza del 28/02/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di CAGLIARI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 17/11/2017

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza del 28/2/2017, il Tribunale di sorveglianza di Cagliari
revocava, con efficacia ex tunc, il provvedimento di ammissione all’affidamento
in prova al servizio sociale, emesso il 21/5/2015 dal Tribunale di sorveglianza di
Sassari nei confronti di Cossu Vito Maurizio, in relazione all’espiazione della pena
inflitta per il delitto di rapina aggravata. La revoca si fondava su alcune rilevanze
istruttorie dalle quali era emerso il coinvolgimento del condannato in un traffico

Il difensore del condannato ha proposto ricorso per cassazione.
Con il primo motivo si richiama l’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc.
pen., deducendo mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione nella parte
in cui afferma l’incompatibilità del comportamento del ricorrente con la
prosecuzione della misura. Se è vero che la revoca è rimessa alla discrezionalità
del Tribunale, non si può negare che il ritenuto coinvolgimento del Cossu nel
traffico illecito di stupefacenti è basato su una lettura acritica ed incompleta delle
circostanze del caso concreto. Precisamente, ci si duole che il Tribunale si sia
basato esclusivamente sugli elementi forniti dalle FF. 00., senza considerare
quelli favorevoli forniti dalla difesa. Con il secondo motivo si richiama l’art. 606,
comma 1 lett. e), cod. proc. pen. deducendo carenza e illogicità della
motivazione con riferimento alle ragioni che hanno giustificato la revoca ex tunc
della misura. La misura è stata concessa il 21 maggio 2015, ma le prove su cui è
stato ritenuto il coinvolgimento del ricorrente sono costituite da alcune
conversazioni captate tra novembre e dicembre 2016. Anche ammettendosi il
peso di esse ai fini del provvedimento de quo, non sono da sole sufficienti a
giustificare la revoca ex tunc dell’affidamento in prova, in mancanza di elementi
che dimostrino l’esistenza di una condotta negativa fra il maggio 2015 e
l’autunno 2016.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Con il primo motivo si lamenta carenza e/o illogicità della motivazione,
perché il Tribunale non avrebbe verificato specificatamente tutte le risultanze
istruttorie, limitandosi a recepire acriticamente le considerazioni delle FF. 00.
In proposito, questo Collegio ricorda che al giudice di legittimità è
preclusa la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione o l’autonoma adozione di diversi parametri di ricostruzione dei
fatti, non potendo in ogni caso la sua valutazione sconfinare nell’ambito del
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illecito di cospicue quantità di stupefacenti.

giudizio di merito (Sez. 6, n. 14054 del 24/03/2006 – dep. 20/04/2006,
Strazzanti, Rv. 233454). Alla luce del citato principio, questa Corte deve limitarsi
a controllare se il provvedimento impugnato non sia affetto da violazione di
legge e presenti una motivazione non manifestamente illogica. Al riguardo, l’iter
argomentativo seguito dai giudici di merito risulta immune da censure. A carico
del Cossu vengono evidenziati: i dialoghi intercettati fra novembre e dicembre
2016, i tracciati GPS e i servizi di o.c.p., le perquisizioni – che dimostrano come
il condannato consegnasse e nascondesse ingenti quantità di sostanze

Con il secondo motivo si lamenta difetto di motivazione in relazione alle
ragioni che hanno giustificato la revoca ex tunc.
In tema di affidamento in prova al servizio sociale deve ritenersi
sussistente il vizio ex art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. solo se le
ragioni del rigetto non siano esplicitate con indicazione di circostanze concrete
evidenzianti l’inidoneità della misura, ma si limitino a generico riferimento a

informazioni assunte, non essendo così possibile controllare la legittimità del
convincimento del giudice (Sez. 1, n. 4483 del 27/10/1993 – dep. 07/01/1994,
Bonicoli, Rv. 195797). Questo principio, sancito per l’ipotesi di rigetto, deve
utilizzarsi anche per la revoca.
Tanto premesso, la motivazione del Tribunale è puntuale nell’indicare le
ragioni concrete giustificative della decisione: le dimensioni del traffico di
stupefacenti rivelano che lo stesso era iniziato prima delle indagini del 2016; il
carattere della misura de qua, scarsamente limitativa della libertà personale e
idonea allo svolgimento di attività illecite da parte del Cossu; la ripetuta
violazione – il 17/10/2015 e il 10/12/2016 – del divieto di frequentare spacci e
rivendite di bevande alcoliche, nonché di accompagnarsi a pregiudicati e
tossicodipendenti.
L’iter argomentativo del Tribunale risulta coerente, laddove conclude per il
sostanziale fallimento dell’intera prova e la conseguente revoca ab initio della
misura.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere condannata al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua
del principio di diritto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186
del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione
dell’impugnazione.

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stupefacenti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa
delle ammende.

Così deciso in Roma, 17 novembre 2017.

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