Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16498 del 17/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16498 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CAPONE ANIELLO nato il 08/02/1965 a AFRAGOLA

avverso l’ordinanza del 22/02/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di VENEZIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 17/11/2017

RITENUTO IN FATTO

Con ordinanza del 22/2/2017, il Tribunale di sorveglianza di Venezia
concedeva la detenzione domiciliare ma rigettava l’istanza di affidamento in
prova al servizio sociale presentata da Capone Aniello relativamente alla pena dì
1 anno e 6 mesi di reclusione, inflittagli dal Tribunale dì Padova – con sentenza
del 13/7/2015 – per il reato dì truffa.
Il difensore dell’istante ha proposto ricorso per cassazione.

pen., in relazione all’art. 47 Ord. Pen., deducendo che il Tribunale di sorveglianza
>L. avrebbe basato il rigetto esclusivamente sui precedenti penali, senza
considerare l’evoluzione successiva della personalità del condannato.
Con il secondo motivo sì sì richiama l’art. 606, comma 1, lett. b), d), cod.
proc. pen., deducendo che il Tribunale di sorveglianza di avrebbe omesso di
valutare elementi decisivi dai quali si dovrebbe evincere chiaramente il percorso
di risocializzazione del condannato. Il Tribunale di sorveglianza, concentrandosi
solo sulla biografia criminale del condannato, non avrebbe considerato che
l’attività lavorativa altamente logorante (i.e. camionista per il trasporto di
bestiame), a cui il Capone si dedica nonostante la grave cardiopatia, è indice di
un elevato senso di responsabilità verso moglie e figlie.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I motivi di ricorso sono manifestamente infondati.
La giurisprudenza di legittimità ha spiegato che, per concedere
l’affidamento in prova ai servizi sociali, sì deve tenere conto sia della natura del
reato, sia della condotta successivamente serbata dal condannato (Sez. 1,
Sentenza n. 31420 del 05/05/2015, dep. 20/07/2015 – Rv. 264602). Tuttavia,
benché l’esame degli elementi positivi risulti indispensabile ai fini di un giudizio
prognostico di buon esito della prova e di prevenzione del pericolo di recidiva,
non è di per sé solo determinante, concorrendo, paritariamente con gli altri dati
a disposizione, alla determinazione del convincimento del giudice circa la
praticabilità o meno della misura (Sez. 1 sentenza n. 15064 del 6.3.2003 Rv.224029). Inoltre, nonostante il criterio di gradualità non sia una regola
assoluta né una regola codificata, esso risponde ad un razionale apprezzamento
delle esigenze rieducative e di prevenzione cui è ispirato il principio stesso del
trattamento penitenziario. Dunque, è legittima una decisione con cui il Tribunale,
tenuto conto delle circostanze concrete, non concede l’affidamento in prova,

2

Con il primo motivo si richiama l’art. 606, comma 1 lett. b), e), cod. proc.

preferendo benefici più contenitivi (Sez. 1, Sentenza n. 5689 del 18/11/1998 Cc.
(dep. 26/03/1999 – Rv. 212794).
Ancora, giova ricordare che il controllo affidato al giudice di legittimità
può avere come oggetto la verifica circa la violazione di disposizioni di legge e
l’analisi della motivazione, solo se la stessa risulti affetta da patologie rilevanti,
come la carenza dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità, tali da
fare rimanere oscure le basi giustificative della decisione.
Tanto premesso, con riferimento al primo motivo di ricorso deve

nel ricorso, non si è basato esclusivamente sui precedenti penali del reo, ma ha
valutato anche la pendenza di un procedimento penale per calunnia e
l’atteggiamento globale del condannato. Questi elementi permettono ai giudici di
merito dì pervenire, logicamente, ad un giudizio negativo circa la prognosi di non
reiterazione dì reati.
In relazione al secondo motivo, deve notarsi che il Tribunale di
sorveglianza, dopo aver bilanciato tutti gli elementi a disposizione – tra i quali la
grave cardiopatia – ha concluso, nell’esercizio legittimo ed esclusivo del potere di
valutazione delle rilevanze istruttorie, per la concessione del più contenitivo
beneficio della detenzione domiciliare.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere condannata al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua
del principio di diritto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186
del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione
dell’impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma, 17 novembre 2017.

osservarsi come il Tribunale di sorveglianza, contrariamente a quanto affermato

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