Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16496 del 04/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16496 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: DE MASI ORONZO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BYTYQI ELMAZ N. IL 06/06/1961
avverso la sentenza n. 4193/2014 GIP TRIBUNALE di MODENA, del
09/06/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

Data Udienza: 04/03/2016

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Con sentenza pronunciata ex art. 444 c. p. p. il Gip del Tribunale di Modena ha – per quanto
qui rileva – applicato a BYTYQI ELMAZ la pena di anni 1 di reclusione ed euro 1.000 di multa,
per il reato di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, in relazione alla contestata
detenzione di circa 10 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, chiedendone

proscioglimento ex art. 129 c. p. p. e comunque l’omessa concessione dell’attenuante del
lucro di speciale tenuità, in ragione dell’ipotetico utile conseguibile per la cessione del modico
quantitativo di droga rinvenuta nella disponibilità.
Il ricorso è inammissibile in quanto il ricorrente si limita a lamentare, senza alcun concreto
riferimento critico alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice non avrebbe
fornito ex art. 129 c. p. p. alcuna motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento.
Deve sul punto richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui l’obbligo della
motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3, c. p. p., per tutte le
sentenze, non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di
patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo ridursi il compito del giudice a una
funzione di semplice presa d’atto del patto concluso tra le parti, lo sviluppo delle linee
argomentative della decisione è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione.
Ne consegue che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 c.
p. p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti
o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause
di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione
consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la verifica richiesta dalle
leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di proscioglimento (ex plurimis, Sez. 3,
n. 36610 del 29/5/2012, Sez. 3, n. 2932 del 22/9/1997, Sez. Un. n. 10372 del 27/9/1995,
Sez. Un., n. 5777 del 27 marzo 1992).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la motivazione della
sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 c. p. p. appare, in ogni
caso, sufficiente, perché richiama gli atti di indagine (CNR redatta dal NOR dei carabinieri di
Modena con allegato verbale di arresto in flagranza, verbale di perquisizione e sequestro,
ordinanza applicativa della misura cautelare, consulenza chimico tossicologica), evidenziando
l’inesistenza di elementi valutabili a favore dell’imputato.
Quanto alla circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità prevista dall’art.
62, n. 4, c. p., essa non è applicabile ai reati di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti
(Sez. 6, n. 23821 del 27/02/2013, Orlandi, Rv. 255663).

l’annullamento e lamenta la carenza di motivazione circa l’insussistenza di cause di

Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., valutati i profili di colpa nella determinazione
della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al
versamento della somma, che ritiene equa, di euro millecinquecento a favore della cassa delle
ammende.

P.Q.M.

e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2016.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali

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