Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16489 del 17/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16489 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MAGADDINO MARTINO nato il 08/03/1968 a CASTELLAMMARE DEL GOLFO

avverso la sentenza del 27/01/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 17/11/2017

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 27/1/2017, la Corte d’appello di Palermo confermava la
sentenza del Tribunale dì Trapani il 23/2/2015, nella parte in cui aveva
condannato Magaddino Martino alla pena di undici mesi di arresto in relazione ai
reati di cui agli artt. 8 e 75, comma 1, d.lgs. n. 159/11. Il Magaddino, non
presentandosi presso gli uffici del Commissariato di P.S. di Castellamare del
Golfo e non versando la cauzione di euro 200, aveva contravvenuto

della misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.
Avverso la sentenza di appello il difensore dell’imputato ha proposto
ricorso per cassazione, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), e), cod. proc.
pen., in relazione all’art. 42 cod. pen. Deduce che è contradditorio attrìbuìre al
Magaddino, a titolo di colpa, le violazioni degli obblighi inerenti alla sorveglianza
speciale e, al contempo, riconoscere la continuazione, e dunque una dimensione
dolosa, fra le violazioni contestate. La Corte di appello ha negato in radice la
possibilità del caso fortuito o della forza maggiore, preferendo far riferimento ad
una responsabilità colposa, che collide con l’accertata ideazione di un unico
disegno crìmìnoso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il motivo di ricorso è manifestamente infondato. La Corte di appello,
infatti, nel confermare la sentenza di primo grado, nella parte in cui recava
condanna dell’imputato in ordine ai reati contestati ai sensi dell’art. 75 d.lgs. n.
159 del 2011, ha reso congrua motivazione, spiegando le ragioni in base alle
quali ha ritenuto provato il mancato versamento della cauzione, risultante da
informazioni acquisite, e ha ritenuto non riconducibile ad errore il ritardo
dell’imputato in occasione della presentazione all’autorità preposta ai controlli il
29 marzo 2012. Nessun elemento di contraddittorietà può ricavarsi dal fatto che
il giudice di appello ha rideterminato la pena tenendo conto della continuazione,
perché essa, già riconosciuta in primo grado e favorevole all’imputato, non
poteva che essere mantenuta, in mancanza di gravame del Pubblico Ministero.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere condannata al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua
del principio di diritto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186

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ripetutamente agli obblighi imposti dal Tribunale con il provvedimento applicativo

del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione
dell’impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle
ammende.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE

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Così deciso in Roma, 17 novembre 2017.

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