Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16488 del 17/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16488 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BIONDO ISIDORO nato il 20/06/1973 a PALERMO

avverso la sentenza del 24/02/2017 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 17/11/2017

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 24/2/2017, la Corte d’appello di Palermo confermava la
sentenza (del 4/3/2016) con cui il Tribunale di Palermo aveva accertato la
responsabilità di Biondo Isidoro in relazione al il reato ex art. 76, comma quarto,
d.lgs. 15912011, per mancato versamento della cauzione, pari a 500 euro,
imposta dal medesimo Tribunale, con il decreto applicativo della misura di
prevenzione personale della sorveglianza speciale. La Corte d’appello escludeva

capacità a delinquere del Biondo. Inoltre, reputava irrilevanti sia lo stato di
indigenza – peraltro mai dimostrato – che il presunto errore di diritto in cui
sarebbe incorso l’imputato.
Avverso la sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione il
difensore dell’imputato, richiamando l’art. 606, comma 1, lett. b), e), in
relazione all’art. 62-bis cod. pen. Deduce che il giudice di appello, accettando
passivamente le risultanze investigative, ha omesso di considerare sia i
parametri contenuti nell’art. 133 cod. pen. che i principi elaborati dalla
giurisprudenza di legittimità. Tenuto conto della situazione patrimoniale e
personale del ricorrente, nonché della sua condotta processuale, il giudice di
appello avrebbe dovuto concedere le circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte d’appello di Palermo ha espressamente motivato il diniego delle
circostanze attenuanti generiche con richiamo alla mancanza di elementi
apprezzabili per la loro concessione ed alla sussistenza di plurimi precedenti
penali dell’imputato.
Deve rammentarsi che “la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti
ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere
esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della
propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non
contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico
apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse
dell’imputato» (Cass., Sez. VI, n. 42688 del 24/09/2008, Caridi, Rv 242419).
Inoltre, è stato affermato che «ai fini della concessione o del diniego delle
circostanze attenuanti generiche il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra
gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene prevalente ed atto
a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo

la possibilità di riconoscere le circostanze generiche, ritenendo una intensa

elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato ed alle
modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso» (Cass., Sez.
II, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv 249163).
Nel caso di specie, la decisione della Corte di appello risulta in linea con i
principi appena illustrati, mentre le censure del ricorrente reclamano una
rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di valutazione ovvero la
valorizzazione di elementi che si assume essere stati indebitamente pretermessi
nell’apprezzamento del giudice impugnato: si pensi, ad esempio, alla presunta

cognizione del giudice l’accertamento dell’impossibilità economica di adempiere
al versamento della cauzione, mentre grava sull’imputato l’onere di allegazione
dei fatti che hanno impedito il pagamento, non potendo egli difendersi, come
accaduto nel caso in esame, con la sola affermazione del proprio stato di
indigenza

(ex multis:

Sez. 5, Sentenza n. 38310 del 05/07/2016, dep.

15/09/2016-Rv. 267857 Sez. 5, Sentenza n. 39025 del 11/07/2008, dep.
16/10/2008- Rv. 242325)
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere condannata al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro
2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua
del principio di diritto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186
del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione
dell’impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 17 novembre 2017.

indigenza del Biondo. Al riguardo, deve essere rammentato che rientra nella

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