Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16486 del 17/11/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16486 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: MANCUSO LUIGI FABRIZIO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
FICHERA ROSARIO nato il 06/10/1962 a ACIREALE

avverso l’ordinanza del 08/02/2017 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANIA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere LUIGI FABRIZIO MANCUSO;

Data Udienza: 17/11/2017

RITENUTO IN FATTO

Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Catania
rigettava il reclamo proposto da Fichera Rosario avverso l’ordinanza del
12/9/2016, con la quale il Magistrato di sorveglianza del Tribunale di Catania gli
aveva negato la liberazione anticipata, in relazione ai taluni semestri.
Il rigetto si fondava sulla pendenza in capo al condannato di diversi
procedimenti per il reato di usura.

proposto ricorso per cassazione, richiamando l’art. 606, comma 1 lett. e), cod.
proc. pen., in relazione agli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen. e 54 Ord. Pen.,
nonché l’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 54 Ord.
Pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato.
Con il primo motivo, il ricorrente osserva che l’ordinanza impugnata
sarebbe carente di motivazione.
La giurisprudenza di legittimità distingue la motivazione apparente da
quella per relationem. La prima è in ogni caso vietata, la seconda deve essere
ammessa quando: 1) faccia riferimento a un legittimo atto del procedimento, la
cui motivazione risulti congrua rispetto all’esigenza di giustificazione propria del
provvedimento di destinazione; 2) fornisca la dimostrazione che il giudice ha
preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di
riferimento e le abbia meditate e ritenute coerenti con la sua decisione; 3) l’atto
di riferimento, quando non venga allegato o trascritto nel provvedimento da
motivare, sia conosciuto dall’interessato o almeno ostensibile, quanto meno al
momento in cui si renda attuale l’esercizio della facoltà di valutazione, di critica
ed, eventualmente, di gravame e, conseguentemente, di controllo dell’organo
della valutazione o dell’impugnazione (Sez. 6, Sentenza n. 53420 del
04/11/2014, dep. 22/12/2014 – Rv. 261839).
Nel caso ora in esame, si ravvisa motivazione

per relationem:

contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, l’espresso richiamo del
Tribunale agli argomenti offerti dal Magistrato di sorveglianza determina
reciproca e legittima integrazione tra i provvedimenti.
Con il secondo motivo si lamenta il presunto automatismo alla base del
rigetto dell’istanza: il Tribunale non avrebbe analizzato globalmente il

2

Avverso il provvedimento del Tribunale di sorveglianza, il difensore ha

comportamento del reo, ma si sarebbe limitato a dare rilevanza esclusiva alla
pendenza di un procedimento penale per usura.
Anche questa censura è infondata: i giudici di merito hanno condotto
un’indagine esaustiva dei fatti, dalla quale è emerso che il Fichera non ha
partecipato all’opera di rieducazione, né ha dimostrato di volersi redimere.
In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi
dell’art. 616 cod. proc. pen., la parte ricorrente deve essere condannata al
pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro

del principio di diritto affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186
del 2000 – la sussistenza dell’ipotesi della colpa nella proposizione
dell’impugnazione.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 17 novembre 2017.

IL CONSIGLIERE ESTENSORE
i

2.000,00 alla Cassa delle ammende, non essendo dato escludere – alla stregua

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