Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16481 del 04/03/2016
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16481 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: DE MASI ORONZO
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
BARBATO PASQUALINA N. IL 05/10/1978
avverso la sentenza n. 1465/2009 TRIBUNALE di SALERNO, del
06/10/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;
Data Udienza: 04/03/2016
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza emessa in data 6/10/2014 il Tribunale di Salerno, in composizione monocratica,
dichiarava non doversi procedere nei confronti di BARBATO PASQUALINA – e di altro
coimputato – in ordine ai reati di cui agli artt. 110 c.p., 282, 283, 295 D.P.R. n. 43 del 1973
(capo a), 110, 486, 61 n. 2, c.p. (capo b), 110, 474 c.p. (capo c), perché estinti per
prescrizione e disponeva la confisca degli indumenti in sequestro recanti i marchi contraffatti
“9.2”, “Dolce&Gabbana”, “Sweet Years”.
presupposti per l’assoluzione, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., degli imputati e disponeva la
confisca della merce in sequestro, ai sensi dell’art. 240, comma 2 n.2 , c.p., trattandosi di beni
la cui fabbricazione ed alienazione costituisce reato in quanto recante marchi e segni
commerciali di note ditte di abbigliamento non originali.
Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione l’imputata, personalmente,
chiedendone l’annullamento per violazione di legge e vizio motivazionale, per avere il
Tribunale di Salerno ritenuto di poter disporre la confisca dei beni in questione, nonostante
l’estinzione di tutti i reati contestati e dunque in mancanza della prova dell’illecita riproduzione
dei segni distintivi.
Il
motivo di doglianza risulta palesemente infondato poiché il Tribunale ha disposto
legittimamente la
confisca dei capi di abbigliamento in sequestro, ancorché in sede di
declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, in quanto essa risult4fondata sull’espresso
accertamento della / contraffazione dei marchi “9.2”, “Dolce&Gabbana” e “Sweet Years”,
compiuto dal giudice, stante la natura della decisione (proscioglimento e non mera
archiviazione) pronunciata in conseguenza della mancata applicazione di una formula di
proscioglimento di cui all’art. 129, comma secondo, c. p. p. (Sez. 6, n. 31957 del 25/1/2013,
Cordaro e altri, Rv. 255596, Sez. 5, n. 48680 dei 23710/2012, Abdellkhaliki, Rv. 254077).
Nel caso di specie, come evidenziato nella impugnata sentenza, alla data del 12/9/2006 è
maturato per i reati in contestazione il termine di prescrizione, ma l’obbligo della immediata
declaratoria di tale causa di estinzione, sancito dal primo comma dell’art. 129 c.p.p., implica
nel contempo la valutazione della sussistenza in modo evidente di una ragione di
proscioglimento dell’imputato, alla luce della regola di giudizio posta dal secondo comma del
medesimo art. 129 c.p.p., rilevabile, tuttavia, soltanto nel caso in cui le circostanze idonee ad
escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua
rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la
valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di
“constatazione”, ossia di percezione “ictu °culi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi
incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento (Sez. 3, n.10221
del 24/01/2013).
Il Giudice ha ritenuto, sulla base degli elementi istruttori in atti, che non sussistevano i
Nella fattispecie non ricorrevano in modo evidente ed assolutamente non contestabile ragioni
di proscioglimento dell’imputata, ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p., “le prove assunte
dimostrando tutte univocamente che la merce sequestrata era non originale e conteneva la
riproduzione illecita di marchi e segni commerciali delle note ditte di abbigliamento indicate
nell’imputazione” e ciò evidentemente avuto riguardo alle dichiarazioni testimoniali “degli
esponenti delle ditte i cui marchi risultavano coinvolti nelle … falsificazioni” che aveva
impegnato, a causa dei plurimi rinvii delle udienze, la rilevata lunga durata dell’istruttoria
dibattimentale.
pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili dì colpa insiti nella proposizione di
impugnazione di tale tenore, della somma che si stima equa di euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2016.
Ne discende l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna della ricorrente al