Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16480 del 04/03/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16480 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: DE MASI ORONZO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
CASTALDO CARMINE N. IL 15/01/1973
avverso la sentenza n. 10940/2014 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
12/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ORONZO DE MASI;

Data Udienza: 04/03/2016

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

Con sentenza emessa in data 12/3/2015 la Corte di Appello di Napoli riformava parzialmente la
sentenza del GIP presso il Tribunale di Napoli del 13/10/2014 e rideterminava la pena inflitta a
CASTALDO CARMINE in anni 2, mesi 2 e giorni 20 di reclusione ed euro 4.000 di multa.
La Corte distrettuale ha ritenuto che non sussistesse alcun dubbio circa la colpevolezza
dell’imputato all’uopo richiamando le motivazioni della sentenza di primo grado, ha escluso

della sostanza stupefacente, del tentativo di occultamento della stessa, della non occasionalità
della condotta, della necessario collegamento dell’imputato con pericolosi ambienti criminali,
ha escluso altresì la concedibilità delle attenuanti generiche, trattandosi di soggetto recidivo,
ha invece ridotto la pena inflitta perché frutto di un errato calcolo dell’aumento determinato
dalla contestata recidiva reiterata infraquinquennale.
Avverso detta sentenza ha interposto ricorso per cassazione l’imputato, personalmente,
chiedendone l’annullamento per vizio motivazionale, per essersi la Corte territoriale limitata ad
un esame superficiale delle questioni formulate con il gravame, anche con riguardo al diniego
delle circostanze attenuanti generiche, essendo stati ritenuti ostativi i precedenti penali senza
alcuna altro approfondimento in merito al corretto comportamento processuale, all’intensità
del dolo, all’entità del reato.
Il primo motivo di ricorso risulta fondato su censure aspecifiche, che ripropongono alquanto
genericamente tematiche in punto di fatto, già affrontate e risolte dalla sentenza impugnata,
senza confrontarsi con la motivazione sintetica, ma congrua, della Corte territoriale che
appare conforme ai principi interpretativi propri della giurisprudenza di legittimità.
Ammissibile e pertinente appare il richiamo che la Corte territoriale opera alla sentenza di
primo grado e sul punto va ricordato che, per giurisprudenza pacifica di questa Corte, in caso
di doppia conforme affermazione di responsabilità – e tal è la sentenza impugnata quanto ai
capi non riformati – deve essere ritenuta pienamente ammissibile la motivazione della sentenza
d’appello per relationem a quella della sentenza di primo grado, sempre che le censure
formulate contro la decisione impugnata non contengano elementi ed argomenti diversi da
quelli già esaminati e disattesi.
Il giudice di secondo grado, infatti, nell’effettuare il controllo in ordine alla fondatezza degli
elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è chiamato ad un puntuale riesame di
quelle questioni riportate nei motivi di gravame, sulle quali si sia già soffermato il prima
giudice, con argomentazioni che vengano ritenute esatte e prive di vizi logici, non
specificamente e criticamente censurate.
In una simile evenienza, infatti, le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di
appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile
al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione,

l’ipotesi attenuata di cui all’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, in ragione della quantità

tanto più ove i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli
usati dal giudice di primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai
passaggi logico-giuridici della decisione, di guisa che le motivazioni delle sentenze dei due
gradi di merito costituiscano una sola entità (per tutte Sez. 2 n. 34891 del 16/5/2013, Vecchia,
Rv. 256096; Sez. 3, n. 13926 del 1/12/2011, dep. 12/4/2012, Valerio, Rv. 252615; Sez. 2, n.
1309 del 22/11/1993, dep. 4/2/1994, Albergamo ed altri, Rv. 197250).
Nella motivazione della sentenza il giudice del gravame di merito non è tenuto, inoltre, a
compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame

attraverso una loro valutazione globale, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni del suo
convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo.
Ne consegue che in tal caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni
difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la
decisione adottata (Sez. 6, n. 49970 del 19/10/2012, Muià ed altri, Rv.254107).
Il secondo motivo di ricorso risulta palesemente infondato in quanto la Corte territoriale,
nel confermare l’applicabilità, ai sensi dell’art. 99, comma 4, c.p., dell’aumento di pena per la
recidiva contestata all’imputato, sia pure negli esatti limiti consentiti dalla norma, ha
richiamato il giudizio di pericolosità del CASTALDO, e la carriera criminale del predetto è
l’elemento utilizzato anche per giustificare il diniego delle circostanze di cui all’art. 62 bis c.p.
secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale in forza del quale il giudice può limitarsi a
prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed
atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento
attinente alla personalità del colpevole, all’entità del reato, alle modalità di esecuzione di esso,
può essere sufficiente in tal senso (Sez. 2, n. 3609 del 18/1/2011, Sermone e altri, Rv.
249163).
Ne discende l’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di
impugnazione di tale tenore, della somma che si stima equa di euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 4 marzo 2016.

dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche

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