Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16460 del 27/10/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16460 Anno 2018
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

Data Udienza: 27/10/2017

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DE AMICIS GIANLUCA nato il 26/08/1974 a PESCARA

avverso la sentenza del 11/05/2016 del TRIBUNALE di TERAMO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO MARIA ANDRONIO;

AN)

RITENUTO IN FATTO
1. – Il Tribunale di Teramo ha condannato l’imputato alla pena dell’ammenda, per il reato

di cui all’art. 4, comma 7, della legge n. 628 del 1961, perché non forniva le notizie legalmente
richieste dal personale ispettivo del Nucleo carabinieri – Ispettorato del lavoro e, in particolare,
non forniva documentazione inerente all’attività della sua ditta.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, tramite il difensore, impugnazione
qualificata come appello, deducendo l’erronea applicazione della norma incriminatrice, perché
questa punirebbe solo la mancata risposta a richieste precise, specifiche e strumentali rispetto

generiche onnicomprensive, che sarebbe oggetto della fattispecie in esame.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – L’impugnazione presentata – da qualificarsi come ricorso per cassazione, in quanto
proposta contro una sentenza di condanna alla sola ammenda, inappellabile ai sensi dell’art.
593, comma 3, cod. proc. pen. – è formulata in modo non specifico e, comunque,
manifestamente infondata.
La difesa si limita infatti ad asserire che nella fattispecie in esame vi sarebbero state
richieste non specifiche di presentare documentazione, senza richiamare la motivazione della
sentenza impugnata, da cui emerge con chiarezza la specificità di tali richieste, riferite a dati
analiticamente individuati, necessari per l’espletamento dei compiti istituzionali dell’Ispettorato
definiti dall’art. 4 della legge n. 628 del 1961 (pag. 3 della sentenza). Del tutto correttamente,
dunque, il Tribunale ha ritenuto sussistente la responsabilità penale, perché la disposizione
incriminatrice ha per oggetto l’inottemperanza all’obbligo del datore di lavoro di fornire precise

e veritiere notizie agii ispettori su atti dei quali questi abbiano fatto richiesta nell’espletamento
dei compiti di vigilanza sull’esecuzione delle leggi in materia di lavoro. Infatti, deve più in
generale ricordarsi che l’art. 4, ultimo comma, della legge n. 628 del 1961 punisce «coloro che,
legalmente richiesti dall’Ispettorato di fornire notizie a norma del presente articolo, non le
forniscano o le diano scientemente errati od incomplete». Si tratta – secondo quanto chiarito
dalla giurisprudenza di questa Corte – delle richieste di notizie concernenti violazioni delle leggi
sui rapporti di lavoro, sulle assicurazioni sociali, sulla prevenzione e l’igiene del lavoro, che

ai compiti di vigilanza di controllo del servizio ispettivo e, non la mancata risposta a richieste

assumono valore strumentale rispetto alla funzione istituzionale di controllo esercitata
dall’Ispettorato del lavoro (ex multís, sez. 3, 30 marzo 2017, n. 35170, rv. 270691; sez. 3, 7
febbraio 1994, n. 1365, rv. 196494). Si è più volte specificato, inoltre, che il reato in questione

si configura, non soltanto nei caso di richiesta di semplici notizie, ma anche nell’ipotesi di omessa
esibizione della documentazione che consenta all’Ispettorato del lavoro la vigilanza
sull’osservanza delle disposizioni in materia di lavoro, previdenza sociale e contratti collettivi di
categoria, ivi compresa quella sulle assunzioni, necessaria per verificare l’adempimento dei
conseguenti obblighi contributivi (ex multis, sez. 3, 2 dicembre 2011, n. 6644, rv. 252336; sez.
3, 11 dicembre 2007, n. 2272/2008, rv. 238631).

2

A\I\

4. – Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della
Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 2.000,00.
P.Q.M.

processuali e della somma di C 2.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 27 ottobre 2017.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese

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