Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16438 del 26/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 16438 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Sammaritano Giuseppe, nato a Palermo il 3/10/1956
avverso la ordinanza 13/11/2012 del Tribunale per il riesame di Palermo;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenica Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso chiedendo il rigetto;
udito per l’imputato, l’avv. Castronovo Giovanni, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza in data 13/11/2012, Il Tribunale di Palermo, a seguito

di istanza di riesame avanzata nell’interesse di Sammaritano Giuseppe,
indagato per il reato di cui all’ad
‘ . 416 bis ed estorsione aggravata ex art. 7
L.203/91, confermava l’ordinanza del Gip di Palermo, emessa in data
12/10/2012, con la quale era stata applicata al prevenuto la misura
cautelare della custodia in carcere.

1

Data Udienza: 26/03/2013

2.

Il Tribunale riteneva sussistente il quadro di gravità indiziaria fondato

sugli esiti dei numerosi servizi di osservazione disposti dalla polizia
giudiziaria che avevano documentato numerosi incontri fra il prevenuto ed
alcuni personaggi gravitanti nell’orbita della famiglia mafiosa della Noce,
nonché dagli esiti delle intercettazioni telefoniche ed ambientali dalle quali
emergeva l’organicità del ricorrente all’associazione Cosa Nostra

ed in

particolare la sua vicinanza a Chiovaro Fabio, soggetto già condannato per
Quanto alle esigenze cautelari, la custodia cautelare in carcere appariva
necessitata ai sensi dell’art. 275, 3 0 comma cod. proc. pen.
3.

Avverso tale ordinanza propone ricorso l’indagato, per mezzo del suo

difensore di fiducia, sollevando tre motivi di gravame.
3.1

Con il primo motivo deduce violazione di norme processuali stabilite a

pena di nullità o inutilizzabilità in relazione all’art. 267, comma 2, cod. proc.
pen ed eccepisce l’inutilizzabilità del provvedimento d’urgenza del P.M. e del
provvedimento di convalida del Gip poiché in essi vi è un mero richiamo alla
nota di P.G. del 19/4/2011, senza alcuna indicazione da cui emerga che il
P.M. ed il Gip abbiano meditato e fatto proprio il contenuto di tale nota.
Inoltre si duole, con riferimento al decreto n. 522/2011, che il Gip abbia
autorizzato l’attivazione di microspie all’interno del magazzino di Via
Giaquinto in uso al coimputato Bonura a fronte di una richiesta del RM. di
attivazione delle captazioni all’interno dell’autovettura del Bonura.
3.2

Con il secondo motivo si duole di violazione di legge e vizio di

motivazione in relazione al 416 bis cod. pen. Al riguardo si duole che nella
fattispecie difettano indizi gravi, tali da far ritenere la sua partecipazione alla
“famiglia” mafiosa della Noce. Osserva che dalla frequentazione di
personaggi gravitanti nell’orbita della famiglia mafiosa della Noce, ed in
particolare di Chiovaro Fabio, amico di vecchia data del ricorrente, non
emergono elementi da cui si possa desumere l’intraneità del prevenuto alla
cosca, atteso che la partecipazione ad un’associazione mafiosa non può
essere integrata da una generica messa a disposizione ma occorre che la
disponibilità nei confronti del sodalizio criminale sia incondizionata e
permanente. Eccepisce che il senso dei dialoghi intercettati è equivoco e che
dagli elementi indiziari presi in considerazione dai giudici del merito non
consente di ricostruire alcun ruolo di partecipazione del prevenuto al
sodalizio criminoso.

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concorso in associazione mafiosa e diversi delitti contro il patrimonio.

3.3

Con il terzo motivo si duole di violazione di legge e vizio della

motivazione con riferimento alla sussistenza dei gravi indizi per il reato di
estorsione. Eccepisce che la mera ritrasposizione del contenuto dei dialoghi
intercettati non assolve all’obbligo di motivazione da parte dei giudici di
merito. Si duole che il Tribunale non sia riuscito ad individuare alcun ruolo
attivo eventualmente ricoperto dal prevenuto con riferimento alla
consumazione del delitto di estorsione, assumendo che la vicenda fra le parti
scuola De Amicis. Eccepisce che la persona offesa non ha mai sporto
denunzia, né riferito di minacce o vessazioni ricevute da chicchessia o di
aver versato somme di denaro.
4.

Successivamente la difesa del ricorrente ha depositato una memoria

con motivi aggiunti insistendo nelle questioni già dedotte. In particolare
contesta la possibilità di configurare il reato ex art. 416 bis non essendo stati
acquisiti elementi decisivi in ordine al ruolo che il Sammaritano avrebbe
svolto nel sodalizio criminoso. Contesta, inoltre, la sussistenza di un grave
quadro indiziario in ordine al delitto di estorsione aggravata ed allega
l’ordinanza emessa dal Tribunale per il riesame di Palermo che ha accolto
l’istanza di riesame del coindagato Perrone.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti

nel giudizio di legittimità e comunque manifestamente infondati.
2.

è anzitutto necessario chiarire i limiti di sindacabilità da parte di

questa Corte dei provvedimenti adottati dal giudice del riesame dei
provvedimenti sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide,
‘l’ordinamento non conferisce alla Corte di Cassazione alcun potere

di

revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi
compreso lo spessore degli indizi, ne’ alcun potere di riconsiderazione delle
caratteristiche soggettive dell’indagato, ivi compreso l’apprezzamento delle
esigenze cautelar’ e delle misure ritenute adeguate, trattandosi di
apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice
cui è stata chiesta l’applicazione della misura cautelare, nonché del
3

ha come sfondo un rapporto di lavoro lecito relativo alla ristrutturazione della

tribunale del riesame. Il controllo di legittimità sui punti devoluti è, perciò,
circoscritto all’esclusivo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il
testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e
l’altro negativo, la cui presenza rende l’atto incensurabile in sede di
legittimità:
1) – l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato;
rispetto al fine giustificativo del provvedimento”. (Cass. Sez. 6A sent. n.
2146 del 25.05.1995 dep. 16.06.1995 rv 201840).
Inoltre “Il controllo di legittimità sulla motivazione delle ordinanze di
riesame dei provvedimenti restrittivi della libertà personale è diretto a
verificare, da un lato, la congruenza e la coordinazione logica dell’apparato
argomentativo che collega gli indizi di colpevolezza al giudizio di probabile
colpevolezza dell’indagato e, dall’altro, la valenza sintomatica degli indizi.
Tale controllo, stabilito a garanzia del provvedimento, non involge il giudizio
ricostruttivo del fatto e gli apprezzamenti del giudice di merito circa
l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e la concludenza dei risultati del
materiale probatorio, quando la motivazione sia adeguata, coerente ed
esente da errori logici e giuridici. In particolare, il vizio di mancanza della
motivazione dell’ordinanza del riesame in ordine alla sussistenza dei gravi
indizi di colpevolezza non può essere sindacato dalla Corte di legittimità,
quando non risulti “prima facie” dal testo del provvedimento impugnato,
restando ad essa estranea la verifica della sufficienza e della razionalità
della motivazione sulle questioni di fatto”. (Cass. Sez. lA sent. n. 1700 del
20.03.1998 dep. 04.05.1998 rv 210566).

3.

Tanto premesso, per quanto riguarda il primo motivo, in punto di

inutilizzabilità delle intercettazioni per nullità dei decreti autorizzativi, le
censure sono inammissibili per difetto del requisito dell’autosufficienza del
ricorso dal momento che il ricorrente non ha prodotto, nè riprodotto nel
ricorso gli atti di cui deduce i vizi che ne comporterebbero l’inutilizzabilità.
Al riguardo questa Corte ha statuito che in tema di ricorso per cassazione, è
onere del ricorrente, che lamenti l’omessa o travisata valutazione dei
risultati delle intercettazioni effettuate, indicare l’atto asseritamente affetto
dal vizio denunciato, curando che esso sia effettivamente acquisito al
fascicolo trasmesso al giudice di legittimità o anche provvedendo a produrlo

4

2) – l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni

in copia nel giudizio di cassazione. ( Cass. Sez. 2, Sentenza n. 25315 del
20/03/2012 Ud. (dep. 27/06/2012) Rv. 253073).

4.

Ugualmente inammissibili sono le censure sollevate con il secondo

motivo di ricorso in punto di gravità del quadro indiziario in riferimento al
delitto di cui all’art. 416 bis cod. pen. dal momento che le stesse non
scalfiscono la congruità delle argomentazioni utilizzate dal Tribunale per il
emergere vizi di illogicità manifesta nel percorso argomentativo seguito dai
giudici del merito. Sul piano del diritto le censure del ricorrente sono
manifestamente infondate in quanto gli esiti delle intercettazioni, richiamate
dal Tribunale del riesame, danno atto delle intraneità del soggetto all’interno
dell’associazione criminale Cosa Nostra. In particolare dalla conversazione
del 28 aprile 2011 intercorsa fra il Sammaritano, Seidita Salvatore, Bonura
Antonio e Maranzano Gaetano (esponenti di spicco della famiglia mafiosa
della Noce), lo stesso Sammaritano, interloquisce come intraneo a Cosa
Nostra, esprimendosi in questi termini: «Nino, .. in Cosa Nostra, per la
regola del Vanchiteddu …in Cosa Nostra li dovremmo prendere tutti per la
testa e se ne dovrebbero andare tutti da Palermo».
Secondo l’insegnamento di questa Corte, ai fini dell’integrazione della
condotta di partecipazione all’associazione di tipo mafioso, non è necessario
che ciascuno dei membri del sodalizio si renda protagonista di specifici atti
esecutivi della condotta criminosa programmata, perché il contributo del
partecipe può essere costituito anche dalla sola dichiarata adesione
all’associazione da parte di un singolo, il quale presti la propria disponibilità
ad agire quale “uomo d’onore” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 23687 del
03/05/2012 Ud. (dep. 14/06/2012) Rv. 253222).
Non può dubitarsi, pertanto, della sussistenza nel caso di specie del quadro
di gravità indiziaria in ordine al reato di partecipazione ad assovciazione di
tipo mafioso.

5.

Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in ordine alla responsabilità

del prevenuto per il reato di estorsione aggravata. Sul punto il ricorrente
eccepisce che le stesse conversazioni intercettate utilizzate dal Tribunale del
riesame per delineare il quadro di gravità indiziaria a suo carico siano state
valutate differentemente dal Tribunale di Palermo che, con ordinanza
15/11/2012, ha accolto l’istanza di riesame del coimputato Perrone Giorgio,

5

riesame rispetto al fine giustificativo del provvedimento e non fanno

annullando la misura cautelare disposta nei suoi confronti. Orbene, tale
censura è inammissibile in quanto attiene alla valutazione del materiale
probatorio, cioè a questioni in fatto che non possono essere oggetto di
diversa lettura in sede di legittimità rispetto alle valutazioni legittimamente
compiute dai giudici del merito e fondate su una motivazione priva di vizi
logico-giuridici. Infatti, in tema di intercettazioni di conversazioni o
comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti
all’apprezzamento del giudice di merito e si sottrae al giudizio di legittimità
se la valutazione risulta logica in rapporto alle massime di esperienza
utilizzate (Cass. Sez. 6, Sentenza n. 17619 del 08/01/2008 Cc. (dep.
30/04/2008) Rv. 239724).

6.

Infine sono manifestamente infondate le censure in punto di

sussistenza delle esigenze cautelari, non avendo indicato il ricorrente
elementi utili a superare la presunzione di pericolosità di cui all’art. 275, 30
comma, cod. proc. pen.

7.

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

dichiara inammissibile il ricorso, la parte che lo ha proposto deve essere
condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una
somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n.
186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in euro
1.000,00 (mille/00).

8.

Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione

in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma

i.

ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che
copia della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, è questione di fatto rimessa

spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Si provveda a norma dell’art. 94 Disp. Att. Cod. proc. pen.
Così deciso, il 26 marzo 2013

siderite

Il Consigliere estensore

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