Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16435 del 26/03/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 16435 Anno 2013
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: GALLO DOMENICO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dal P.M. presso il Tribunale di Ascoli Piceno nei
confronti di
Fanesi Vincenzo, nato a San Benedetto del Tronto il 14/1/1974
avverso la ordinanza 7/11/2012 del Tribunale per il riesame di Ascoli
Piceno;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Domenico Gallo;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Alfredo Pompeo Viola, che ha concluso per l’annullamento con rinvio;
udito per Fanesi Vincenzo, l’avv. Francesco Voltattorni che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1.

Con ordinanza in data 7/11/2012, Il Tribunale di Ascoli Piceno,

accogliendo l’istanza di riesame avanzata nell’interesse di Fanesi Vincenzo,
annullava il provvedimento del Gip, in data 11/10/2012, emesso nell’ambito
del procedimento penale a carico di Scaramucci Maria Serena e Pontani

1

Data Udienza: 26/03/2013

Monica indagate per il reato di cui all’art. 648 ter cod. pen., con il quale era
stato disposto il sequestro preventivo delle quote pari al 100% del capitale
della società, Bagni Medusa s.r.l.
2.

Secondo l’imputazione, le indagate, senza concorrere nella bancarotta

fraudolenta, avevano utilizzato cambiali emesse in favore della JKP S.p.a.,
distratte dall’attivo della predetta società, investendole nella Gattopardo s.r.l.
capitale della società Bagni Medusa s.r.l. in quanto società acquisita con i
proventi della cessione del 50% delle quote della “Gattopardo”. Il Tribunale
riteneva insussistente il fumus, argomentando che nella fattispecie non
sussistevano gli estremi del reato contestato non ricorrendo l’elemento della
dissimulazione in quanto il sistema di circolazione delle cambiali consente
sempre di risalire all’origine del denaro. Riteneva, inoltre, sproporzionato
l’importo del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente in relazione al
valore dei beni sequestrati.
3.

Avverso tale

ordinanza propone ricorso il Procuratore della

Repubblica deducendo violazione di legge ed eccependo che per integrare gli
estremi del reato di cui all’art. 648 ter cod. pen. non è richiesta una condotta
dissimulatoria bensì il semplice reimpiego di denaro o altri beni provenienti
da delitto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato nei limiti di quanto segue.
2. L’art. 648 ter cod. proc. pen. recita testualmente:
«Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato e dei casi previsti dagli articoli
648 e 648 bis, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o
altre utilità provenienti da delitto è punito con la reclusione da quattro a
dodici anni e con la multa da €.1.032 a €.15.493».
3. La ratio della norma è quella di evitare l’inquinamento delle operazioni
economico-finanziarie ed il conseguente turbamento del mercato,
stroncando l’utilizzazione del denaro proveniente da reato, anche nell’ipotesi
che non siano state compiute operazioni volte a mascherare l’origine
2

Il Gip aveva disposto il sequestro preventivo delle quote pari al 100% del

delittuosa dei capitali (riciclaggio). Per la sua collocazione sistematica il
divieto di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, si pone
come norma di chiusura volta a sanzionare quelle residue condotte che siano
riuscite a superare lo sbarramento frapposto dalla punibilità del reato di
ricettazione e di quello di riciclaggio.
4. Questo carattere sussidiario risulta evidente dalla clausola che prevede la
non applicabilità della norma nei casi di concorso nel reato presupposto e
riciclaggio. Ne consegue che non solo il concorrente nel reato presupposto
ed il ricettatore, ma anche il riciclatore andrebbe sempre esente da pena per
il successivo impiego di denari di provenienza illecita. In sostanza, poiché la
clausola di riserva fa prevalere le disposizioni previste dagli artt. 648 e 648
bis, il delitto di reimpiego è destinato sempre a soccombere di fronte a fatti
di ricettazione o di riciclaggio.
S. Non vi è dubbio che la clausola di sussidiarietà rispetto alla ricettazione ed al
riciclaggio finisce, in sostanza, con il privare la fattispecie, in buona parte, di
significato pratico, riducendone lo spazio applicativo. Come questa Corte ha
avuto modo di osservare (Cass. Sentenza n. 4800/2010) «risulta, infatti,
molto difficile trovare uno spazio di autonomia per l’art. 648 ter c.p., sia
rispetto all’art. 648 bis c.p., che all’art. 648 c.p.. Ed, invero, sembra
alquanto difficile impiegare denaro di provenienza illecita senza ricettarlo,
poiché in questi casi il reimpiego si atteggia come post factum non
rilevante». Di conseguenza ci si troverebbe di fronte ad una norma
meramente simbolica in quanto l’ordinamento già appresta gli strumenti per
stroncare a monte quelle condotte che possono sfociare nell’impiego di
capitali illeciti nelle attività economico finanziarie.
6. Una soluzione a questo paradosso lo offre la sentenza citata ritenendo
«che il criterio volto a salvaguardare qualche spazio applicativo alla
fattispecie sia quello di ipotizzare che i reati di cui agli artt. 648 e 648 bis
prevalgano solo nel caso di successive azioni distinte, le prime di
ricettazione o riciclaggio, le seconde di impiego, mentre si applica solo il
delitto di cui all’art. 648 ter nel caso di una serie di condotte realizzate in un
contesto univoco, sin dall’inizio finalizzato all’impiego.
In tale contesto, la soluzione ermeneutica idonea a risolvere il problema del
rapporto della fattispecie in questione con i delitti di ricettazione e/o di
riciclaggio, appare quella che si fonda sulla distinzione tra unicità o pluralità
di comportamenti e determinazioni volitive. Sono esclusi dalla punibilità ex

nelle ipotesi in cui risultano realizzate fattispecie di ricettazione o di

art. 648 ter coloro che abbiano già commesso il delitto di riciclaggio (o di
ricettazione) e che, successivamente, con determinazione autonoma (al di
fuori, cioè, della iniziale ricezione o sostituzione del denaro) abbiano poi
impiegato ciò che era frutto già di delitti a loro addebitato; sono, invece,
punibili coloro che, con unicità di determinazione teleologia originaria, hanno
sostituito (o ricevuto) denaro per impiegarlo in attività economiche o
finanziarie. Il discrimine passa, dunque, attraverso il criterio della pluralità
sottese). Nel primo caso il soggetto risponde di riciclaggio con esclusione del
648 ter, nel secondo soltanto di quest’ultimo, risultando in esso “assorbita”
la precedente attività di sostituzione o di ricezione.
In altri termini, se taluno sostituisce denaro di provenienza illecita con altro
denaro od altre unità e, poi, impieghi i proventi derivanti da tale opera di
ripulitura in attività economiche o finanziarie, risponderà del solo reato di cui
all’art. 648 bis c.p. proprio in forza della clausola “fuori dei casi previsti dagli
artt. 648 e 648 bis c.p.”.
Se, invece, il denaro di provenienza delittuosa venga direttamente impiegato in
dette attività economiche o finanziarie ed esso venga, così, ripulito, il
soggetto risponderà del reato di cui all’art. 648 ter c.p..
Solo tenendo presente tale criterio che attiene all’elemento della condotta del
reato, può condividersi il principio enunciato, con riguardo all’elemento
psicologico, da questa Corte regolatrice, richiamato nella sentenza
impugnata, secondo cui “le tre fattispecie di cui agli artt. 648, 648 bis e 648
ter c.p. sarebbero accomunate dalla provenienza dei beni da delitto, e si
distinguerebbero invece sotto il profilo soggettivo per il fatto che la
ricettazione richiede solo il dolo di profitto, mentre la seconda e la terza
richiedono la specifica finalità di far perdere le tracce dell’origine illecita, con
l’ulteriore peculiarità, quanto alla terza, che detta finalità dev’essere
perseguita mediante l’impiego delle risorse in attività economiche o
finanziarie; di conseguenza l’art. 648 ter c.p. sarebbe in rapporto di
specialità con l’ari. 648 bis e questo, a sua volta, con l’art. 648 c.p.” (Cass.
23/3/2000 n 6534; id. 10/1/2003 n 18103). Conclusivamente, ritiene
questa Corte di legittimità che non basta, ai fini della esatta soluzione della
questione relativa al concorso tra le tre fattispecie, richiamare il solo
elemento soggettivo, ma è necessario far riferimento ed applicare anche il
criterio suindicate concernente l’elemento materiale del reato onde evitare
interpretazioni che finiscano con l’abrogare implicitamente la clausola di

ovvero della unicità di azioni (e delle determinazioni volitive ad esse

sussidiarietà espressa, contenuta nell’art. 648 ter c.p., operazione
ermeneutica evidentemente non consentita» (Cass. Sez. 2, Sentenza n.
4800 del 11/11/2009 Ud. (dep. 04/02/2010) Rv. 246276).
7. Il Collegio condivide i principi di diritto enunciati nella sentenza di cui sopra
in quanto la clausola di sussidiarietà non può essere abrogata per via
interpretativa, né può essere interpretata in modo da elidere completamente
lo spazio applicativo del delitto di reimpiego.
circostanza invocata dal Tribunale del riesame che ritiene elemento
essenziale della fattispecie una condotta che abbia la finalità di far perdere
le tracce dell’origine delittuosa del denaro e delle altre utilità. La condotta
dissimulatoria è elemento imprescindibile del delitto di riciclaggio (art. 648
bis cod. pen.) ma non è necessaria per integrare il reato di reimpiego.
Poichè nell’art. 648 ter manca ogni riferimento all’idoneità della condotta ad
ostacolare l’accertamento dell’origine delittuosa del denaro o di altre utilità,
il comportamento tipico è ridotto al mero atto di impiego in attività
economiche o finanziarie di denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto.
9. Pertanto il provvedimento impugnato appare viziato per violazione di legge
laddove la motivazione esclude la sussistenza del fumus del reato di cui
all’art. 648 ter cod. pen. sulla base del mero rilievo dell’assenza di condotta
dissimulatoria. Occorre inoltre considerare il carattere di chiusura della
norma in questione che interviene a sanzionare quelle residue condotte che9r..
siano inquadrabili nel reato di ricettazione o in quello di riciclaggio. Pertanto,
ove si ritengano insussistenti I presupposti applicativi per il reato ex art. 648
ter, occorre verificare se il fatto non debba essere qualificato reato, ex art.
648 cod. pen., ove sussista la consapevolezza da parte dell’agente della
provenienza delittuosa del denaro o delle altre utilità impiegate in attività
economico finanziarie.
10. Di conseguenza l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al
Tribunale di Ascoli Piceno per nuovo esame, da effettuarsi in conformità ai
principi di diritto sopra esposti. Il rinvio non travolge la valutazione
effettuata dal Tribunale in ordine alla non proporzionalità dei beni
sequestrati rispetto al profitto del reato ma impone che la questione sia
nuovamente valutata dopo aver esaminato il profilo attinente al fumus.
P.Q.M.

5

8. A questo proposito non è risolutiva, per escludere la sussistenza del reato, la

Annulla il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Ascoli Piceno
per nuovo esame.

Così deciso, il 26 marzo 2013
Il P .idente

Il Consigliere estensore

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