Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16430 del 06/04/2017

Penale Ord. Sez. 7 Num. 16430 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
A.A.
B.B.
avverso la sentenza n. 882/2014 CORTE APPELLO di L’AQUILA, del
12/03/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 06/04/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 12 marzo 2015 la Corte di appello di L’Aquila ha
confermato la sentenza in data 1 ottobre 2013 del Tribunale di Chieti, che aveva
dichiarato A.A. e B.B. colpevoli in concorso del reato di tentato
favoreggiamento della permanenza illegale nel territorio dello Stato di C.C., di cui agli artt. 110, 56 cod. pen. e 12, comma 5, d.lgs. n. 286 del

milletrecento di multa, con concessione dei doppi benefici di legge.
2. Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso per cassazione con unico
atto, per mezzo del comune difensore avv. Roberto Di Loreto, entrambi gli
imputati, che ne hanno chiesto l’annullamento sulla base di due motivi,
denunciando:
– con il primo motivo, inosservanza e/o erronea applicazione di norme
processuali stabilite a pena di nullità, ex artt. 533, comma 1, e 606 lett.
riferimento all’art. 178 lett.

c) , in

b) cod. proc. pen., con riguardo al legittimo

impedimento a comparire del difensore per impegno professionale in altro
procedimento, opportunamente e legittimamente rappresentato;
– con il secondo motivo, inosservanza e/o erronea applicazione di norme
penali e manifesta illogicità della motivazione, ex artt. 533, comma 1, e 606 lett.

b) ed e) cod. proc. pen., con riguardo alla operata ricostruzione dei fatti e
all’affermazione della loro responsabilità senza superare il necessario grado di
certezza probatoria al di là di ogni ragionevole dubbio.
3. In esito al preliminare esame presidenziale i ricorsi sono stati rimessi a
questa sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili.
2. Il primo motivo è manifestamente infondato poiché la Corte di appello ha
provveduto sulla istanza di rinvio presentata dal difensore, adducendo un
impedimento a comparire per concomitante impegno professionale, con
ordinanza dettata a verbale dell’udienza del 12 marzo 2015, le cui ragioni sono
ignorate dal ricorrente, che si è limitato a opporre generici rilievi in diritto e in
fatto e la deduzione, del pari generica e non meglio esplicata, di una
“raccomandata previsione di scelta così come ipotizzata dal Collegio del
gravame”, anacronistica e non rispondente alla realtà del percorso processuale
dei ruoli di udienza.

1998, e li aveva condannati alla pena di anni uno e mesi tre di reclusione ed euro

3. Il secondo motivo sviluppa censure che, senza una specifica correlazione
con le ragioni argomentate della decisione impugnata, sono volte a provocare, in
contrasto con la previsione dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., una nuova
lettura degli aspetti attinenti alle circostanze fattuali e un rinnovato
apprezzamento del materiale probatorio attraverso una riproposizione, anche in
parte testuale, del contenuto dell’atto di appello.
Tale contenuto è stato già giudicato come generico dalla Corte di appello,
che ha rimarcato la carenza di specificità delle critiche mosse alla sentenza di

pervenendo in termini non manifestamente illogici al rilievo conclusivo della
certezza della prova che gli imputati al fine di trarne profitto avevano tentato
attraverso l’indebito utilizzo dello strumento della emersione del lavoro
sommerso, senza riuscirvi, di favorire la permanenza in Italia del Foukhari.
Né tale valutazione, contrariamente ai rilievi difensivi, è in alcun modo in
contrasto con il principio per cui il giudice pronuncia condanna al là di ogni
ragionevole dubbio, lo stesso imponendo al giudice, per costante e condivisa
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. 1, n. 41110 del 24/10/2011,
Javad, Rv. 251507), un metodo dialettico di verifica dell’ipotesi accusatoria
secondo il criterio del “dubbio” e comportando che la verifica della stessa da
parte del giudicante deve essere effettuata in maniera da scongiurare la
sussistenza di dubbi interni (l’autocontraddittorietà o la sua incapacità
esplicativa) o esterni alla stessa (l’esistenza di una ipotesi alternativa dotata di
razionalità e plausibilità pratica), come avvenuto nella specie.
4. Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché di ciascuno -valutato il
contenuto dei ricorsi e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella
determinazione della causa d’inammissibilità- al versamento della somma,
ritenuta congrua, di duemila euro alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle
spese processuali e ciascuno al versamento della somma di duemila euro alla
cassa delle ammende.
Così deciso il 06/04/2017

primo grado, il cui ragionamento probatorio ha argomentativamente ripercorso,

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