Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16426 del 06/04/2017


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16426 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PACE FRANCO N. IL 19/11/1964
avverso la sentenza n. 40/2016 CORTE APPELLO di GENOVA, del
01/04/2016
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 06/04/2017

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 1 aprile 2016 la Corte di appello di Genova, in
parziale riforma della sentenza del 14 luglio 2015 del Giudice della udienza
preliminare del Tribunale di Genova, ha assolto Pace Franceez dal reato di cui
all’art. 594 cod. pen. (capo D) per non essere il fatto previsto dalla legge come

reclusione la pena, già ridotta per il rito e già concesse le attenuanti generiche
equivalenti alle aggravanti contestate, per i residui reati, la cui responsabilità ha
confermato, ascritti ai sensi degli artt. 81, 56, 575, 577, primo comma, n. 3 e 4,
61 n. 1, 5 e 11-quinquies, 94 cod. pen. (capo A), degli artt. 423, 61 n. 1, 2 e 5,
94 cod. pen. (capo B), degli artt. 56, 610, 94 cod. pen. (capo C), degli artt. 81,
secondo comma, 94, 582 cod. pen. (capo D), e dell’art. 612, secondo comma,
cod. pen. (capo E).
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore avv. Stefano Sambugaro, l’imputato, che ne ha chiesto
l’annullamento sulla base di quattro motivi, denunciando:
– con il primo motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.
proc. pen., violazione di legge in relazione al diniego del richiesto accertamento
peritale ai fini della ritenuta sussistenza del vizio parziale di mente, e mancanza
e/o contraddittorietà della motivazione nella parte in cui si era ricondotta la sua
condotta a ubriachezza abituale e non a cronica intossicazione da alcool;
– con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen., vizio di motivazione nella parte in cui si era omessa la valutazione delle
risultanze processuali e, in contrasto con le stesse, si era rigettata la richiesta di
derubricazione della imputazione ex artt. 56-575 cod. pen. nel reato di cui all’art.
590 cod. pen. quale conseguenza di altro delitto ex art. 586 cod. pen.;
– con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen., contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione relativamente al
computo della pena complessivamente intesa;
– con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc.
pen., vizio della motivazione in relazione al richiesto riconoscimento delle
attenuanti generiche.
3. In esito al preliminare esame presidenziale il ricorso è stato rimesso a
questa sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

reato, rideterminando in anni sette, mesi undici e giorni ventiquattro di

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso sviluppa censure manifestamente infondate ovvero non

consentite.
2. Il primo motivo, attinente al contestato diniego dell’accertamento peritale
ai fini della verifica della sussistenza del vizio parziale di mente dell’imputato, è
palesemente infondato, avendo la Corte di appello ritenuto -con giudizio coerente
e logico, resistente agli opposti rilievi-, posta la distinzione tra ubriachezza

stato in cui era l’imputato al momento della commissione del fatto era stata
condivisibilmente ritenuta nella sentenza di primo grado, che aveva giudicato
inidonea a rilevare problematiche pertinenti alla capacità di intendere e di volere
dell’imputato la consulenza di parte, il cui contenuto è sintetizzato in quella di
appello a conforto ulteriore dell’escluso stato di alterazione patologica
permanente.
3.

Le deduzioni svolte con il secondo motivo in ordine alla chiesta

derubricazione del fatto, ascritto come tentato omicidio, nel reato di cui all’art.
590 cod. pen., quale conseguenza di altro delitMi sensi dell’art. 586 cod. pen.„
riproducono gli argomenti prospettati nel gravame di merito, ai quali la Corte di
appello ha dato adeguate e argomentate risposte, esaustive in fatto per la loro
logica congruenza alle esposte risultanze del quadro probatorio e corrette in
diritto per l’esatta interpretazione delle norme applicate, pervenendo alla sintesi
conclusiva, compiutamente esplicata, che l’imputato ha tentato di cagionare la
morte delle persone offese con “condotta certamente caratterizzata da dolo
diretto, quanto meno alternativo per la palese indifferenza rispetto alle sue quasi
certe conseguenze (…)”.
Il ricorrente ha teso, invece, a provocare, esprimendo un diffuso dissenso di
merito rispetto alla ricostruzione della vicenda e alle risposte ricevute e
opponendo la sua analisi del fatto, una nuova lettura degli aspetti attinenti alle
circostanze fattuali e un rinnovato apprezzamento del materiale probatorio, al
fine del diverso inquadramento giuridico della sua condotta e della diversa
valutazione dell’elemento soggettivo del reato.
Una tale prospettazione non è, tuttavia, consentita in sede d’indagine di
legittimità sul discorso giustificativo della decisione, non viziato da alcun profilo
di manifesta illogicità ovvero illegittimità e coerente nell’analisi delle singole
obiezioni difensive, e si sostanzia, pertanto, in censura diversa da quella
esperibile per legge con il ricorso per cassazione e, pertanto, inammissibile ai
sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.

3

abituale e cronica intossicazione da alcool, che la riconduzione alla prima dello

4. Né hanno alcuna fondatezza le osservazioni relative alla non condivisa
determinazione della pena base per il più grave delitto di tentato omicidio (terzo
motivo) e al riconoscimento delle attenuanti generiche, concesse con giudizio di
equivalenza rispetto alle aggravanti contestate (quarto motivo).
La sentenza impugnata, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha
attribuito rilevanza decisiva nella condivisione della decisione di primo grado,
quanto al distacco dall’astratto minimo edittale di anni sette di reclusione.
all’avanzato stato di realizzazione della condotta omicida, ai banali e biasimevoli

omicida, al coinvolgimento nello stesso anche del figlio minore della persona
offesa presente nell’abitazione, e, quanto al giudizio di equivalenza tra
circostanze di segno opposto, la gravità degli indicati pregnanti elementi negativi
e del peso delle aggravanti rispetto allo stato di disagio dell’imputato, che,
giustificativo del giudizio già espresso, non era più favorevolmente valutabile.
Tale logica esplicazione della correttezza sul piano argomentativo del criterio
seguito dalla Corte di appello nell’esercizio del proprio potere discrezionale
neppure è stata disgiunta dal critico confronto con le argomentazioni difensive
(circa la mancata costituzione di parte civile e circa il preteso buon
comportamento processuale dell’imputato), ora riproposte in vista di una
rivalutazione dei dati fattuali non consentita in questa sede.
5. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile.
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché -valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a
escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità- al
versamento della somma, ritenuta congrua, di duemila euro alla Cassa delle
ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di duemila euro alla cassa delle
ammende.
Così deciso il 06/04/2017

motivi a delinquere, alle modalità insidiose adottate, alla intensità dell’intento

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