Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16402 del 09/04/2018
Penale Ord. Sez. 6 Num. 16402 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: PAOLONI GIACOMO
ORDINANZA
sul ricorso di
BONACCORSO Francesco, nato a Catania il 01/09/1981,
avverso la sentenza del 07/12/2017 del Tribunale di Catania;
esaminati gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita in camera di consiglio la relazione svolta dal presidente Giacomo Paoloni.
FATTO E DIRITTO
Per mezzo del difensore l’imputato Francesco Bonaccorso propone ricorso per
cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Catania, con cui – su sua richiesta,
concordata con il pubblico ministero – gli è stata applicata, ai sensi dell’art. 444 cod.
proc. pen., tenuto conto della recidiva qualificata contestatagli, la pena di un anno di
reclusione per il reato di evasione dal regime esecutivo della detenzione domiciliare
(essendo stato sorpreso dalla p.g., in assenza di qualsiasi autorizzazione, al di fuori
della propria abitazione, sede esecutiva della inflitta pena domestica).
Con il ricorso si deducono violazione di legge e mancanza di motivazione in punto
di omessa verifica dell’eventuale sussistenza di cause di non punibilità applicabili in
favore dell’imputato ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen. e di mancata esposizione delle
Data Udienza: 09/04/2018
ragioni poste a sostegno del “percorso logico-conoscitivo” in base al quale il giudice di
merito si è determinato ad “apprezzare in un certo modo le prove disponibili”.
Il ricorso è inammissibile per indeducibilità della descritta censura.
L’impugnazione, scandita da genericità, non indica in nessun modo le ragioni per
le quali, in presenza di una richiesta di pena “patteggiata” proveniente dallo stesso
imputato (che ne ha definito la misura in accordo con il p.m.), tale da presupporre
rinuncia implicita ad ogni questione sulla colpevolezza, il decidente giudice di merito
avrebbe dovuto disattendere tale richiesta per giungere ad una sentenza di
Tale decisione, nei limiti di sinteticità fisiologicamente connaturati ad una sentenza di
applicazione della pena, ha puntualmente escluso la sussistenza di eventuali ipotesi di
non punibilità previste dal menzionato art. 129 cod. proc. pen. (la sentenza richiama le
circostanze emergenti dall’avvenuto arresto del ricorrente in flagranza di reato).
Non configurandosi, per tanto, le condizioni legittimanti la proposizione del
ricorso per cassazione previste dall’art. 448, comma
2-bis, cod. proc. pen. (come
introdotto dalla legge 23 giugno 2017, n. 103, in vigore dal 03/08/2017), la declaratoria
di inammissibilità dell’impugnazione va pronunciata “senza formalità” ai sensi dell’art.
610, comma 5-bis, cod. proc. pen. (come introdotto dalla citata legge n. 103/2017).
All’inammissibilità del ricorso segue per legge la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa
delle ammende che, avuto riguardo al palese carattere dilatorio del ricorso e all’elevato
coefficiente di colpa connotante la rilevata causa di inammissibilità, appare conforme a
giustizia stabilire nella misura di euro 4.000 (quattromila).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di euro quattromila in favore della cassa
delle ammende.
Così deciso il 09/04/2018
proscioglimento di cui difettano le condizioni, come chiarisce la sentenza impugnata.