Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16397 del 24/01/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16397 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: COSTANZO ANGELO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PINTI GIUSEPPE nato il 27/12/1957 a MILANO

avverso la sentenza del 08/06/2017 della CORTE DI CASSAZIONE di ROMA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ANGELO COSTANZO;
sentite le conclusioni del PG CIRO ANGELILLIS per la correzione dell’errore.
L’avvocato POMANTI PIETRO, del foro di ROMA, sostituto processuale
dell’avvocato FAZIO IVANO CONO GERMANO del foro di BUSTO ARSIZIO
difensore di fiducia di PINTI GIUSEPPE, si riporta ai motivi di ricorso.

Data Udienza: 24/01/2018

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RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 31574/2017 dell’8/06/2017 la Seconda sezione penale di
questa Corte ha disposto la correzione dell’errore materiale contenuto nel
dispositivo della sentenza n. 16177/17 a carico di Pinti Giuseppe dell’1/03/2017
nel senso che là dove è scritto: “Annulla senza rinvio la sentenza impugnata
limitatamente al reato di cui all’art. 485 cod.pen. perché il fatto non è previsto

C 100,00 di multa, rideterminando la pena in anni 1 di reclusione ed C 500,00 di
multa. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso”

deve intendersi e leggersi

“Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui all’art.
485 cod. pen. perché il fatto non è previsto dalla legge come reato ed elimina la
relativa sanzione di mesi 1 di reclusione ed C 50,00 di multa, rideterminando la
pena in mesi 8 di reclusione ed C 350,00 di multa. Dichiara inammissibile nel
resto il ricorso”.

2. Nel ricorso di Giuseppe Pinti si chiede che la sentenza si annullata
deducendo che la sentenza nel correggere la precedente sentenza ha commesso
un altro errore materiale perché nel rideterminare la pena già erroneamente
rideterminata dalla sentenza n. 16177/2017 ha, a sua volta erroneamente
ridotto la pena di un mese di reclusione ed euro 50 di multa e non, invece di tre
mesi di reclusione ed euro 100 di multa, così da giungere, secondo un calcolo
corretto, a una pena finale di sei mesi di reclusione ed euro 300 di multa.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La sentenza n. 289/2016 della Corte di appello di Milano ha ridotta a 9
mesi di reclusione e euro 400 di multa la pena inflitta a Giuseppe Pinti dal
Tribunale di Milano (sentenza n. 9403/2014) eliminando la porzione di pena
inflitta ex art 81, comma 2, cod. pen. per la continuazione interna al reato
descritto nel capo A (artt. 61. 7, 81, comma 2, 110 e 640 cod. pen.) in
considerazione dell’intervenuta parziale estinzione per prescrizione del reato e,
per la stessa ragione, riducendo l’aumento ex art. 81, comma 2, cod. pen. deciso
a titolo di continuazione esterna con il reato descritto nel capo B (artt. 81,
comma 2, e 485 cod. pen.), così determinandola: pena base per il capo A = mesi
7 di reclusione e euro 200 di multa + 1 mese di reclusione e euro 350 di multa
per la continuazione interna = mesi 8 di reclusione e euro 350 di multa + 1

dalla legge come reato ed elimina la relativa sanzione di mesi 3 di reclusione ed

i

mese di reclusione e euro 50 di multa per la continuazione esterna con il reato di
cui al capo B = mesi 9 di reclusione e euro 400 di multa.
La sentenza n. 16177/2017 della Seconda sezione di questa Corte, nel
dichiarare inammissibile il ricorso di Giuseppe Pinti, ha rilevato che, per effetto
dell’abrogazione del reato ex art. 485 cod. pen. considerato nel capo B, andava
scorporato il correlato aumento a titolo di continuazione (pari a mesi 1 di
reclusione e euro 50 di multa) rideterminando la pena – nella motivazione – in
mesi 8 di reclusione e euro 350 di multa, ma indicando – nel dispositivo – la

Con la sentenza impugnata (n. 31574/2017) la Seconda sezione penale di
questa Corte ha rilevato di ufficio l’errore materiale nel dispositivo della
precedente sentenza n. 647/2017 della stessa sezione di questa Corte,
riformulando il dispositivo nei termini sopra richiamati.

2. Il ricorso ex art. 625 bis cod. proc. pen. di Pinti contro quest’ultima
sentenza è manifestamente infondato perché fa leva sulla ambiguità derivante
da una espressione – contenuta nella prima delle due sentenze emesse da
questa Corte nel procedimento in esame – in cui si puntualizza che “in primo
grado l’aumento per la continuazione era stato determinato in mesi 3 di
reclusione e euro 100 di multa”, ma trascura che già con la sentenza della Corte
di appello l’aumento ex art. 81, comma 2, cod. pen. per la continuazione esterna
con il reato di cui al capo B era stato ridotto (come suesposto) a mesi 1 di
reclusione e euro 50 di multa, per cui solo questa misura di pena andava
eliminata a seguito della abrogazione del reato descritto nel capo B.

3. Dalla dichiarazione di inammissibilità del ricorso deriva, ex art. 616 cod.
proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonché al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma che
risulta congruo determinare in euro 3000.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso il 24/10/2018

pena finale di anni 1 di reclusione e euro 500 di multa.

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