Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16385 del 10/01/2018


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 16385 Anno 2018
Presidente: PAOLONI GIACOMO
Relatore: D’ARCANGELO FABRIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Zoppo Pasquale, nato a Taranto il 08/10/1966

avverso la sentenza del 26/01/2017 della Corte di appello di Lecce – Sezione
distaccata di Taranto

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Fabrizio D’Arcangelo;
udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale Perla Lori, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore, avv. Antonio Raffo, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Lecce -Sezione
Distaccata di Taranto-, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Taranto
in data 2 ottobre 2014 ed appellata da Pasquale Zoppo, riconosciute le

Data Udienza: 10/01/2018

circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena inflitta all’imputato in
due anni di reclusione, revocando la interdizione dai pubblici uffici disposta
all’esito del giudizio di primo grado e confermando nel resto la sentenza
impugnata.

2. Secondo la originaria formulazione accusatoria, allo Zoppo era
contestato il delitto di concussione di cui agli art. 110, 317 cod. pen., perché, in
concorso con il cugino Pietro Carrieri, abusando della propria qualità di

Tributaria di Taranto, aveva indotto Lucio Parlapiano, gestore di un’area di
servizio e distributore di carburanti, dapprima a promettere la dazione della
somma di tremila euro e, di seguito, a versare il primo acconto di cinquecento
euro, quale indebito compenso per la determinazione dell’esito favorevole di
un’indagine in corso, che lo Zoppo asseritamente stava conducendo con altri
colleghi, per l’accertamento di false fatturazioni poste in essere dal Parlapiano;
fatti accertati in Taranto dal 28 luglio al 9 agosto 2012.
Il Tribunale di Taranto, all’esito del giudizio dibattimentale di primo grado
e, di seguito, la Corte di appello di Lecce hanno, tuttavia, riqualificato l’originaria
imputazione di concussione in quella di induzione indebita di cui all’art. 319-

quater cod. pen.

3. Gli avvocati Antonio Raffo e Fabrizio Lannanna, difensori dello Zoppo,
ricorrono avverso tale sentenza e ne chiedono l’annullamento.

4. L’avv. Antonio Raffo deduce quattro motivi e, segnatamente:
– la violazione di legge ed il vizio di manifesta illogicità della motivazione,
con riferimento alla esclusione dell’ipotesi di millantato credito addebitabile al
solo Pietro Carrieri;
– la violazione di legge ed il vizio di manifesta illogicità della motivazione,
con riferimento alla ritenuta attendibilità del denunciante Lucio Parlapiano;
– il vizio di manifesta illogicità della motivazione, con riferimento agli altri
elementi in base ai quali la Corte di appello di Lecce aveva ravvisato la
responsabilità penale dello Zoppo;
– la violazione di legge ed il vizio di manifesta illogicità della motivazione,
con riferimento al rigetto della richiesta di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale relativamente all’ascolto del luogotenente della Guardia di Finanza
Salvatore Sgrò.

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Maresciallo capo della Guardia di Finanza in servizio presso il Nucleo di Polizia

5. L’avv. Fabrizio Lamanna, con unico motivo, deduce la violazione di legge
ed il vizio di manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata.
La sentenza impugnata illogicamente aveva obliterato le falsità presenti
nelle dichiarazioni della parte lesa, che si era presentata spontaneamente alla
polizia giudiziaria per minare la credibilità dello Zoppo.
La sentenza di appello, inoltre, non aveva risposto alle doglianze formulate
nei motivi di appello in termini adeguati e, pertanto, si imponeva l’assoluzione
dell’imputato.

indebita, in quanto lo Zoppo era estraneo all’accordo tra il Parlapiano ed il
Carrieri.

6. In data 29 dicembre 2017 l’avv. Fabrizio Lamanna ha trasmesso a
mezzo fax motivi aggiunti, deducendo la mancanza e la manifesta illogicità della
motivazione, fondata esclusivamente, come a pag. 21 della sentenza impugnata,
su ipotesi di verosimiglianza e periodo ipotetici, senza pervenire ad una prova
oltre ogni ragionevole dubbio.
Lamentava, altresì, il ricorrente la inosservanza della legge penale con
riferimento all’art.

319-quater cod. pen., in quanto la Corte di appello aveva

omesso di valutare la sussistenza dei presupposti di tale fattispecie
incriminatrice, e la inutilizzabilità delle intercettazioni, in quanto eseguite in
assenza di un decreto autorizzativo del giudice e da parte di uno degli
interlocutori dotato di strumenti di captazione predisposti dalla polizia giudiziaria.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve rigettato in quanto i motivi nello stesso proposti si
rivelano infondati.

2. Con il primo motivo l’avv. Antonio Raffo deduce la violazione di legge ed
il vizio di manifesta illogicità della motivazione, con riferimento all’ipotesi di
millantato credito addebitabile al solo Pietro Carrieri.
Nel corso della intercettazione telefonica della conversazione tra il
Parlapiano ed il Carrieri depositata alla udienza del 5 marzo 2013, infatti, il primo
aveva manifestato chiaramente le proprie perplessità in ordine al reale
destinatario del denaro richiestogli, dichiarando di non sapere se le somnne 44..
denaro fosse destinate a quest’ultimo o al cugino Pasquale Zoppo.

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Non era stata dimostrata, peraltro, la sussistenza del delitto di induzione

Tale frase dimostrava che il Parlapiano aveva parlato di una dazione di
danaro solo con il Carrieri e non anche con lo Zoppo e che la parte lesa non
aveva escluso che il Carrieri avesse potuto trattenere la somma, all’insaputa
dello Zoppo.
La Corte di appello aveva, tuttavia, illogicamente ritenuto comprovato il
delitto di induzione indebita, in quanto il Parlapiano, pur non sapendo come e
quando il Carrieri avrebbe eseguito l’incarico, almeno sperava che il destinatario
finale della somma fosse lo Zoppo.

limitava a richiamare mere speranze del Parlapiano e, pertanto, si fondava su un
assioma indimostrato e meramente congetturale.
In data 9 agosto 2012, peraltro, il Carrieri si era recato da solo presso la
Stazione di servizio del Parlapiano, ove aveva ricevuto la somma di cinquecento
euro, per essere arrestato poco dopo.
Non vi era stata, pertanto, la possibilità di accertare la effettiva
destinazione delle banconote appena riscosse, in quanto la attività di
osservazione posta in essere dagli inquirenti si era interrotta a quel punto, senza
acclarare il reale destinatario delle somme versate dalla persona offesa.
La Corte di appello avrebbe dovuto, pertanto, ritenere esclusivamente
integrato il dreitto di millantato credito commesso dal solo Carreri all’insaputa di
Pasquale Zoppo.
A quell’epoca, infatti, il Carreri aveva una esposizione debitoria importante
ed aveva inteso realizzare un facile guadagno sfruttando il nome del cugino,
inconsapevolmente coinvolto nella vicenda, ai danni del Parlapiano.

3. Tale censura si rivela, tuttavia, infondata.
La Corte di appello ha, infatti, congruamente disatteso tale prospettazione,
valorizzando le conversazioni intercettate (e, segnatamente, quella del 6 agosto
2018, alle 21.30 e quella del 9 agosto 2012 alle ore 8.40) nelle quali i cugini
Zoppo e Carrieri facevano riferimento alle somme da richiedere al Parlapiano, al
fatto che l’imputato si era presentato alla vittima e gli aveva “fatto vedere chi
sono”, alle intese circa le ulteriori fasi della azione criminosa.
Tali conversazioni telefoniche erano, peraltro inframezzate dalle telefonate
intercorse tra Pietro Carrieri ed il Parlapiano, nelle. qualc il secondo, in risposta
alle sollecitazioni ricevute, aveva detto, tra l’altro, “dobbiamo fare due conti”.
Il Parlapiano, inoltre, aveva versato la somma di cinquecento euro nelle
mani del Carrieri, intendendo che il destinatario della stessa dovesse essere lo
Zoppo, pur non potendo escludere che il primo non eseguisse il mandato.

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Tale motivazione si rivelava, tuttavia, meramente apparente, in quanto si

La Corte di appello ha, pertanto, escluso che la richiesta di danaro al
Parlapiano fosse una iniziativa unilaterale del Carrieri, alla quale lo Zoppo era
estraneo, ponendo a fondamento del proprio convincimento tali elementi
probatori, unitamente alle dichiarazioni accusatorie del Parlapiano, ed alla
ritenute incongruenze delle dichiarazioni rese dallo Zoppo in sede di
interrogatorio di garanzia e nell’esame dibattimentale.
Dalla lettura organica di tali risultanze probatorie era, infatti, emerso,
invero già dalla sentenza di primo grado, che lo Zoppo aveva svolto il ruolo di

l’esistenza di una indagine a suo carico.
L’apprezzamento sinergico di tali risultanze probatorie, si sottrae, pertanto,
alle censure del ricorrente in quanto non rivela né contraddittorietà, né
manifeste illogicità ed esigerebbe, per essere scalfito, una rilettura alternativa
del compendio probatorio sotteso a ciascun episodio, che, tuttavia, esula
dall’ambito cognitorio proprio del sindacato di legittimità.

4. Con il secondo motivo l’avv. Antonio Raffo lamenta il vizio di manifesta
illogicità della motivazione, con riferimento alla ritenuta attendibilità del
denunciante Lucio Parlapiano in ordine alle accuse mosse nei confronti dello
Zoppo.
La Corte di appello, infatti, non aveva sottoposto a scrutinio rigoroso le
dichiarazioni della persona offesa, che era avvezzo alla commissione di attività
criminosa e che, peraltro, si era costituito parte civile, senza che, all’esito dei
giudizi di merito, fosse intervenuto alcun riconoscimento giudiziale del danno
asseritamente patito dal medesimo.
Il Parlapiano aveva, peraltro, mediante le dichiarazioni calunniose rese ai
danni dello Zoppo, lucrato la impunità per gli illeciti fiscali e di contrabbando
commessi nell’esercizio della propria attività di distributore di benzina.

5. Tale motivo si rivela, tuttavia, inammissibile, prima ancora che
manifestamente infondato.
La Corte di appello, alle pagine 34-42 della sentenza impugnata, ha posto
in essere con acribia analitica una disamina delle singole contestazioni svolte dal
ricorrente alla credibilità del Parlapiano, che, tuttavia, si rivela immune dalle
censure articolate dal ricorrente.
Il ricorrente si è, infatti, limitato a contestare la credibilità del Parlapiano,
provvedendo a prospettare una diversa ricostruzione degli asserti accusatori del
dichiarante, senza, tuttavia, in alcun modo dimostrare la illogicità della
motivazione della sentenza impugnata sul punto.

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ideatore della vicenda criminosa, realizzata dal Carrieri, prospettando alla 12,0,

La scelta di attribuire credibilità a un teste è, del resto, propria del giudice
di merito e rimessa alla sua motivata valutazione dei dati processuali. Essa può
essere denunciata nel giudizio di cassazione come vizio della sentenza solo se
risulti in contrasto con i predetti dati o con la logica (ex plurimis: Sez. 2, n. 1657
del 06/10/1992, Francioli, Rv. 193237).

6. Con il terzo motivo il ricorrente censura la violazione di legge ed il vizio
di manifesta illogicità della motivazione, con riferimento ad altri elementi dai

Zoppo.
La sentenza impugnata aveva, infatti, attribuito valore di significativo
riscontro dell’ipotesi di accusa all’episodio del 3 agosto 2012 nel quale lo Zoppo
si era recato da solo presso il distributore del Parlapiano e gli aveva mostrato il
tesserino di identificazione.
Tale argomentazione era, tuttavia, illogica in quanto lo Zoppo si era già
qualificato al Parlapiano quale finanziere senza mostrare il tesserino; in tale
occasione, tuttavia, lo Zoppo non aveva riferito al Parlapiano di una indagine in
corso sul suo conto, né tanto meno gli aveva chiesto danaro per insabbiarla.

7. Anche tale censura si rivela inammissibile, in quanto il motivo è svolto
esclusivamente in fatto ed è inteso ad ottenere una valutazione delle risultanze
probatorie alternativa e più favorevole di quella operata dalla sentenza
impugnata.
Nel giudizio di cassazione sono, tuttavia, precluse al giudice di legittimità la
rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e
l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione
dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una
migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez.
6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482).
La Corte di appello ha, peraltro, evidenziato la rilevanza centrale di tale
episodio anche in relazione alle risultanze delle intercettazioni telefoniche sopra
citate.

8. Con il quarto motivo il ricorrente lamenta la violazione di legge ed il vizio
di manifesta illogicità della motivazione, con riferimento al rigetto della richiesta
di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale relativa all’ascolto del luogotenente
della Guardia di Finanza Salvatore Sgrò.

6

quali la Corte di appello di Lecce aveva ravvisato la responsabilità penale dello

La escussione di tale teste avrebbe, infatti, potuto confermare la veridicità
di quanto affermato dalla Zoppo circa l’effettiva esistenza di indagini sul
contrabbando posto in essere nella stazione di servizio del Parlapiano.

9. Anche tale censura si rivela infondata.
Secondo un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità,
dal quale non vi è ragione per discostarsi, del resto, la rinnovazione
dell’istruttoria nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 603, comma 1, cod. proc.

grado, è, infatti, un istituto di carattere eccezionale al quale può farsi ricorso
esclusivamente allorché il giudice ritenga, nella sua discrezionalità, di non poter
decidere sulla base del solo materiale probatorio già a sua disposizione

(ex

plurimis: Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, Ricci, Rv. 266820).
Proprio in

ragione del carattere eccezionale della

rinnovazione

dell’istruzione dibattimentale in appello, il mancato accoglimento della richiesta
in tanto può essere censurato in sede di legittimità, in quanto risulti dimostrata
la oggettiva necessità dell’adempimento in questione e, dunque, la erroneità di
quanto esplicitamente o implicitamente ritenuto dal giudice di merito in ordine
alla possibilità di “decidere allo stato degli atti”, come previsto dall’art. 603,
comma 1, cod. proc. pen., esplicitando, senza incorrere in vizi di manifesta
illogicità, le ragioni della scelta operata (Sez. U, n. 2780 del 24/01/1996,
Panigoni, Rv. 203574; Sez. 2, n. 41808 del 27/09/2013, Mongiardo, Rv.
256968; Sez. 6, n. 20095 del 26/02/2013, Ferrara, Rv. 256228; Sez. 2, n. 3458
del 01/12/2005, Di Gloria, Rv. 233931).
Il sindacato che il giudice di legittimità può esercitare in relazione alla
correttezza della motivazione di un provvedimento pronunciato dal giudice di
appello sulla richiesta di rinnovazione del dibattimento, pertanto, non può mai
essere svolto sulla concreta rilevanza dell’atto o della testimonianza da acquisire,
ma deve esaurirsi nell’ambito del contenuto esplicativo del provvedimento
adottato (ex plurimis: Sez. 3, n. 7680 del 13/01/2017, Loda, Rv. 269373).
Il ricorrente deve, pertanto, dimostrare l’esistenza, nell’apparato
motivazionale posto a base della decisione impugnata, di lacune o manifeste
illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di
decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitare qualora
fosse stato provveduto, come richiesto, all’assunzione o alla riassunzione di
determinate prove in sede di appello (Sez. 1, n. 9151 del 28/06/1991, Capitani,
Rv. 213923).
La Corte di appello ha, tuttavia, congruamente disatteso tale istanza di
rinnovazione della istruzione dibattimentale, rilevando, non incongruamente a

7

pen., attesa la presunzione di completezza dell’istruttoria espletata in primo

pag. 46 della sentenza impugnata, che “se il luogotenente della Guardia di
Finanza Sgrò sapesse dei suoi sospetti sulla stazione di servizio gestita dal
Parlapiano” “non muterebbe di una virgola l’attività criminosa posta in essere
dall’appellante”.
La pendenza delle indagini, infatti, in nessun modo avrebbe potuto incidere
sulla commissione delle condotte illecite addebitate allo Zoppo, ben potendo le
stesse essere state tenute anche nella pendenza delle predette investigazioni.

legge ed il vizio di manifesta illogicità della motivazione della sentenza
impugnata.
La sentenza impugnata illogicamente aveva, infatti, obliterato le falsità
presenti nelle dichiarazioni della parte lesa, che si era presentata
spontaneamente alla polizia giudiziaria per minare la credibilità dello Zoppo.
La sentenza di appello non aveva risposto alle doglianze formulate nei
motivi di appello in termini adeguati e, pertanto, si imponeva l’assoluzione
dell’imputato.
Non era stata dimostrata, inoltre, la sussistenza della fattispecie di
induzione indebita, in quanto lo Zoppo era estraneo all’accordo tra il Parlapiano
ed il Carrieri.

11. Tale motivo si risolve, tuttavia, in una inammissibile sollecitazione ad
una rinnovata valutazione della credibilità delle parti antagoniste estranea al
sindacato di legittimità.
È, parimenti, inammissibile il ricorso per cassazione con il quale si deduca,
come nella specie, il vizio di insufficienza della motivazione del provvedimento
impugnato (Sez. 6, n. 46308 del 12/07/2012, Chabchoub, Rv. 253945) e non già
come prescrive l’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen. la mancanza, la
contraddittorietà o la manifesta illogicità della stessa.
Nei motivi di ricorso per cassazione, non sono, infatti, deducibili censure
attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta
illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato
quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad
imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le
doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore
o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che
sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle
diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti
sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza

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10. L’avv. Fabrizio Lamanna, con unico motivo, deduce la violazione di

probatoria del singolo elemento (Sez. 6, n. 13809 del 31/03/2015, 0., Rv.
262965; Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015, Micchichè, Rv. 262948).

12. Inammissibili sono, da ultimo, i motivi nuovi presentati a mezzo fax in
data 29 dicembre 2017 dall’avv. Fabrizio Lamanna.
In materia di impugnazioni vige, infatti, il principio di tassatività ed
inderogabilità delle forme stabilite dalla legge per la presentazione del ricorso in
quanto si tratta di requisiti la cui osservanza è sanzionata a pena di

mezzo telefax è inammissibile perché effettuata con modalità non consentita
dalla legge (Sez. 1, n. 16356 del 20/03/2015, Piras, Rv. 263321, fattispecie in
tema di motivi nuovi relativi a ricorso per cassazione; Sez. 6, n. 18483 del
27/04/2012, Panzitta, Rv. 252716).
13.

Alla stregua dei rilievi che precedono il ricorso deve essere rigettato ed

il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., deve essere condannato al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 10/01/2018.

inammissibilità, con la conseguenza che la presentazione dell’impugnazione a

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