Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16380 del 14/03/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16380 Anno 2018
Presidente: DI TOMASSI MARIASTEFANIA
Relatore: NOVIK ADET TONI

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BERNARDINI CATALDO nato il 10/05/1949 a LUCCA

avverso l’ordinanza del 13/10/2016 del GIP TRIBUNALE di LUCCA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ADET TONI NOVIK;
lette/sagtite.le conclusioni del PG
\ma, c.)_\\:’■OZZ.4z2,

Data Udienza: 14/03/2018

RILEVATO IN FATTO

1. Con ordinanza del 13 ottobre 2016, il Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Lucca ha respinto l’opposizione di Bernardini Cataldo avverso il
rigetto della richiesta di dissequestro di tre pistole giocattolo, oggetto di
sequestro, ad opera della polizia giudiziaria, nell’ambito di una perquisizione
disposta dalla Procura della Repubblica di Lucca ai sensi degli artt. 38 T.U.P.S., 6
Legge n. 152/1975, 2, 4, 7, Legge n. 895/1967. Il G.i.p., a confutazione delle

– il sequestro era stato eseguito nell’ambito di una perquisizione diretta al
rinvenimento del corpo di reato e/o di cose pertinenti al reato, in particolare, di
armi comuni da sparo, e non necessitava di convalida;
– le pistole giocattolo sequestrate dovevano ritenersi “cose pertinenti al
reato”, cioè oggetti che potevano essere stati utilizzati dall’indagato per
commettere i reati ipotizzati e, contestualmente, minacciare la persona offesa;
– tra le cose pertinenti al reato dovevano essere annoverate “anche quelle
che ne dimostrano l’insussistenza o che potrebbero indurre a cercare altrove il
corpo di reato vero e proprio”;
– in ogni caso, il sequestro era necessario a) per accertare che non fossero
intervenute alterazioni che rendessero le armi giocattolo idonee allo sparo e b) ai
fini della prova, al fine cioè di essere esibite alla parte offesa per l’eventuale
riconoscimento dell’arma con cui era stata minacciata, nonostante che questo
incombente fosse stato già eseguito nel corso delle preliminari indagini con esito
negativo: si trattava di una attività che poteva rivelarsi di utilità nei confronti
dello stesso indagato ovvero rivolgersi in suo danno ove dal mancato
riconoscimento dovesse inferirsi che egli possedeva un’arma vera e propria, non
rinvenuta.

2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, corredato
da atti di indagine, Bernardini Cataldo, a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, il ricorrente eccepisce la violazione – ai sensi delle
lett. b), c), e), dell’articolo 606, comma 1, cod. proc. pen. – degli artt. 38
T.U.P.S., 6 Legge n. 152/1975, 2, 4, 7, Legge n. 895/1967, 125, 247, 252, 253,
263 e 355 cod. proc. pen.
Ricorda il difensore che il sequestro aveva riguardato “armi giocattolo”,
palesemente riconosciute come tali dalla polizia giudiziaria; il pubblico ministero,
con provvedimento depositato il 24 maggio 2016, aveva respinto una prima
richiesta di restituzione affermando che, comunque, le pistole in questione erano
state utilizzate per porre in essere i fatti (ipotizzati) ed erano ùtili in dibattimento
1

argomentazioni dell’istante, osservava:

per essere riconosciute dalla parte offesa; si trattava, quindi, di un sequestro
posto in essere ad iniziativa della polizia giudiziaria, al di fuori dei limiti indicati
nel decreto; in ogni caso, rispetto ai reati ipotizzati non vi era vincolo
pertinenziale; da un esame degli atti, era emerso che Bernardini era indagato
anche per il reato di cui all’art. 612 bis cod. pen., fatto questo diverso rispetto a
quello enunciato nel decreto di perquisizione; impostazione questa recepita
anche dal G.i.p. nel suo provvedimento.
2.2. Con un secondo motivo, la difesa contesta la violazione della normativa

apparente: i giocattoli sequestrati, muniti di tappo rosso all’estremità, non
costituivano armi e non erano né corpo né cose pertinenti al reato; le
argomentazioni esposte nel provvedimento impugnato erano erronee e
contraddittorie sia nella qualificazione giuridica del vincolo, sia nelle finalità che
esso doveva perseguire; ulteriore illogicità e contraddittorietà della motivazione
doveva rinvenirsi nel passaggio motivazionale relativo all’eventuale possesso di
un’arma vera, in quanto ciò rendeva evidente, anche alla luce del mancato
riconoscimento da parte della parte offesa, che non vi erano ragioni per
mantenere il sequestro delle armi giocattolo.
2.3. Il terzo motivo deduce la violazione degli artt. 125, 247, 263 e 355 cod.
proc. pen.: il sequestro doveva considerarsi eseguito ad iniziativa della polizia
giudiziaria rispetto a reati non enunciati nel decreto, come ammesso dallo stesso
pubblico ministero nel secondo provvedimento di rigetto della istanza di
declaratoria di inefficacia del sequestro, emesso il 4 giugno 2016, sicché doveva
essere convalidato nel termine imposto a pena di decadenza dall’art. 355,
comma 2, cod. proc. pen.

3. Il Procuratore generale presso questa Corte nella sua requisitoria scritta
ha chiesto il rigetto del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Ritiene il Collegio che le censure della difesa, involgenti nei primi due
motivi la congruenza giuridica e logica della ordinanza impugnata, siano fondate.
Investito dell’opposizione avverso il provvedimento emesso dal pubblico
ministero di rigetto dell’istanza di dissequestro presentata dal ricorrente, il
giudice per le indagini preliminari ha negato la restituzione delle pistole
giocattolo in violazione della legge processuale e con argomentazioni illogiche e
contraddittorie.

2

sopra riportata sotto un diverso profilo. Il G.i.p. aveva reso una motivazione

Ripercorrendo lo svolgersi della vicenda, come ricostruita sulla base degli
atti allegati al ricorso, si osserva che:
– nel decreto di perquisizione locale e personale emesso nei confronti di
Bernardini, il pubblico ministero evidenziava che costui era indagato ai sensi
degli artt. 38 T.U.P.S., 6 Legge n. 152/1975 (norma inconferente rispetto
all’imputazione), 2, 4, 7, Legge n. 895/1967 (così come sostituiti dagli articoli 10
e 14 L. 497/74) “perché illegalmente deteneva presso l’abitazione e portava in
luogo pubblico un(‘)arma comune da sparo”;
in particolare, la perquisizione era funzionale al sequestro di un’arma

comune da sparo, nonché di altri oggetti e/o documenti rilevanti per le indagini
in corso ovvero pertinenti al delitto indicato;
– nel corso della perquisizione furono rinvenute e sequestrate tre pistole
giocattolo munite di tappo rosso;

richiesto in data 19 maggio 2016 dal difensore di Bernardini di

dissequestrare, ai sensi dell’art. 263 cod. proc. pen., le pistole perché estranee
alla condotta illecita contestata, il pubblico ministero in calce all’istanza
apponeva (con un lessico non consono alla dignità della funzione giudiziaria) il
seguente provvedimento “il PM respinge l’istanza essendo armi giocattolo utilizz
comunque per porre in essere i fatti e utili al dibatto per essere riconoste dalla
po. Si illeggibile (ricognizione)”;
– alla successiva istanza, proposta questa volta dalla difesa in data 1 giugno
2016 ai sensi dell’art. 355, comma 2, del codice di rito, il pubblico ministero con
provvedimento del successivo 4 giugno manoscritto in calce, premesso di aver
già respinto la stessa istanza osservava che “trattavasi di pero. specifica non
necessitante di alcuna convalida, indispensabile per i diversi casi di perq.
generica ovvero di seqto di oggetti diversi pertanto ad iniziativa della Pg,
rilevando altresì che trattasi di cose pertinenti al reato e comunque corpo di
reato rispetto alle u/t ipotesi di reato”;
– in data 13 giugno 2016 veniva redatto dalla polizia giudiziaria un verbale di
individuazione a cura di Bresciani Maria Rosa, che non riconosceva in nessuna
delle tre pistole giocattolo l’arma con cui il 29 aprile 2016 era stata minacciata;
secondo la parte offesa detta arma era sprovvista di tappo rosso.

2. Ai sensi dell’art. 247 cod. proc. pen., il pubblico ministero dispone la
perquisizione domiciliare quando vi è fondato motivo di ritenere che il corpo del
reato o cose pertinenti al reato si trovino in un determinato luogo. Nella
Relazione Preliminare al codice di procedura penale si legge che «Circa l’oggetto
del sequestro, si e’ preferito distinguere subito fra “corpo del reato” e “cose
pertinenti al reato”, anche per consentire una definizione sufficientemente

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comprensiva del concetto di “corpo”, poi richiamato in altre disposizioni, cosi’ da
includervi anche le cose il cui uso, porto, detenzione ecc. costituisce reato.
Quanto alle cose “pertinenti” al reato, e’ parso opportuno affidarsi
all’interpretazione giurisprudenziale». Si sottolinea ancora nella Relazione che
«fondamento dell’istituto resta l’esigenza cautelare: più precisamente quella di
tutela della collettività con riferimento al protrarsi della attività criminosa e dei
suoi effetti, donde il preciso obbligo per il giudice di “enunciare le finalità della
misura al momento della sua applicazione, in modo da consentire sempre, alla

della stessa, anche per quanto attiene alla ragione d’essere della sua
persistenza”». Corollario di tale principio è che se il sequestro è disposto a fini di
prova, debbono essere esplicitate le ragioni che giustificano in concreto la
necessità dell’acquisizione interinale del bene, in funzione dell’assicurazione della
prova del reato per cui si procede o della responsabilità dell’autore (in tal senso,
S.U., Ferazzi, 28/1/2004).

3. Sul filo di questa impostazione ermeneutica, questa Corte ha precisato
che «Il sequestro del corpo del reato di cui all’art. 253 cod. proc. pen. ha
carattere obbligatorio perchè mira a sottrarre all’indagato la disponibilità delle
cose sulle quali, o mediante le quali, il reato è stato commesso, nonché di quelle
che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo, e si distingue dal sequestro
delle cose pertinenti al reato, che è invece posto a tutela delle esigenze
probatorie, ed è facoltativo». (Sez. 2, n. 50175 del 25/11/2015 – dep.
21/12/2015, Scarafile, Rv. 265526). Si è in tale sede precisato che, dal testo
dell’art. 253 si ricava che “necessarie per l’accertamento dei fatti” e oggetto di
sequestro sono solo le cose pertinenti al reato. Al contrario, per il “corpo del
reato” l’esigenza probatoria è “in re ipsa” (cfr., Sez. 2, sent. n. 15801 del
25/03/2015, dep. 16/04/2015, Bellante, Rv. 263759), atteso che il rapporto con
il reato non è mediato dalla finalità della prova, ma è immediato, tant’è che in
via generale ne è prevista la confisca: in tal caso, se è vero che la esigenza
probatoria non necessita di ulteriore specificazione, è anche vero che, ai fini della
qualificazione come corpo di reato delle cose in sequestro, il provvedimento deve
dare concretamente conto della relazione di immediatezza descritta nell’art. 253
cod. proc. pen., comma 2, tra la res e l’illecito penale.

4. Applicando i suesposti principi al caso di specie è:
– illogica l’affermazione che le 3 pistole giocattolo costituiscano corpo di
reato, in quanto in base alla descrizione dell’ipotesi di reato riportata nel decreto
di perquisizione, questo consisterebbe nella disponibilità di un’arma vera;
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persona che ne è colpita, di provocare un controllo sul merito e sulla legittimità

- contraria alla legge l’affermazione che le armi giocattolo costituiscano cose
pertinenti al reato, mancando in radice una motivazione sulle ragioni per cui il
sequestro delle armi giocattolo sia necessario per l’accertamento del possesso di
un’arma vera (è affermazione costante di questa Corte che nella nozione di
“violazione di legge” rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza
di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di
precise norme processuali (Sez. U, n. 33451 del 29/05/2014 – dep. 29/07/2014,
Repaci e altri, Rv. 260246; Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004 – dep. 13/02/2004,

– niente più di un paralogismo, la confusa argomentazione per cui il fine
probatorio si proiettava nel dibattimento al fine del riconoscimento della parte
offesa -che già non aveva riconosciuto nelle pistole in sequestro l’arma con cui
era stata minacciata-, per le conseguenze che se ne sarebbero potuto trarre in
ordine al possesso di un’arma vera. Correttamente il ricorrente rileva che il
sequestro delle pistole giocattolo o è inutile -ove dovesse ritenersi che
Bernardini è in possesso di un’arma vera- o è stato eseguito per la prova di un
diverso reato -la minaccia- rispetto a quello indicato nel provvedimento, con
ogni conseguenza sulla sua legittimità;
– eccentrica l’evocazione di una possibile alterazione dell’arma, trattandosi di
ipotesi delittuosa (art. 23 L.

110/75) introdotta nel procedimento

autonomamente dal giudice, in violazione del potere di iniziativa nella selezione
delle ipotesi di reato riservato al pubblico ministero.

5. Deve, pertanto, procedersi all’annullamento senza rinvio della ordinanza
impugnata limitatamente alla omessa restituzione, dovendosi disporre, ai sensi
dell’art. 621 cod. proc. pen., l’immediata restituzione di quanto in sequestro.
Il terzo motivo è assorbito.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e dispone la restituzione delle
tre pistole giocattolo in sequestro all’avente diritto.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2018.

P.C. Ferazzi in proc.Bevilacqua, Rv. 226710);

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