Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16373 del 18/01/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16373 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: BINENTI ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FAIUOLO VINCENZO nato il 01/07/1962 a CASTELLANETA

avverso l’ordinanza dei 01/06/2017 della CORTE APPELLO di POTENZA
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROBERTO BINENTI;
lette le conclusioni del PG ANTONIETTA PICARDI, che ha chiesto di dichiarare
inammissibile il ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il provvedimento indicato in epigrafe, la Corte di appello di Potenza
dichiarava inammissibile, ai sensi dell’art. 41, comma 1, cod. proc. pen., la
dichiarazione di ricusazione presentata Vincenzo Faiuolo nei confronti di diversi
giudici della Corte di appello di Potenza in relazione alla trattazione di una
richiesta di revisione della sentenza di condanna resa dalla Corte di assise di
Taranto e confermata dalla Corte di assise di appello di Lecce-Sez. dist. Taranto.

2. A ragione, la Corte di appello di Potenza rilevava che l’istanza di
ricusazione può essere proposta solo nei confronti dei componenti di un collegio
già chiamato a decidere, mentre nella specie ciò era avvenuto prima ancora di
conoscere tali componenti / tanto che fra i diversi giudici ricusati ve ne erano due
già trasferiti ad altro ufficio, un altro deceduto ed un altro già collocato a riposo.

Data Udienza: 18/01/2018

Nel provvedimento si aggiungeva poi «per completezza» che le motivazioni
della ricusazione erano riferite alla pronunzia d’inammissibilità di una precedente
istanza di revisione che, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di
legittimità, non poteva provocare l’incompatibilità a decidere su altra successiva.
Infine, si rilevava che ogni precedente pronunzia sull’inammissibilità di altre
dichiarazioni di ricusazione non poteva determinare successive incompatibilità.

3. Propone ricorso per cassazione il Faiuolo tramite il difensore.

iniziative del ricorrente volte ad ottenere ia revisione della sopra indicata
sentenza di condanna, lamentando violazione di legge e mancanza e illogicità
della motivazione, sono stati articolati tre motivi che di seguito si illustrano nei
limiti strettamente necessari alla motivazione della presente decisione.
3.1. Con un primo motivo, si è denunziata violazione degli artt. 34 e 41,
cod. proc. pen., per avere composto il collegio che ha deciso de plano sull’istanza
di ricusazione uno dei giudici che in precedenza aveva deciso su altra istanza di
ricusazione, rimanendo violate le finalità di tutela dell’imparzialità del giudice.
Si è così posta questione di legittimità costituzionale, per violazione degli
artt. 3, 24 e 111 Cost., sul rilievo che nel caso proposto l’art. 40, comma 3, cod.
proc. pen., esclude la ricusazione e nemmeno considera obblighi di astensione.
3.2. Con un secondo motivo, si è lamentata mancanza, contraddittorietà e
illogicità della motivazione, nonché violazione dell’art. 38, cod. proc. pen.
Si è rilevato che il collegio chiamato a decidere sull’istanza di revisione era
stato invece già costituito da giudici che comparivano fra quelli ricusati, avendo
tale collegio già disposto, secondo le direttive della Corte di Cassazione in sede di
annullamento di una precedente dichiarazione di inammissibilità, il parere del
pubblico ministero formulato sulla medesima istanza, assegnando un termine di
giorni venti per la formulazione delle controdeduzione (in seguito depositate).
3.3. Con un terzo motivo, si è denunziata mancanza, contraddittorietà e
illogicità della motivazione, per essersi ritenuto erroneamente nel provvedimento
impugnato che l’istanza di revisione fosse diversa da quella proposta il 15 marzo
2010 già dichiarata inammissibile, mentre, a seguito delle decisioni di
annullamento con rinvio successivamente emesse dalla Corte di Cassazione, il
procedimento di revisione in corso era ancora quello promosso con detta istanza.
Attraverso la valutazione della manifesta infondatezza posta alla base della
precedente pronunzia di inammissibilità, era dunque già intervenuta da parte del
medesimo giudice un apprezzamento nel merito degli elementi addotti a
sostegno della richiesta di revisione, così avendosi gli effetti pregiudicanti più

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Dopo una premessa in ordine al complesso iter che aveva contrassegnato le

volte riconosciuti dalla Corte Costituzionale pronunziandosi in materia (a ciò pare
ricollegarsi l’accenno anche in tale motivo a «questione di costituzionalità»).

4. In data 28 ottobre 2017 è stata depositata requisitoria scritta, con la
quale il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto di
dichiarare inammissibile il ricorso, rilevando la sua manifesta infondatezza.

5. In data 12 gennaio 2018 è stata depositata memoria difensiva di replica,

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è nel complesso infondato e va pertanto rigettato.

2. Con il primo motivo, concernente la posizione dei giudici che hanno reso
l’ordinanza impugnata, non si svolgono rilievi idonei a smentire il condivisibile
orientamento della giurisprudenza di legittimità che esclude, poiché non previste
dalle tassative disposizioni in materia, incompatibilità dovute alla pronuncia
emessa in ordine ad altra precedente istanza di ricusazione (Sez. 1, n. 13561 del
10/03/2010, Rv. 246836; Sez. 5, n. 6010 del 05/02/1999, Rv. 213519).
Si pongono piuttosto questioni di costituzionalità sulla base del presupposto
però manifestamente erroneo secondo cui si tratterebbe della medesima istanza
di ricusazione già decisa, mentre ogni istanza di ricusazione ha natura autonoma
e, per risultare ammissibile, non può che introdurre nuovi elementi da valutare.
Nella specie appunto si tratta di una nuova istanza riguardante le condizioni
di trattazione del procedimento dopo il nuovo annullamento, sicché neppure è
dato comprendere a quale pregiudizio dovuto a precedenti altre decisioni ci si
riferisca per configurare in termini di rilevanza la questione di costituzionalità.
Il motivo risulta, pertanto, inammissibile giacché manifestamente infondato.

3. Quanto agli altri due motivi, occorre premettere che la documentazione
allegata parrebbe accreditare la ricostruzione secondo cui l’istanza di revisione
sulla quale avrebbe dovuto provvedersi sia la stessa in precedenza dichiarata
inammissibile con provvedimento annullato con rinvio dalla Corte di Cassazione
con l’indicata sentenza n. 59421 del 2016, intervenuta dopo altre pronunzie di
annullamento precedentemente emesse dalla medesima Corte di Cassazione.
La sentenza n. 59421 del 2016 ha disposto l’annullamento rilevando che
l’ordinanza di inammissibilità dell’istanza di revisione da ultimo emessa dalla
Corte di appello di Potenza in data 29 maggio 2015, era viziata in quanto, una

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con la quale sono state ribadite alcune delle osservazioni già svolte nel ricorso.

volta richiesto ed acquisito il parere del Procuratore Generale in ordine alla
richiesta, non si era proceduto, come invece avrebbe dovuto farsi, a notificare
tale parere alla difesa prima di provvedere; sicché in sede di rinvio si sarebbe
dovuto comunque preliminarmente procedere all’adempimento di cui trattasi.
A ciò si è poi dato corso attraverso una disposizione impartita dalla Corte di
appello di Potenza in cui compare fra i componenti anche uno dei giudici ricusati.
Ciò non toglie, tuttavia, che di mero adempimento di cancelleria si è trattato
per seguire una procedura già segnata dalla precedente trasmissione dell’istanza

Nessuna giudizio veniva in tal modo espresso in ordine alle determinazioni che
avrebbero potuto assumersi sull’istanza e anzitutto circa la possibilità o meno
che la stessa fosse in seguito da dichiarare inammissibile. Conseguentemente,
quell’adempimento non solo non era idoneo ad esprimere l’esercizio di
valutazioni decisionali, ma neppure poteva avere alcuna refluenza in ordine alla
composizione del collegio che solamente in seguito sarebbe stato chiamato a
provvedere, dopo la rituale notifica, in qualsiasi sua possibile composizione.
Del resto, il ricorso neppure iliustra che si sia successivamente provveduto a
dichiarare l’inammissibilità e tanto meno che lo abbia fatto un collegio composto
da taluno dei giudici indicati, limitandosi al riguardo ad affermare genericamente
che «il procedimento di revisione risulta pendente davanti i medesimi giudici».
Ciò posto, anche considerando quanto sopra rilevato in ordine al pregresso
iter del procedimento, rimane non smentita l’osservazione che si è proceduto ad
una ricusazione di un cospicuo numero di giudici nessuno dei quali ancora
individuabile come componente del collegio che avrebbe poi dovuto decidere pur
nella fase preliminare in ordine all’ammissibilità o meno della chiesta revisione.
Dunque, per ciò solo la dichiarazione di ricusazione è stata correttamente
dichiarata inammissibile in quanto manifestamente infondata, trattandosi di
richiesta rivolta indiscriminatamente verso diversi giudici che solo secondo
quanto affermato dall’istante avrebbero potuto costituire il collegio chiamato a
prendere decisioni (fra le altre, Sez. 2, n. 29736 del 12/06/2001, Rv. 219631).
Corre l’obbligo di precisare che, una volta intervenuta la dichiarazione de
plano di inammissibilità dell’istanza di revisione, alla parte che intende far valere
l’incompatibilità di uno dei giudici che abbia effettivamente composto il collegio
che l’ha pronunziata non rimane preclusa l’istanza di ricusazione, poiché in tal
caso il termine per proporla, secondo i principi fissati dal comma 2 dell’art. 38,
cod. proc. pen., non può che iniziare a decorrere dal momento in cui attraverso
l’effettiva conoscenza del provvedimento, prima non consentita, diviene possibile
individuare il concretizzarsi di quella stessa incompatibilità che con la ricusazione /
si vuole lamentate (in tal senso, Sez. 2, n. 5337 del 22/09/1998, Rv. 211665).

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al pubblico ministero e dall’acquisizione del parere formulato da quest’ultimo.

E ciò senza alcun pregiudizio avuto riguardo agli effetti del provvedimento,
che infatti, in caso di accoglimento della richiesta, potrebbero venire meno in
ragione delle determinazioni ai sensi dei comma 2 dell’art. 42, cod. proc. pen.
Alla stregua delle considerazioni che precedono, pertanto, tutti i rilievi mossi
con il secondo e terzo motivo risultano destituiti di fondamento, anche quando
prospettano questioni di costituzionalità, le quali peraltro già per effetto
dell’inammissibilità dell’istanza di ricusazione risultano in questa sede irrilevanti.

pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 18 gennaio 2018

4. Il ricorso va dunque rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al

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