Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16339 del 12/01/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 16339 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
VIOTTI CLAUDIO N. IL 12/09/1988
RICATTI GIANLUCA N. IL 17/12/1989
avverso la sentenza n. 573/2015 CORTE APPELLO di MILANO, del
08/04/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

Data Udienza: 12/01/2016

RITENUTO IN FATTO
– che gli imputati CLAUDIO VIOTTI e GIANLUCA RICATTI, in atti generalizzati, ricorrono
contro la sentenza indicata in epigrafe (che ne ha confermato la condanna riportata in primo
grado per i reati di rapina aggravata ed altro alla pena ritenuta di giustizia dal primo giudice),
lamentando congiuntamente vizio di motivazione quanto all’affermazione di responsabilità;
– che, all’odierna udienza camerale, celebrata ex artt. 610, comma 1, e 611, comma 1,

da dispositivo in atti;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di specificità in
tutte le sue articolazioni e del tutto assertivo: i ricorrenti in concreto non si confrontano
adeguatamente con la motivazione della Corte di appello (che ripropone legittimamente le
considerazioni del primo giudice, condivise perché suffragate dagli elementi acquisiti,
valorizzando le dichiarazioni dei testi AMORE – persona offesa -, CASSONE – carabiniere
libero dal servizio e testimone oculare -, ed ONORI – m.11o intervenuto a seguito dell’allarme
dato dal CASSONE, ritenute attendibili e concordi, ed evidenziando motivatamente
l’implausibilità della versione alternativa dei fatti proposta dalla difesa), limitandosi
inammissibilmente a sollecitare una rivalutazione del materiale probatorio acquisito e valutato
conformemente dai due giudici del merito;
– che questa Corte, con orientamento (Sez. IV, sentenza n. 19710 del 3.2.2009, CED
Cass. n. 243636) che il collegio condivide e ribadisce, ha osservato che, in presenza di una
c.d. “doppia conforme”, ovvero di una doppia pronuncia di eguale segno (nel caso di specie,
riguardante l’affermazione di responsabilità), il vizio di travisamento della prova può essere
rilevato in sede di legittimità solo nel caso in cui il ricorrente rappresenti (con specifica
deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente travisato è stato per la prima volta
introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione del provvedimento di secondo grado
(«Invero, sebbene in tema di giudizio di Cassazione, in forza della novella dell’art. 606
c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. n. 46 del 2006, è ora sindacabile il vizio di
travisamento della prova, che si ha quando nella motivazione si fa uso di un’informazione
rilevante che non esiste nel processo, o quando si omette la valutazione di una prova
decisiva, esso può essere fatto valere nell’ipotesi in cui l’impugnata decisione abbia riformato
quella di primo grado, non potendo, nel caso di c.d. doppia conforme, superarsi il limite del
“devolutum” con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il giudice d’appello per
rispondere alla critiche dei motivi di gravame, abbia richiamato atti a contenuto prob torio
non esaminati dal primo giudice»);

c.p.p., il collegio ha preso atto della regolarità degli avvisi di rito, ed all’esito ha deciso come

- che, nel caso di specie, al contrario, la Corte di appello ha riesaminato e valorizzato lo
stesso compendio probatorio già sottoposto al vaglio del Tribunale e, dopo avere preso atto
delle censure dell’appellante, è giunto alla medesima conclusione in termini di sussistenza
della responsabilità dell’imputato;
– che, in concreto, i ricorrenti si limitano a reiterare le doglianze già sconfessate dalla
Corte di appello e riproporre la propria diversa “lettura” delle risultanze probatorie acquisite,
fondata su mere ed indimostrate congetture, senza documentare nei modi di rito eventuali

– che la declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo
evidente che essi hanno proposto il ricorso determinando le causa di inammissibilità per colpa
(Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186), e tenuto conto della rilevante entità delle rispettive
colpe – della somma di Euro mille ciascuno in favore della Cassa delle Ammende a titolo di
sanzione pecuniaria;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
processuali e ciascuno al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 12 gennaio 2016
Il com

nente estensore

Il Presidente

travisamenti delle prove valorizzate;

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA