Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16336 del 14/09/2017


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16336 Anno 2018
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: ESPOSITO ALDO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PRINCI ANTONINO, n. il 06/03/1971;
avverso l’ordinanza n. 233/2017 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA, del
27/03/2017;
visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso;
udita in camera di consiglio la relazione fatta dal Consigliere dott. Aldo Esposito;
udite le conclusioni del Procuratore generale, in persona della dott.ssa Maria
Francesca Loy, che ha chiesto disporsi l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito per il ricorrente l’avv. Ugo Singarella e l’avv. Giovanni Aricò, che hanno
chiesto l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 14/09/2017

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RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 27/03/2017 il Tribunale di Reggio Calabria, in funzione di
giudice del riesame, ha rigettato il ricorso proposto ai sensi dell’art. 309 cod. proc.
pen. nell’interesse di Princi Antonino avverso l’ordinanza del G.I.P. del medesimo
ufficio del 01/08/2016 di applicazione della custodia in carcere in ordine ai reati di
cui agli artt. 56 e 575, 575, 2 ss. L. n. 895 del 1967, aggravati ex art. 7 D.L. n. 152

cidio di Polimeni Domenico, e connessi reati in materia di armi, in concorso con Falcone Antonio e con Falcone Giuseppe, aggravati dal fine di agevolare la cosca di Calanna e avvalendosi delle condizioni di cui all’art. 416 bis cod. pen. – capi F, G, H ed
I).
Il Tribunale del riesame ha richiamato e recepito la decisione del G.I.P., confermando l’esistenza di un grave quadro indiziario a carico dell’indagato.
1.1. Sulla scorta delle investigazioni condotte e delle dichiarazioni rese da Giuseppe Greco, il Tribunale ha ritenuto insorta nell’ambito del clan ‘ndranghetistico
dei Greco di Calanna una faida interna tra due fazioni contrapposte, a seguito
dell’assunzione da parte di Antonino Princi del controllo sulle attività criminali della
zona, avvenuta durante l’assenza di Greco Giuseppe, già a capo della cosca omonima in luogo del defunto genitore Greco Francesco e tratto in arresto nell’ambito
dell’operazione denominata “Meta”, quindi divenuto collaboratore di giustizia nel periodo dal 2011 al maggio 2015 sino a quando aveva abbandonato la località ove si
era trovato in regime di arresti domiciliari.
Secondo il Tribunale, costui, per contrastare il Princi, con la collaborazione di alcuni suoi sodali ed in specie di Domenico Provenzano, ne aveva organizzato la soppressione nel corso di azione compiuta a colpi di arma da fuoco il 9 febbraio 2016,
che però non era riuscita; il Princi, per reazione, aveva a sua volta predisposto un
agguato, avvenuto il 3 aprile 2016 in c.da Sotira di Sambatello, presso un edificio
rurale occupato da Domenico Polimeni, dalla sua compagna e da Giuseppe Greco,
nel corso del quale sotto i colpi di fucile esplosi era rimasto ucciso il Polimeni, mentre il Greco aveva riportato ferite non letali e gli autori della sparatoria si erano dati
alla fuga a piedi per le campagne circostanti.
A seguito delle dichiarazioni rilasciate dal Greco, ritenute utilizzabili, perché rese
in un momento nel quale non erano ancora emersi indizi di reità del suo coinvolgimento nel tentato omicidio del Princi, si era appreso che egli aveva fatto rientro in
Calabria il venerdì precedente, era stato alloggiato presso il Polimeni e la di lui
compagna, in attesa di poter incontrare tale Fortunato Rugolino, contattato per il
tramite dei fratelli Antonio e Giuseppe Falcone, unici a conoscenza della sua pre-

del 1991 ed altro (tentato omicidio nei confronti di Greco Giuseppe, cl. 1960, e omi-

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senza in loco, al fine di chiarire la sua estraneità attentato omicidio del Princi ed il
mancato pentimento.
Il Greco descriveva altresì l’ascesa del Princi nella cosca e la sua intenzione di estendere il controllo sul territorio di Calanna, poi effettivamente concretizzatosi, e
gli ottimi rapporti tra il Princi e i fratelli Falcone.
I riscontri alla sua narrazione erano rinvenuti:
– nelle dichiarazioni di Galyna Boborykina, compagna del Polimeni, la quale ave-

stante all’interno dell’alloggio e l’attesa la sera dell’agguato dell’arrivo di qualcuno
che doveva recarsi a fargli visita, nonché l’assenza del rumore di veicoli allontanatisi dal luogo dopo la sparatoria, circostanza indicativa della fuga a piedi degli attentatori;
– nella conversazione intercettata in data 29 aprile 2016, nella quale il Greco al
personale del servizio di protezione aveva ribadito che soltanto suo cugino, ossia il
Princi, era a conoscenza del percorso da effettuare per raggiungere l’abitazione rurale;
– nelle ammissioni del Greco di cui alle conversazioni ambientali del 30 aprile
2016, circa il suo coinvolgimento nella sparatoria contro il Princi e ribadito di essere
stato tradito da quanti avrebbero dovuto organizzare un incontro pacificatore e, invece, avevano rivelato allo “sceriffo” (soprannome del Princi) il suo nascondiglio,
consentendogli di inviargli dei professionisti;
– nella conversazione intercettata n. 4 del 13 aprile 2016, in cui Mazzacua Giuseppe (zio del Greco) e la moglie Musolino Maria palesavano una conoscenza approfondita dei fatti, compresi i movimenti e le abitudini del Greco, confermavano
l’esistenza di uno scontro interno al clan e disvelavano la convinzione secondo cui il
Princi aveva attentato alla vita del Greco;
– nell’irreperibilità volontaria del Princi che dall’aprile 2016 aveva cessato di fare
uso dell’utenza attivata nel febbraio 2016 e sin dai giorni successivi all’attentato
subito si era eclissato;
– nel movente del Princi, consistente nella reazione al tentativo del Greco di eliminarlo;
– nell’atteggiamento reticente assunto dal Princi, che non manifestava segni di
agitazione dopo essere stato vittima di un violento inseguimento, tanto da non
sporgere denunzia per tale episodio e da disfarsi del telefonino in suo possesso.

2. Il Princi, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per Cassazione avverso ordinanza del Tribunale del riesame sulla base dei motivi di impugnazione di seguito indicati.

va confermato il suo arrivo nella data dallo stesso indicata, la sua permanenza co-

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2.1. Violazione degli artt. 63 e 191 cod. proc. pen., 56, 575 cod. pen. e 7 D.L. n.
152 del 1991 e vizio di motivazione.
Ad avviso del ricorrente, il Tribunale ha erroneamente svilito la rilevanza delle risultanze di cui all’intercettazione ambientale n. 393 del 29/02/2016, intercorsa tra
Princi Domenico e Santoro Domenico, già a conoscenza degli investigatori.
Nel corso della conversazione, infatti, emergevano sufficienti riferimenti indiziari
a carico del Greco, il quale secondo il Santoro, sarebbe stato presente sul territorio

volta, esternava il proprio convincimento in relazione alla responsabilità del Greco
per il ferimento del germano Antonino. Tale captazione era ritenuta emblematica
dello scontro interno allo schieramento di mafia. Inoltre, nell’ordinanza custodiale
erano condivise le deduzioni investigative, che individuavano nel riferimento al
“Peppe”, visto sul territorio a bordo di una Fiat 500 nera, Greco Giuseppe.
Il ricorrente sostiene che, in base al refuso dell’ordinanza del Tribunale,
l’immediata certezza investigativa degrada in mera plausibilità e che sussiste la violazione del disposto di cui all’art. 63, comma 2, cod. proc. pen., laddove
nell’ordinanza impugnata è affermato che, nell’ambito del procedimento all’epoca
separato a carico di Princi Antonino, non era emersa la figura del Greco quale autore del grave episodio criminale.
2.2. Violazione degli artt. 273, 192 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e
vizio di motivazione.
Il ricorrente deduce che l’ordinanza si è limitata ad una mera rilettura del provvedimento del G.I.P., non ha operato una concreta ed autonoma critica degli elementi indiziari rappresentati dalle sole dichiarazioni congetturali del Greco e non ha
individuato riscontri individualizzanti a carico del Princi.
In particolare, i presunti elementi di riscontro attenevano a elementi avulsi dal
fatto che si intendeva dimostrare: a) l’assenza di denuncia del Princi per l’episodio
del 09/02/2016; b) la disponibilità di un’utenza Wind attiva anche successivamente
al 03/04/2016; c) lo stato di irreperibilità del Princi, in realtà non recatosi al lavoro
sin dal 09/02/2016 per timore per la propria incolumità personale; d) la natura
congetturale del presunto riscontro derivante dalle captazioni tra gli ottuagenari zii
del Greco.
2.3. Violazione degli artt. 273, 192 e 546, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. e
vizio di motivazione, per omessa verifica della credibilità e dell’attendibilità del collaboratore Greco.
Ad avviso della difesa, il Greco era affetto da patologie psichiatriche e aveva effettuato una chiamata in reità, nonostante, sin dal momento dell’arresto disposto
nel 2010, non avesse visto gli esecutori materiali e non avesse incontrato il Princi;

in epoca prossima al tentato omicidio in danno del Princi (capo a). Il Princi, a sua

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egli, peraltro, profferiva conclamate falsità in ordine alla propria responsabilità per il
tentato omicidio ai danni del Princi.
La difesa rinviene un’ulteriore incertezza nel ruolo ricoperto dal Princi, indicato
quale esecutore materiale dal Greco, ma come mandante nella provvisoria incolpazione.

Il ricorso è fondato.

1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
L’eccezione d’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese da Greco Giuseppe va respinta; risulta decisivo, almeno allo stato delle acquisizioni, il rilievo operato dal Tribunale del riesame, per cui al momento della sua audizione, il giorno seguente all’agguato ed il suo ferimento non letale, egli non era indagato quale responsabile del
tentato omicidio di Princi Antonino, tanto che il relativo procedimento era iscritto
nel registro ignoti e che la conversazione del 29 febbraio 2016 tra Princi Domenico
e Santoro Domenico nel passaggio in cui si era citato tale “Peppe… che sale da
Sambatello…”, anche a volerlo considerare riferito a Greco Giuseppe, non ne esplicita in modo apprezzabile il coinvolgimento quale autore dell’azione criminosa in danno del Princi.
Pertanto, il mero sospetto o l’intuizione soggettiva dell’inquirente, non suffragati
da dati concreti e da precise emergenze investigative – tale non essendo il dialogo
intercettato richiamato anche in ricorso per le ragioni plausibili indicate dal Tribunale – non consente di ritenere che il Greco sin da un momento antecedente al 4 aprile 2016 avesse già assunto la veste sostanziale, certamente non formale, di indagato in ordine al tentato omicidio del Princi e quindi che egli dovesse essere interrogato in presenza di un difensore e con gli avvertimenti di cui all’art. 64 cod. proc.
pen..
In tal modo, il Collegio del riesame si è allineato ai principi enunciati da questa
Corte e ne ha offerto congrua giustificazione, sicché l’ordinanza in verifica non è suscettibile di censura sul punto.
Questa Corte nell’orientamento ormai prevalente ha affermato che l’inutilizzabilità assoluta, ai sensi dell’art. 63, comma secondo, cod. proc. pen., delle dichiarazioni rese da soggetti i quali fin dall’inizio avrebbero dovuto essere sentiti in qualità di
imputati o di persone sottoposte a indagini, pretende che a loro carico emerga l’originaria esistenza di precisi, anche se non gravi, indizi di reità, condizione non può
automaticamente farsi derivare dal solo fatto che i dichiaranti risultino essere stati
in qualche modo coinvolti in vicende potenzialmente suscettibili di dar luogo alla

CONSIDERATO IN DIRITTO

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formulazione di addebiti penali a loro carico (Sez. 1, n. 21342 dell’11/04/2017, Falcone, non massimata; Sez. 2, n. 51732 del 19/11/2013, Carta, Rv. 258109; Sez.
U, n. 23868 del 23/04/2009, Fruci, Rv. 243417).
Pertanto, quando si ponga la necessità di verificare in ordine ad una prova dichiarativa la qualità del soggetto dichiarante, spetta al giudice il potere di verificare
in termini sostanziali, non soltanto mediante riscontro di indici formali, quali l’eventuale già intervenuta iscrizione nominativa nel registro delle notizie di reato, l’attri-

stesse vengano rese, e il relativo accertamento si sottrae, se congruamente motivato, al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 15208 del 25/02/2010, Mills, Rv. 246584;
Sez. 6, n. 20098 del 19/04/2016, Scalisi, Rv. 267129).
Non sarà rilevante a tal fine che in un momento successivo a suo carico si acquisiscano elementi indicativi di colpevolezza e l’assunzione della condizione di indagato o imputato, stante la vigenza del principio di conservazione degli atti e della regola, ad esso connessa, del tempus regit actum (Sez. U, n. 33583 del 26/03/2015,
Lo Presti, Rv. 264482).

2. Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono fondati.
Bisogna preliminarmente precisare in diritto che compito del giudice di merito è
quello di fornire una ricostruzione non inficiata da manifeste illogicità e non fondata
su base meramente congetturale in assenza di riferimenti individualizzanti, o sostenuta da riferimenti palesemente inadeguati; sussiste il sindacato di legittimità in ordine alla verifica della correttezza del ragionamento probatorio (Sez. 4, n. 48320
del 12/11/2009, Durante, Rv. 245880).
La Suprema Corte, senza potersi occupare direttamente del materiale indiziario,
la cui verifica diretta comporterebbe sconfinamenti indebiti nella ricostruzione del
fatto di reato, compìto esclusivo del giudice di merito, deve esercitare il proprio sindacato con riguardo alla articolazione logica e giuridica della motivazione del provvedimento impugnato, per poterne verificare la corretta applicazione dei criteri legali dettati dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., delle regole della logica e del
principio di non contraddizione, nonché la compiutezza e coerenza argomentativa
nella considerazione della valenza dimostrativa dei risultati probatori (Sez. 1, n.
44324 del 18/04/2013, Stasi, Rv. 258321; Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944).
In linea di principio, peraltro, la valutazione dei gravi indizi di reità, quale presupposto indefettibile per la sottoposizione a cautela personale, si risolve nella formulazione del giudizio di elevata probabilità di condanna dell’indagato in ordine al
fatto di reato addebitatogli e deve tenere conto delle caratteristiche del singolo elemento acquisito, della sua specifica capacità dimostrativa, degli accorgimenti

buibilità allo stesso della qualità di indagato nel momento in cui le dichiarazioni

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normativi imposti per la valida utilizzazione probatoria di quell’elemento in relazione
alla sua natura.
Per quanto il giudizio cautelare di tipo prognostico, avendo finalità interinale,
strumentale al procedimento principale, non debba necessariamente osservare le
regole ed i principi dettati dall’ art. 533 cod. proc. pen., comma 1, compreso l’obbligo di superare ogni ragionevole dubbio, ciò nonostante, non può ignorare l’eventuale incertezza e contraddittorietà dei dati probatori e si deve estendere alla verifi-

la responsabilità secondo le regole proprie di quella fase (Sez. 1, n. 16029 del
27/01/2016, Mautone, Rv. 266622; Sez. 1, n. 19759 del 17/05/2011, Misseri, Rv.
250243).
Conferma se ne trae dal disposto dell’art. 273 cod. proc. pen., comma 2, che impone anche in sede cautelare l’osservanza delle disposizioni dettate dagli artt. 192,
comma 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271 comma 1, cod. proc. pen..
Tali principi, applicati in riferimento alle dichiarazioni rese dal soggetto passivo
del reato, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. U.,
n. 41461 del 19/07/2012, Bell’Arte, Rv. 253214), pretendono che sin dalla fase
cautelare il giudice di merito, pur non dovendo verificare l’acquisizione di elementi
oggettivi di riscontro, conduca l’attenta verifica del portato conoscitivo della fonte
nei suoi aspetti di credibilità soggettiva e attendibilità intrinseca del racconto, al fine
di scongiurare versioni dei fatti non veritiere o frutto di convincimenti opinabili e
non rispondenti al reale svolgimento dei fatti.
Tali indicazioni di principio non risultano essere state correttamente considerate
e rispettate dal giudice cautelare.
Dallo stesso apparato giustificativo del provvedimento emerge, invero, che il
Greco, nel corso dell’episodio delittuoso del 3 aprile 2016, per l’oscurità e lo stato
dei luoghi, non riusciva a scorgere le fattezze dello sparatore che aveva aperto il
fuoco, uccidendo il Polimeni e ferendo lui stesso, e che l’indicazione del Princi quale
mandante e dei Falcone quali esecutori era stata mero frutto di considerazioni personali, deduttivamente ricavate da alcune circostanze di fatto riferite, ossia dalla
conoscenza da parte soltanto di costoro del luogo ove egli era alloggiato, dall’incarico loro affidato di organizzare un incontro col Rugolino e dalla forte ostilità nutrita
da Antonino Princi nei suoi confronti.
Anche dalle richiamate conversazioni del Greco sottoposte a intercettazione emerge la medesima convinzione personale del predetto, unitamente ai forti motivi
di contrasto col Princi, che il Tribunale non ha, peraltro, adeguatamente valutato ai
fini di un compiuto giudizio complessivo sul materiale indiziario.
Analoga convinzione puramente soggettiva si rinviene nella conversazione intercorsa fra gli anziani zii del Greco.

ca circa la possibilità di fare uso degli elementi di prova raccolti per la decisione sul-

Trasmessa copia ex art. 23
n. 1 ter L. 8-8-95 n. 332

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5
‘Roma, lì _1122 21_
Quanto agli ulteriori elementi addotti a conforto dell’accusa, non se ne può non
rilevare l’oggettiva ambiguità: il mancato utilizzo dell’utenza cellulare 3285624862
si era in effetti verificato anche prima dei fatti del 3 aprile 2016; l’irreperibilità del
ricorrente, non ricostruita con precisione riguardo al suo momento iniziale, non può
essere valutata indipendentemente dalla oggettiva preesistente situiazione di grave
contrasto con il Greco.
La circostanza, infine, che solo i Falcone e il Princi conoscessero il luogo dove si

autonomi (così come la rappresentata esistenza di rapporti stretti tra i Falcone e il
ricorrente) e, dall’altro, oltre a poter essere anch’essa frutto di un ‘orientamento’
soggettivo della vittima, non è certamente esclusiva di una possibile, magari involontaria, diffusione della notizia stessa a terzi.

3. Consegue da quanto sopra l’incompiutezza giuridica e logica dell’ordinanza
impugnata, che va, pertanto, annullata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria,
che procederà a nuova valutazione dell’istanza di riesame dell’indagato tenendo
conto dei principi e dei rilievi sopra esposti.

P. Q. M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale del riesame
di Reggio Calabria con integrale trasmissione degli atti.
Dispone trasmettersi a cura della Cancelleria copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto Penitenziario ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc.
pen..
Così deciso in Roma il 14 settembre 2017.

Il Consigliere estensore
Aldo posi
E

..

trovava il Greco, riferita solo da quest’ultimo, da un lato non ha trovato riscontri

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