Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16329 del 18/01/2018


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 16329 Anno 2018
Presidente: NOVIK ADET TONI
Relatore: DI GIURO GAETANO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CORONA MARIA nato il 14/12/1944 a SAN VITO DEI NORMANNI

avverso la sentenza del 25/01/2017 del TRIBUNALE di CATANZARO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GAETANO DI GIURO
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIOVANNI DI
LEO
che ha concluso per
Il P.G. chiede l’annullamento senza rinvio.
Udito il d’ nsore

Data Udienza: 18/01/2018

RILEVATO IN FATTO

1.

Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Catanzaro in

composizione monocratica ha dichiarato Corona Maria responsabile del reato di
cui all’art. 650 cod. pen. – per non aver ottemperato agli obblighi imposti ai fini
della pubblica incolumità con l’ordinanza del 4.4.2012 del Responsabile dell’Area
Tecnica del Comune di Botricello, debitamente notificatale, e quindi per non
avere osservato detto provvedimento della pubblica autorità – e, previa

euro 138,00 di ammenda.
2.

Avverso tale sentenza Corona Maria ricorre, tramite il proprio difensore,

per cassazione.
2.1. Col primo motivo lamenta violazione dell’art. 650 cod. pen. e vizio di
motivazione. La difesa rileva di avere evidenziato il carattere residuale e
sussidiario della fattispecie penale oggetto di contestazione, che non troverebbe
applicazione nel caso specifico, in presenza di una normativa quale quella edilizia
e di specifiche sanzioni amministrative. Sottolinea come dalla stessa ordinanza e
dal successivo sollecito effettuato dal Comune fosse prevista per l’ipotesi di
inottemperanza, come sanzione, l’esecuzione dei lavori d’ufficio con addebito
delle spese all’imputata. Si duole, quindi, che il giudicante, incurante di ciò,
abbia pronunciato condanna, configurando il rimedio previsto dall’ordinanza e
precisamente l’esecuzione d’ufficio dei lavori da parte della P.A. come
riconducibile ad un dovere della stessa, finalizzato alla tutela della pubblica e
privata incolumità in caso di inerzia del privato.
2.2. Col secondo motivo la difesa lamenta carenza di motivazione in ordine
alla quantificazione della pena. In particolare rileva come non si giustifichi, alla
luce dell’incensuratezza dell’imputata e del concreto disvalore del fatto,
l’irrogazione dell’ammenda nella massima misura, poi diminuita per le
circostanze attenuanti generiche.
Il difensore insiste, alla luce di tali motivi, per l’annullamento della sentenza
impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1.Inammissibile,•in quanto manifestamente infondato oltre che aspecifico,
è il primo motivo di impugnazione.
Invero, dettagliata è la motivazione della sentenza impugnata, in fatto e in
diritto, sia sui presupposti della fattispecie contravvenzionale di cui all’ art. 650
2

concessione delle circostanze attenuanti generiche, l’ ha condannata alla pena di

cod. pen., sia sulla ricorrenza, nel caso specifico, dell’ elemento oggettivo e
dell’elemento soggettivo del reato contestato. In essa si evidenzia : – che
“diversamente da quanto sostenuto dalla difesa l’avvertimento, contenuto nell’
Ordinanza dell’aprile 2012 e nel sollecito del settembre 2012, che in caso di
inottemperanza all’ordine si sarebbe proceduto comunque all’esecuzione dei
lavori di demolizione e messa in sicurezza del balcone addebitando le spese a
carico della imputata non costituisce sanzione derivante dalla violazione di una
diversa ed autonoma disposizione normativa”; che trattasi “semplicemente

pericolo per la pubblica e privata incolumità anche nel caso di inerzia del
soggetto primariamente tenuto a farlo”; che “soprattutto l’effettuazione dei
lavori da parte del Comune con addebito delle spese non costituisce violazione di
altra disposizione normativa civile o amministrativa” e “non vale dunque ad
escludere la penale responsabilità dell’imputata il principio della natura
sussidiaria del reato in contestazione che nel caso di specie risulta del tutto
inoperante”.
Le appena riportate argomentazioni risultano scevre da vizi logici e giuridici.
Anzi, laddove evidenziano la coesistenza, nel caso specifico, di un obbligo del
privato penalmente sanzionato ex art. 650 cod. pen. e di un dovere di intervento
della P.A. per la pubblica e privata incolumità nel caso di inerzia del privato,
conformi al consolidato orientamento giurisprudenziale di questa Corte sulla
natura della fattispecie di cui all’art. 650 cod. pen.. Secondo cui, in tema di
inosservanza di provvedimento dell’autorità, la disposizione di cui all’art. 650
cod. pen. è norma di natura sussidiaria, che trova applicazione solo quando
l’inosservanza del provvedimento dell’autorità non sia sanzionata da alcuna
norma, penale o processuale o amministrativa (si veda per tutte Sez. 1, n.
44126 del 19/04/2016 – dep. 18/10/2016, Azzarone, Rv. 268288 : in
applicazione del principio la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di
condanna dell’imputato, in quanto la condotta in contestazione – inosservanza di
un provvedimento sindacale di rimozione di un cartello avente la dicitura “passo
carrabile” illegalmente apposto – costituisce violazione sanzionata
amministrativamente dall’art. 22 del codice della strada). Circostanza, che viene,
invero, esclusa nel caso in esame, in cui risulta ben individuata la natura
dell’esecuzione coattiva dei lavori intimati e ne viene esclusa un’assorbente
portata sanzionatoria.
A fronte di tale

iter logico argomentativo, la difesa torna sui rilievi

palesemente infondati con cui già risulta essersi confrontata la sentenza
impugnata, incorrendo in tal modo anche nell’ aspecificità.

3

dell’adempimento da parte della P.A. del dovere di rimuovere situazioni di

1.2. Inammissibile è il secondo motivo di impugnazione, in quanto invita ad
una rivalutazione in fatto non consentita in questa sede, a fronte di una
motivazione che, pur valorizzando l’incensuratezza dell’imputata nel riconoscerle
le circostanze attenuanti generiche, ritiene adeguata una pena base pari al
massimo edittale in considerazione dell’entità della violazione (“per meglio
adeguare la pena al caso concreto”).
Si osserva, invero, che la valutazione attinente ad aspetti che rientrano nel
potere discrezionale del giudice di merito, esercitato congruamente, logicamente

motivazionale da soddisfare non richiede necessariamente l’esame di tutti i
parametri fissati dall’art. 133 cod. pen., si sottrae alle censure che reclamino una
rivalutazione in fatto di elementi già oggetto di apprezzamento ovvero la
valorizzazione di elementi che si assume essere stati indebitamente pretermessi
nella considerazione del giudice impugnato.
2. Il ricorso proposto nell’interesse di Corona Maria deve essere, pertanto,
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al
pagamento delle spese processuali e, non ricorrendo ipotesi di esonero, al
versamento di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in 2.000,00
euro, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro duemila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2018.

ed anche in coerenza con il principio di diritto secondo il quale l’onere

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