Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16327 del 12/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16327 Anno 2016
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: BELTRANI SERGIO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DIOUF OUSMANE N. IL 10/05/1979
avverso la sentenza n. 1848/2012 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 17/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI;

r

Data Udienza: 12/01/2016

RITENUTO IN FATTO
– che l’imputato DIOUF OUSMANE, in atti generalizzato, ricorre contro la sentenza indicata
in epigrafe (che ne ha confermato la condanna riportata in primo grado per i reati di cui agli
artt. 474 e 648 c.p. alla pena ritenuta di giustizia dal primo giudice), lamentando violazione di
legge quanto all’affermazione di responsabilità, alla sussistenza degli elementi costitutivi dei
reati ipotizzati, al diniego delle attenuanti generiche;

c.p.p., il collegio ha preso atto della regolarità degli avvisi di rito, ed all’esito ha deciso come
da dispositivo in atti;
CONSIDERATO IN DIRITTO
– che il ricorso è integralmente inammissibile perché assolutamente privo di specificità in
tutte le sue articolazioni (reiterando, più o meno pedissequamente, censure già dedotte in
appello e già non accolte: Sez. IV, sentenza n. 15497 del 22 febbraio – 24 aprile 2002, CED
Cass. n. 221693; Sez. VI, sentenza n. 34521 del 27 giugno – 8 agosto 2013, CED Cass. n.
256133), del tutto assertivo e, comunque, manifestamente infondato, a fronte dei rilievi con i
quali la Corte di appello – con argomentazioni giuridicamente corrette, nonché esaurienti,
logiche e non contraddittorie, e, pertanto, esenti da vizi rilevabili in questa sede – ha
motivato:
– l’affermazione di responsabilità in ordine ai reati ritenuti valorizzando l’accertata – e
neanche negata – disponibilità della merce contraffatta in sequestro, esposta per la vendita,
della quale non giustificava la provenienza. In tal modo, la Corte di appello si è correttamente
conformata – quanto alla qualificazione giuridica dei fatti accertati – al consolidato
orientamento di questa Corte di legittimità (da ultimo, Sez. V, sentenza n. 5260 dell’Il
dicembre 2013, dep. 3 febbraio 2014, CED Cass. n. 258722), per la quale integra il delitto di
cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto
senza che abbia rilievo la configurabilità della contraffazione )! rì.ì, considerato che l’art.
474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera determinazione
dell’acquirente, ma la fede pubblica, intesa come affidamento dei cittadini nei marchi e segni
distintivi, che individuano le opere dell’ingegno e i prodotti industriali e ne garantiscono la
circolazione anche a tutela del titolare del marchio; si tratta, pertanto, di un reato di pericolo,
per la cui configurazione non occorre la realizzazione dell’inganno non ricorrendo quindi
l’ipotesi del reato impossibile qualora la grossolanità della contraffazione e le condizioni di
vendita siano tali da escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno. Si è
anche chiarito (Sez. II, sentenza n. 12452 del 4 marzo 2008, CED Cass. n. 239745) che il
delitto di ricettazione (art. 648 cod. pen.) e quello di commercio di prodotti con segni falsi
(art. 474 cod. pen.) possono concorrere, atteso che le fattispecie incriminatrici descrivono

– che, all’odierna udienza camerale, celebrata ex artt. 610, comma 1, e 611, comma 1,

condotte diverse sotto il profilo strutturale e cronologico, tra le quali non può configurarsi un
rapporto di specialità, e che non risulta dal sistema una diversa volontà espressa o implicita
del legislatore;
– il diniego delle circostanze attenuanti generiche valorizzando i precedenti penali,
numerosi e specifici, in tal modo conformandosi all’orientamento consolidato di questa Corte
di legittimità, per la quale, al fine di ritenere od escludere la configurabilità di circostanze
attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati
dall’art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il

od all’entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può, pertanto, risultare all’uopo
sufficiente (così, da ultimo, Sez. II, sentenza n. 3609 del 18 gennaio – 1° febbraio 2011, CED
Cass. n. 249163);
– che non può porsi in questa sede la questione della declaratoria della prescrizione
eventualmente maturata dopo la sentenza d’appello, in considerazione della totale
inammissibilità del ricorso. La giurisprudenza di questa Corte ha, infatti, più volte chiarito che
l’inammissibilità del ricorso per as , : -, ì(r, «non consente il formarsi di un valido rapporto di
impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non
punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p.»

(Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 32 del 22

novembre 2000, CED Cass. n. 217266: nella specie, l’inammissibilità del ricorso era dovuta
alla manifesta infondatezza dei motivi, e la

del reato era maturata

successivamente alla data della sentenza impugnata con il

=,; conformi, Sez. un.,

sentenza n. 23428 del 2 marzo 2005, CED Cass. n. 231164, e Sez. un., sentenza n. 19601
del 28 febbraio 2008, CED Cass. n. 239400);
– che la declaratoria di inammissibilità totale del ricorso comporta, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché – apparendo
evidente che egli ha proposto il ricorso determinando la causa di inammissibilità per colpa
(Corte cost., 13 giugno 2000 n. 186), e tenuto conto della rilevante entità di detta colpa della somma di Euro mille in favore della Cassa delle Ammende a titolo di sanzione
pecuniaria;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali ed al versamento della somma di mille euro alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, udienza camerale 12 gennaio 2016
Il compo ente estensore

Il Presidente

riconoscimento del beneficio: anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole

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