Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1632 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 1632 Anno 2013
Presidente: MACCHIA ALBERTO
Relatore: RAGO GEPPINO

SENTENZA
su ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE presso la Corte di Appello di Bologna
avverso la sentenza pronunciata in data 08/08/2011 dal giudice delle
indagini preliminari del Tribunale di Reggio Emilia nei confronti di
ANWAR SHAHZAD nato il 08/05/1976;
Visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Geppino Rago;
letta la requisitoria del Procuratore Generale in persona del dott. Vita
D’Ambrosio che ha concluso per l’annullamento con rinvio.
FATTO
1. In data 21/03/2007, il P.M. presso il Tribunale di Reggio
Emilia richiedeva al giudice per le indagini preliminari l’emissione di
un decreto penale di E 2.394,00 nei confronti di ANWAR SHAHZAD
imputato dei delitti di cui agli artt. 483 cod. pen. («per avere, al fine di
commettere il delitto di cui alla lett. b) dichiarato falsamente, in una
autocertificazione fatta ai sensi del dpr 445/2000 di essere cittadino

Data Udienza: 12/12/2012

dell’Unione Europea») e 640/1-2 n° 1 cod. pen. («per essersi, in
violazione della legge finanziaria 2006 che prevede un contributo di
1.000,00 euro per ogni neonato figlio di cittadini italiani e comunitari,
procurato l’ingiusto profitto di tale somma, con corrispondente danno
prodotta alle Poste spa dichiarava, contrariamente al vero, di avere
tale nazionalità»).
2. Con sentenza pronunciata in data 08/08/2011, il giudice per
le indagini preliminari assolveva l’imputato, ex artt. 129-530 cod.
proc. pen. perché i fatti non sussistono.
Rilevava il giudice per le indagini preliminari che il
comportamento tenuto dall’imputato «non integra il reato di truffa
poiché non vi è stata nessuna induzione in errore posto che al
momento della richiesta erano certe le generalità del richiedente e
altrettanto certo che non avesse la cittadinanza né italiana né di altro
membro dell’Unione Europea. Manca, quindi, un elemento costitutivo
della fattispecie poiché è evidente che nessuno è stato tratta in
inganno ma, se si è pagato il contributo, lo si è pagato sapendo
perfettamente che non era dovuto. L’altro reato ipotizzato dal p.m. è
il falso ideologico di cui all’art. 483 cod. pen. La dichiarazione di
avere cittadinanza italiana o comunitaria era certamente falsa, ma è
anche vero che non aveva alcuna concreta idoneità ingannatoria e,
dunque, nessuna capacità di offendere il bene giuridico tutelato della
norma, per le stesse ragioni esposte sopra».
3. Avverso la suddetta sentenza, ha proposto ricorso per
cassazione il P.G. presso la Corte di Appello di Bologna deducendo
VIOLAZIONE DI LEGGE sotto i seguenti profili:

2

allo Stato, mediante il seguente raggiro: nell’autocertificazione

3.1. perché la sentenza di proscioglimento non può essere
pronunciata ex art. 530/2 cod. proc. pen.: nel caso di specie, invece,
il giudice per le indagini preliminari, nonostante l’ampia formula
assolutoria, in realtà, aveva effettuato una valutazione di
non gli competeva;
3.2. perché il giudice per le indagini preliminari non aveva
considerato che il bene giuridico tutelato dall’art. 483 cod. pen. è
proprio la fede pubblica che, nel caso concreto, era stato
palesemente violato

«specie a mente del fatto che le

autocerlificazioni, rese sotto la propria responsabilità, sono state
volute dal nostro legislatore allo scopo di snellire gli iter burocratici,
altrimenti eccessivamente gravosi proprio per il cittadino». D’altra
parte, l’attività ingannatoria era stata commessa ed era configurabile
proprio attraverso la suddetta falsa attestazione.
DIRITTO
1. Il ricorso è fondato per le ragioni di seguito indicate.
2. In punto di stretto diritto, va rammentato che, secondo la
costante giurisprudenza di questa Corte di legittimità, alla quale si
ritiene di dovere dare continuità, «nel caso in cui il Pubblico Ministero
abbia richiesto l’emissione del decreto penale di condanna, ai sensi
del terzo comma dell’art. 459 c.p.p. il G.I.P., qualora ritenga di non
accogliere la richiesta, deve restituire gli atti al Pubblico Ministero a
meno che non ritenga, ricorrendone i presupposti, di pronunciare
sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 c.p.p.. Tuttavia, in
tal caso, la sentenza di proscioglimento può essere pronunciata solo
per una delle ipotesi tassativamente indicate nell’art. 129 c.p.p. e non
anche per mancanza, insufficienza o contraddittorietà della prova ai

insufficienza della prova che, in sede di richiesta di decreto penale,

sensi del secondo comma dell’art. 530 c.p.p., che si riferisce alla sola
sentenza conclusiva pronunciata a seguito del dibattimento nel quale
si è formata la prova (Cass. Sez. Un. n. 18 del 25/10/1995, rv.
202375; Cass. sez. 1^ n. 3787 del 31/3/1994, rv. 198713)»: Cass.
E’ vero che, nel caso di specie, il giudice per le indagini
preliminari ha pronunciato sentenza di proscioglimento con formula
piena ma, in realtà, ove appena la si legga cum grano salis, è facile
accorgersi che il giudice ha fatto ricorso ad argomenti del tutto
apodittici e privi di alcun riscontro probatorio riguardo alla pretesa
insussistenza sia del reato di truffa che del reato di falso.
La sentenza, poi, omette ogni minima valutazione in ordine a
due importanti problematiche giuridiche che hanno un’immediata
incidenza sull’esito del processo.
Innanzitutto, non considera che, come ha correttamente
rilevato il P.G. ricorrente, il bene giuridico tutelato dall’art. 483 cod.
pen. è proprio la fede pubblica: resta, quindi, poco comprensibile
l’affermazione del giudice per le indagini preliminari secondo il quale
la falsa dichiarazione sottoscritta dall’imputato «non aveva alcuna
concreta idoneità ingannatoria e, dunque, nessuna capacità di
offendere il bene giuridico tutelato della norma, per le stesse ragioni
esposte sopra».
In secondo luogo, quanto al reato di truffa, il giudice ha
omesso ogni considerazione in ordine alla complessa problematica
dei rapporti fra l’art. 316 ter cod. pen. e l’art. 640 cod. pen.: sul
punto, cfr Cass. 45422/2008 riv 242302 (che, in una fattispecie
proprio di indebita percezione del contributo per la nascita di un figlio
da parte di un cittadino straniero, ha rawisato sussistere la condotta
fraudolenta dell’imputato che aveva falsamente attestato di

4

38599/2005 riv 232950; Cass. 4186/2007 riv 238431.

possedere la cittadinanza italiana) nonché, SSUU 16568/2007 riv
23592; SSUU7537/2010 riv 249104.
In altri conclusivi termini, il proscioglimento, sotto il profilo
fattuale, è privo di qualsiasi riscontro probatorio in quanto le
giuridico, è carente perché non spiega le ragioni per le quali la
condotta tenuta dall’imputato non possa integrare gli estremi del
contestato reato di truffa o, in subordine, quello di cui all’art. 316 ter
cod. pen.: da ciò consegue l’annullamento con rinvio per nuovo
giudizio.
P.Q.M.
ANNULLA
La sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Reggio Emilia per
nuovo giudizio.
Roma 12/12/2012
IL PfE !DENTE
(Dott. Nip
IL CONSIGLI
(Dott. G. R

Macchia)

affermazioni del giudice sono meramente assertorie; sotto il profilo

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