Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16319 del 11/02/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 16319 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: VESSICHELLI MARIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
NERVO CATERINA N. IL 10/01/1977
avverso l’ordinanza n. 24460/2011 CORTE DI CASSAZIONE di
ROMA, del 16/02/2012
sentit la relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA VESSICHELLI;
le sentite le conclusioni del PG Dott.

Udit i difensor Avv.;

Data Udienza: 11/02/2013

Fatto e diritto
Propone ricorso straordinario per cassazione ai sensi dell’articolo 625 bis c.p. p., Nervo Caterina avverso la
sentenza della prima Sezione penale di questa Corte di cassazione, in data 16 febbraio 2012, con la quale è
stato dichiarato inammissibile il ricorso contro la sentenza della Corte di assise d’appello di Venezia in data
28 gennaio 2011.
Tale ultima sentenza aveva confermato quella del Gup di Verona, di condanna in ordine ai reati di omicidio
volontario, tentato omicidio e falsità in scrittura privata.
Il giudice di primo grado aveva concesso le circostanze attenuanti generiche, in ragione della
pena di 20 anni di reclusione.
Deduce i( ricorrente l’errore di fatto in cui sarebbe incorsa la prima Sezione nel dichiarare inammissibile il
ricorso, errando nella percezione di quello che era stato il motivo di ricorso contro la statuizione del giudice
d’appello, di rigetto della richiesta di riconoscimento delle attenuanti come prevalenti sulle aggravanti.
Invero, la richiesta del giudizio di prevalenza era stata formulata al giudice dell’appello alla luce dello stato
di incensuratezza dell’imputata ma la Corte d’assise d’appello aveva replicato osservando che “le attenuanti
generiche non possono più essere concesse con riferimento alla sola incensuratezza” e che le stesse erano
già state riconosciute in riferimento alla collaborazione prestata sicché tale elemento, da solo, non poteva
essere evocato dall’appellante anche a sostegno di un più favorevole giudizio di bilanciamento.
La difesa aveva proposto ricorso osservando che la norma di legge che oggi prevede la non concedibilità
delle circostanze attenuanti generiche in ragione della incensuratezza non era operativa nei confronti
dell’imputata perché successiva alla data di commissione del reato addebitatole.
Il ricorso è inammissibile.
La costante giurisprudenza di questa Corte osserva che in tema di ricorso straordinario, l’errore di fatto
verificatosi nel giudizio di legittimità ed oggetto del rimedio previsto dall’art. 625 bis cod. proc. pen.
consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco e postula inderogabilmente che lo
sviamento della volontà del giudice sia non solo decisivo, ma anche di oggettiva immediata rilevabilità, nel
senso che il controllo degli atti processuali deve far trasparire, in modo diretto ed evidente, che la decisione
è stata condizionata dall’inesatta percezione e non dall’errata valutazione o dal non corretto
apprezzamento di quegli atti, nel qual caso la qualificazione appropriata è quella corrispondente all’errore
di giudizio. Ne consegue che l’omesso esame di un motivo di ricorso non dà causa ad errore di fatto, ne’
determina incompletezza della motivazione della sentenza, quando, pur in mancanza di espressa disamina,
la censura debba considerarsi implicitamente disattesa perché incompatibile con la struttura e l’impianto
della motivazione, nonché con le premesse, logiche e giuridiche, che compendiano la ” ratio decidendi”
della sentenza medesima; è invece riconducibile nella figura dell’errore di fatto quando sia dipeso da una
vera e propria svista materiale, ossia da una disattenzione di ordine meramente percettivo, che abbia
causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura, la cui presenza, viceversa, sia
immediatamente ed oggettivamente rilevabile in base al semplice controllo del contenuto del ricorso (Rv.
229099).
Nel caso di specie non si verte nella ipotesi della omessa valutazione di un motivo di ricorso posto che, nella
sentenza impugnata, si è preso atto del motivo di ricorso con il quale veniva censurata la decisione del
giudice dell’appello di non dare un maggior peso alle attenuanti generiche già concesse con giudizio di
equivalenza, e lo si è ritenuto inammissibile, in presenza di una sufficiente motivazione con la quale si era
sostenuta l’assenza di ragioni a sostegno della richiesta.

incensuratezza e della confessione dell’imputata, giudicate equivalenti alle aggravanti e aveva inflitto la

Si tratta, com’è evidente, non già di un errore percettivo sulla esistenza del motivo di ricorso ma di una
valutazione, da parte della Cassazione – alla stregua dei criteri sulla ammissibilità del motivo di ricorso
proposto -circa la ammissibilità stessa.
Ed infatti la Cassazione si è espressa sulla esaustività della motivazione esibita del giudice del merito a
proposito della non ulteriore valorizzabilità dello stato di incensuratezza dell’imputata, peraltro già posta
del primo giudice, assieme alla “collaborazione” , a sostegno della decisione di concedere le circostanze
attenuanti generiche “equivalenti”.
In conclusione, la decisione della Cassazione è stata il frutto di una valutazione e non di una omissione ,
comprensiva della considerazione che, dello stato di incensuratezza, si era avuta nei gradi di giudizio di
E tanto preclude la ammissibilità del ricorso straordinario, posto che , come ricordato anche dalle SSUU
della Cassazione con sentenza n. 37505 del 2011, in tema di ricorso straordinario, qualora la causa
dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione
abbia comunque contenuto valutativo, non è configurabile un errore di fatto, bensì di giudizio, come tale
escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen.
Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del ricorrente al versamento, in favore della
cassa delle ammende, di una somma che appare equo determinare in euro 1000.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed a
versare alla cassa delle ammende la somma di euro 1000.

merito.

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