Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16309 del 13/03/2018


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 16309 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: SEMERARO LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
ZOUHAIR AHMED nato il 01/01/1974

avverso la sentenza del 26/06/2017 della CORTE DI APPELLO di FIRENZE

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere LUCA SEMERARO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Paolo
Canevelli, che conclude per l’annullamento con rinvio limitatamente alla recidiva e
trattamento sanzionatorio.

Data Udienza: 13/03/2018

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Firenze, con la sentenza del 26 giugno 2017, ha
confermato la condanna, inflitta nel giudizio abbreviato dal giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Pisa con la sentenza del 5 ottobre 2016, di Zouhair
Ahmedha alla pena di anni 3 di reclusione ed euro 6.000 di multa, per il delitto di
cui all’art. 73, comma 4, D.P.R n. 309/1990, per aver illecitamente detenuto oltre

2. Il difensore di Zouhair Ahmed ha proposto ricorso chiedendo l’annullamento
della sentenza della Corte di appello di Firenze del 26 giugno 2017; con il primo
motivo la difesa ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 99 cod.
pen. ritenendo insussistente la recidiva reiterata infraquinquennale. Secondo la
difesa, la Corte di appello è caduta in errore in quanto non ha considerato che i
reati per i quali sono state emesse le due sentenze di condanna a carico di Zouhair
Ahmed sono stati uniti dal riconoscimento del vincolo della continuazione con la
sentenza Corte d’Appello di Firenze del 06 maggio 2014, irrevocabile il 21 giugno
2014. Per la difesa, il ricorrente è stato condannato con la sentenza emessa dal
Tribunale di Lucca in data 18 dicembre 2008, irrevocabile il 22 maggio 2009, alla
pena di anni 4 di reclusione ed euro 6.000 di multa e con la sentenza della Corte
di appello di Firenze irrevocabile il 21 giugno 2014 alla pena di anni 7 di reclusione
ed euro 35.000 di multa. Con tale ultima sentenza, i reati di cui alla sentenza del
Tribunale di Lucca sono stati ritenuti in continuazione con quelli per cui si
procedeva.
Per la difesa, in seguito al riconoscimento del vincolo della continuazione tra
le varie condanne (recte tra i reati), la pluralità si riduce ad una singola unità,
poiché il reato continuato, in virtù di una

fictio iuris, si configura come un

autonomo titolo di reato. Per la difesa, tale unicità va considerata anche agli effetti
della recidiva. La difesa chiede, poiché la prima sentenza di condanna a carico del
ricorrente è datata del tempo e concerne il delitto di cui all’art. 495 cod. pen.
commesso nel 1995 con condanna a pena pecuniaria, di valutare nuovamente i
presupposti per l’applicazione della recidiva e se il nuovo reato sia da ritenere
espressione di una maggiore pericolosità sociale dello Zouhair.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
1.1 Va in primo luogo osservato che il motivo è privo di specificità estrinseca
perché non si confronta con la motivazione della Corte di appello di Firenze che,
2

2 chilogrammi di sostanza stupefacente del tipo hashish.

in risposta la motivo di appello, ha esplicitamente motivato sia sulla espressione
di pericolosità sociale sia sulla sussistenza della recidiva reiterata; il ricorrente è
stato condannato, anche dopo l’unificazione dei reati per la continuazione, già due
volte, sicché la condanna pronunciata dalla Corte di appello di Firenze costituisce
la terza.pronuncia a carico del ricorrente.
1.2. La decisione della Corte di appello di Firenze è ineccepibile perché
l’esistenza delle due pregresse
_ condanne, di cui una per reati della stessa specie
di quelli per cui si procede ed irrevocabile nel 2014, risulta chiaramente dal
certificato del casellario giudiziale. Dunque, la Corte di appello di Firenze ha fatto

2. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile:
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. si condanna il ricorrente al pagamento
delle spese del procedimento.
Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n.
186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato
presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità, si condanna altresì il ricorrente al pagamento della somma di euro
2.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 2.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 13/03/2018.
r-Th

una corretta applicazione dell’art. 99 cod. pen.

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