Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16287 del 08/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16287 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
TROIANO GIUSEPPE N. IL 06/08/1971
avverso la sentenza n. 1591/2014 TRIBUNALE di VERONA, del
19/12/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 08/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Il Tribunale di Verona, con sentenza del 19 dicembre 2014, ha condannato
l’imputato alla pena dell’ammenda per il reato di cui all’art. 137, comma 1, del d.lgs. n.
152 del 2006, commesso il 19 aprile 2010.
2. – Avverso la sentenza l’imputato ha proposto personalmente ricorso per
cassazione, non contestando la responsabilità penale, ma lamentando l’omessa
concessione della sospensione condizionale della pena.

3. – Il ricorso è inammissibile. Il Tribunale ha, infatti, evidenziato che la difesa
non aveva formulato, neanche in via subordinata, richieste relative alla concessione dei
benefici di legge. Né la difesa ha evidenziato in questa sede particolari ragioni per le
quali tali benefici avrebbero dovuto essere concessi.
4. – Quanto alla prescrizione del reato (commessi il 19 aprile 2010), è sufficiente
qui rilevare che la stessa non era maturata prima della pronuncia della sentenza
impugnata; trattandosi di contravvenzione, trova infatti applicazione il termine
complessivo di cinque anni, ai sensi degli artt. 157, primo comma, e 161, secondo
comma, cod. pen., giungendosi così alla data del 19 aprile 2015, comunque successiva
a quella della pronuncia della sentenza impugnata. A fronte di un ricorso inammissibile,
quale quello in esame, trova dunque applicazione il principio, costantemente enunciato
dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la possibilità di rilevare e dichiarare le
cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., ivi compresa la
prescrizione, è preclusa dall’inammissibilità del ricorso per cassazione, anche dovuta
alla genericità o alla manifesta infondatezza dei motivi, che non consente il formarsi di
un valido rapporto di impugnazione (ex multis, sez. 3, 8 ottobre 2009, n. 42839; sez.
1, 4 giugno 2008, n. 24688; sez. un., 22 marzo 2005, n. 4).
Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della
sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella
fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
2

CONSIDERATO IN DIRITTO

Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2016.

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