Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16284 del 23/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16284 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
DUMA INDRIT nato il 08/11/1974 a DURRES( ALBANIA)
avverso la sentenza del 26/06/2017 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 23/03/2018
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Firenze ha ridotto la
pena inflitta a Duma Indrit dal Tribunale di Livorno con la sentenza del 5/2/2016, in
relazione ai reati di cui agli artt. 5 e 10 d.lgs. 74/2000, ad anni uno e mesi due di
reclusione.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
violazione dell’art. 62 bis cod. pen. e mancanza della motivazione, in relazione al diniego
delle circostanze attenuanti generiche, non essendo stato tenuto conto della condotta
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
La Corte territoriale ha, infatti, escluso la concedibilità delle circostanze
attenuanti generiche in considerazione della gravità dei fatti, stante l’ammontare delle
imposte evase, e anche alla luce della condotta non collaborativa dell’imputato nel corso
delle indagini svolte dalla Guardia di Finanza, non essendovi stata una sua attivazione
per recuperare o almeno far individuare le scritture contabili occultate o distrutte: si
tratta di motivazione idonea a giustificare il diniego di tali circostanze, essendo sufficiente
al riguardo che il giudice dimostri di avere considerato ed esaminato gli elementi
enunciati nell’art. 133 cod. pen. e gli altri dati significativi, apprezzati come assorbenti o
prevalenti su quelli di segno opposto, e non è sindacabile sul piano della valutazione di
merito nel giudizio di legittimità, in quanto espressione del potere discrezionale nella
valutazione dei fatti e nella concreta determinazione della pena demandato al giudice di
merito (Sez. 2, n. 3610 del 15/01/2014, Manzari, Rv. 260415; Sez. 1, n. 3163 del
28.11.1988, Rv 180654).
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018
Il Consigliere estensore
Il Presiden e
collaborativa dell’imputato.