Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16283 del 23/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16283 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
MARASCO FABRIZIO nato il 01/11/1989 a CROTONE

avverso la sentenza del 22/06/2017 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 23/03/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Torino, provvedendo a
seguito dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte con sentenza del
20/10/2016, ha qualificato il fatto di cui al capo A della rubrica ai sensi degli artt. 624 e
625, n. 2, cod. pen. e, fermi restando il giudizio di equivalenza tra le circostanze
attenuanti generiche e le circostanze aggravanti e il vincolo della continuazione con i
reati di cui ai capi B (ex art. 337 cod. pen.) e C (ex artt. 582 e 585 cod. pen.), ha
rideterminato la pena complessiva irrogata a Fabrizio Marasco in relazione a tali reati in

Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto nuovamente ricorso per
cassazione, lamentando la contraddittorietà e la illogicità manifesta della motivazione,
nella parte relativa al giudizio di equivalenza tra le circostanze attenuanti generiche e le
circostanze aggravanti contestate, essendo la gravità del fatto già stata considerata nella
determinazione della pena e non essendo stata sufficientemente considerata la giovane
età dell’imputato al momento dei fatti, né il percorso rieducativo dallo stesso intrapreso,
che avrebbero consentito di dichiarare prevalenti dette attenuanti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Il giudizio di bilanciamento tra le circostanze attenuanti generiche e le
aggravanti non ha formato oggetto del giudizio di rinvio all’esito del quale è stata resa la
sentenza impugnata, in quanto tale giudizio ha avuto quale oggetto esclusivamente la
qualificazione del fatto di cui al capo a) della rubrica (se ai sensi dell’art. 624 bis cod.
pen. o dell’art. 624 cod. pen.), mentre il giudizio di bilanciamento non è stato
riesaminato, essendo estraneo alla pronuncia di annullamento, tanto che la Corte
d’appello ha espressamente dato atto di tenerlo fermo e di considerarlo come definitivo.
Ciò comporta l’inammissibilità, stante la preclusione derivante dal mancato
riesame di tale giudizio, del ricorso, volto a censurare un aspetto della decisione
estraneo, in realtà, al giudizio di rinvio, dunque non più esaminabile né, tantomeno,
censurabile, stante la preclusione derivante dal contenuto del giudizio di rinvio, limitato ai
punti della sentenza impugnata oggetto di annullamento.
Ne consegue l’inammissibilità delle doglianze cui il ricorso è stato affidato.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in € 3.000,00.
1

mesi otto di reclusione ed euro 240,00 di multa.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018

Il Consigliere estensore

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