Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16283 del 08/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16283 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SIDEBE SEYBA N. IL 04/08/1978
avverso la sentenza n. 4420/2014 CORTE APPELLO di TORINO, del
11/02/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 08/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – La Corte d’appello di Torino ha – per la parte che qui rileva – confermato la
sentenza del Gip del Tribunale di Cuneo, resa all’esito di giudizio abbreviato, con la
quale l’imputato era stato condannato, per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma,
cod. pen., e 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione a episodi di
detenzione e spaccio di eroina e cocaina, commessi in esecuzione di un medesimo
disegno criminoso.
– Avverso la sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,

lamentando, con unico motivo di doglianza, vizi della motivazione in relazione alla prova
del perfezionamento della cessione della stupefacente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile, per genericità. Il ricorrente non deduce, infatti,
sostanziali lacune o vizi logici della motivazione, limitandosi a lamentare che la Corte
territoriale avrebbe trascurato di considerare che il potenziale acquirente dello
stupefacente aveva, in un’occasione, affermato di avere iniziato una trattativa con
l’imputato per l’acquisto della droga.
Si tratta di una censura che, per la sua stessa formulazione, risulta del tutto
inidonea ad intaccare l’organica e coerente motivazione del provvedimento impugnato,
dalla quale emerge che l’imputato deteneva sia eroina che cocaina e che egli aveva già
più volte venduto allo stesso soggetto lo stupefacente e, solo in un ultimo episodio, era
stato sorpreso prima della materiale cessione dello stupefacente stesso. Correttamente,
dunque, i fatti accertati sono stati ricondotti alle fattispecie di spaccio e di detenzione a
fine di spaccio di stupefacenti, in presenza di un’attività criminosa protrattasi nel tempo
con analoghe modalità.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, l’8 gennaio 2016.

2.

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