Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 1628 del 28/10/2015


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 3 Num. 1628 Anno 2016
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Campedelli Giovanni, nato a San Martino Buon Albergo il 14-01-1955
avverso la sentenza del 29-10-2014 della Corte di appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Vito Di Nicola;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Enrico Delehaye che ha
concluso per l’annullamento senza rinvio, limitatamente R), per prescrizione.
Rigetto nel resto;
udito per il ricorrente l’avvocato Andrea Sambati che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

Data Udienza: 28/10/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Giovanni Campedelli ricorre per cassazione impugnando la sentenza
emessa in data 29 ottobre 2014 con la quale la Corte di appello di Lecce, in
riforma della decisione resa dal tribunale presso la medesima città, sezione
distaccata di Tricase, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti del
ricorrente per i reati a lui ascritti perché estinti per prescrizione, fatta eccezione

m), in relazione alla dichiarazione Iva per i redditi del 2004, e per l’omologo
reato di cui al capo r), per i quali ha rideterminato la pena, che ha
condizionalmente sospeso, in anni uno e mesi due di reclusione.

2.

Per la cassazione dell’impugnata sentenza il ricorrente, tramite il

difensore, solleva i seguenti tre motivi di gravame.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente deduce il vizio di cui all’articolo 606,
comma 1, lettere b), d) ed e) codice di procedura penale per l’erronea
applicazione dell’articolo 192 stesso codice in relazione al reato di cui all’articolo
2 decreto legislativo n. 74 del 2000, per la mancata assunzione di una prova
decisiva in violazione dell’articolo 495, comma 2, cod. proc. pen. e per la
contraddittorietà ed illogicità della motivazione in relazione alle specifiche
doglianze contenute nel motivo di appello riguardante i capi di imputazione m) e
r).
Premette il ricorrente che il motivo di ricorso è proposto con riferimento alla
doglianza sollevata con i motivi di appello e con la quale si eccepiva la ritenuta
configurazione del reato di cui all’articolo 2 decreto legislativo n. 74 del 2000
relativamente all’utilizzo di fatture inesistenti contestate nei capi di imputazione
m) e r) della rubrica, sul rilievo che si era sostenuto che tutte le operazioni, di
cui ai documenti contabili contestati, erano relative a fatture di acconto, la cui
oggettiva esistenza non è notoriamente riconducibile all’effettività di una
prestazione commerciale sottostante in quanto riferita unicamente ad una
controprestazione che si sostanzia in un pagamento ai sensi dell’articolo 6,
comma 4, d.p.r. n. 633 del 1972.
Al riguardo, la commissione tributaria provinciale di Lecce, con le sentenze
n. 677 e n. 678 emesse in data 11 novembre 2008, entrambe irrevocabili e
relative alla pretesa di recupero a tassazione degli importi di fatture per
“presunte operazioni oggettivamente inesistenti emesse dalla ditta individuale
Omega Delta di Mauro Antonio nell’anno 2003 e 2004”, aveva concluso nel senso
dell’inesistenza della “prova della veridicità di tutte le operazioni commerciali in

2

per il reato ex articolo 2 decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 di cui al capo

contestazione”. Ciò, in particolare alla luce dell’evidenza del pagamento del lotto
di terreno e dell’effettivo inizio delle opere di costruzione dell’opificio per la South
Socks S.r.l. come concordato ed in riferimento al contratto di appalto.
Aggiunge il ricorrente che, con riferimento a tale specifica doglianza, la
Corte territoriale non si è fatta carico di motivare cosicché, prendendo in
considerazione la documentazione relativa al contenzioso tributario prodotta
dalla difesa e travisando l’informazione probatoria, ha apparentemente risposto
al motivo di appello sostenendo che, in tema di prova documentale, le sentenze

vincolante nel giudizio penale, mentre, una volta divenute irrevocabili, sono
acquisibili agli atti del dibattimento e valutabili ai fini della decisione a norma
dell’articolo 238-bis del codice di procedura penale.
Nondimeno, in violazione delle norme di legge denunciate, la Corte d’appello
non avrebbe spiegato la ragione per la quale, pure in presenza di sentenze
irrevocabili del giudice tributario, che hanno ritenuto vere e reali tutte le
operazioni commerciali in contestazione, è stata affermata la responsabilità del
ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente eccepisce la nullità della sentenza
(articolo 606, comma 1, lettere c), d) ed e), codice di procedura penale) per
inosservanza delle norme processuali penali, per la mancata assunzione di una
prova contraria decisiva richiesta anche nel corso dell’istruzione dibattimentale
nonché per la mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione in
relazione alle specifiche igf, impugnazioni di ordinanze emesse nel corso del
processo.
Si assume che, con i motivi di appello, il ricorrente si era doluto della
violazione dell’articolo 468 codice di procedura penale in relazione all’articolo 190
stesso codice, con specifico riferimento all’ordinanza di non ammissione dei testi
della difesa perché indicati nella lista inviata dal difensore alla cancelleria a
mezzo fax.
La Corte d’appello ha invece ritenuto inammissibile il deposito della lista
testi perché contenente la richiesta al giudice di autorizzazione alla citazione di
testimoni, periti e consulenti tecnici e per la quale sarebbe stata d’obbligo la
forma rituale dell’istanza.
Obietta il ricorrente come la giurisprudenza di legittimità abbia ritenuto
formalmente presentata la lista testimoniale, anche contenente l’autorizzazione
alla citazione, trasmessa con mezzi tecnici quale il fax e, in ogni caso, l’assunto
della Corte territoriale non considera che, nel caso di specie, trattavasi di
esercizio del diritto alla prova contraria esercitabile ai sensi dell’articolo 495,
comma 2, codice di procedura penale. In base a tale disposizione, la parte
avversa ha diritto all’ammissione della prova che ha per oggetto il medesimo

3

pronunciate dal giudice tributario, se non definitive, non hanno efficacia

fatto ed è finalizzata a dimostrare che il fatto non è avvenuto o che si è verificato
con una differente modalità, con la conseguenza che, indipendentemente dalle
modalità di trasmissione della lista testimoniale, i testi indicati dalla difesa
andavano comunque ammessi.
2.3. Con il terzo motivo il ricorrente, sotto altro e concorrente profilo,
eccepisce la nullità della sentenza (articolo 606, comma 1, lettere c), d) ed e),
codice di procedura penale) per inosservanza delle norme processuali penali, per
la mancata assunzione di una prova contraria decisiva richiesta anche nel corso

illogicità della motivazione in relazione alle specifiche impugnazioni delle
ordinanze emesse nel corso del processo.
Si sostiene che, con i motivi di appello, era stata espressamente richiesta la
rinnovazione del dibattimento al fine di procedere all’escussione del teste
richiesto con la lista testimoniale rigettata ed inoltre si faceva richiesta di perizia
con conseguente omessa motivazione sul punto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e tuttavia da ciò consegue, per le ragioni di seguito
indicate, la declaratoria di estinzione del reato di cui al capo r) della rubrica per
intervenuta prescrizione.

2. Quanto al primo motivo, la sentenza impugnata non merita le censure
che le vengono mosse in quanto la Corte di territoriale si è attenuta al principio
affermato da questa Corte secondo cui le sentenze del giudice tributario (e quelle
del giudice amministrativo in genere) non sono vincolanti per il giudice penale in
quanto, nel vigente ordinamento processuale, l’art. 238-bis cod. proc. pen. si
limita a consentire l’acquisizione in dibattimento di sentenze (non
necessariamente solo penali) divenute irrevocabili, ma dispone che esse siano
valutate a norma dell’art. 187 e art. 192, comma 3, stesso codice, ai fini della
prova del fatto in esse accertato (Sez. 6, n. 10210 del 24/02/2011, Musumeci,
Rv. 249592; Sez. 6, n. 10136 del 24/06/1998, Ottaviano, Rv. 211566).
Ne consegue che le pronunzie del giudice tributario, pur definitive, non
vincolano il giudice penale ma possono soltanto essere acquisite agli atti del
dibattimento per essere liberamente considerate ai fini della decisione (Sez. 3, n.
39358 del 24/09/2008, Sciacchitano, Rv. 241038).
Tale libera ed autonoma valutazione ben può concludersi, se
ragionevolmente argomentata – come nella specie – in modo difforme dalle
conclusioni cui sono pervenuti i giudici tributari. Siffatto principio ha peraltro
trovato un’espressa conferma normativa nella delimitazione della cognizione del
4

dell’istruzione dibattimentale nonché per la mancanza, contraddittorietà ed

giudice penale in rapporto alle questioni c.d. incidentali contenuta nell’art. 2 cpv.
cod. proc. pen., il quale dispone che “la decisione del giudice penale che risolve
incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia
vincolante in nessun altro processo”, così ribadendo l’esclusione dell’autorità di
giudicato delle relative decisioni. Nella specie quindi, non si tratta tanto di
verificare la compatibilità tra le due diverse decisioni (penale e tributaria), ma
semplicemente di stabilire se la sentenza penale impugnata sia o meno priva
delle invalidità prospettabili ex art. 606 cod. proc. pen., neppure specificamente

essere esclusa tenuto conto che il complesso motivazionale, che correda la
pronuncia, è completo, coerente ed ampiamente logico non essendo il giudice di
merito incorso in vizi od invalidità censurabili in sede di legittimità.
La Corte territoriale ha infatti rilevato, con specifico riferimento al capo m)
della rubrica, che nei conti correnti della società Omega Delta (di Antonio
Mauro) è stata trovata traccia del pagamento di sole 6 fatture rispetto non
soltanto alle 17 emesse in favore della South Stocks S.r.l. (società della quale il
ricorrente era socio ed amministratore di fatto) ma anche a quelle emesse nei
confronti di altre compagini sociali. Inoltre, la Corte del merito ha affermato che
il dato rilevante è costituito dall’emissione di fatture da parte delle società facenti
capo alle aziende di Rocco Brigante del tutto prive di capacità imprenditoriale a
favore della Omega Delta, evidentemente utilizzate per compensare i ricavi fittizi
relativi alle fatture emesse nei confronti della South Stocks S.r.l. e da
quest’ultima società utilizzate ed indicate nelle dichiarazioni dei redditi ai fini Iva.
Peraltro anche le fatture relative all’acquisto del terreno sono state ritenute false
sul presupposto che il Mauro era rimasto solo promissario acquirente del lotto di
terreno che poi a sua volta avrebbe dovuto cedere a South Stocks S.r.l. e la
disponibilità del terreno non era condizione idonea a soddisfare i requisiti previsti
dalla legge n. 488 del 1992 dal momento che occorreva una disponibilità
qualificata da un rapporto giuridico e non di mero fatto.

3. Il secondo motivo di impugnazione è inammissibile perché nuovo e
perché aspecifico.
Il ricorrente aveva devoluto alla Corte d’appello la doglianza circa la
declaratoria d’inammissibilità per tardività della presentazione della lista testi
“per l’esercizio del diritto alla prova diretta” (terza ultima pagina dei motivi
d’appello) mentre ha devoluto a questa Corte la doglianza sulla inammissibilità
per presentazione a mezzo fax dell’esercizio della prova contraria.
La mutati° libelli è evidente.
La presentazione della lista, ex art. 468, comma 1, cod. proc. pen., non
esaurisce le attività che le parti sono chiamate a svolgere ai fini della effettiva
5

denunciate sotto tale specifico profilo e, comunque, una tale evenienza deve

acquisizione delle prove dirette che esse intendono sottoporre al vaglio critico del
giudice.
Invero, avendo il deposito della lista la funzione di far conoscere prima del
dibattimento le prove che l’interessato vorrà fare acquisire e di consentire così
alle parti interessate di preparare la propria linea difensiva e di chiedere
eventualmente prova contraria, tale risultato (contrariamente alla richiesta di
autorizzazione alla citazione che invece richiede una formale istanza depositata
in cancelleria) può essere conseguito a mezzo della trasmissione dell’atto,

150 cod. proc. pen., mezzo tecnico che ne garantisce la conoscenza.
Tutto ciò vale però per la prova diretta, avendo questa Corte anche chiarito
che l’esercizio del diritto alla controprova, il quale è assicurato in via generale
dall’art. 495, comma secondo, cod. proc. pen., non può essere subordinato, pena
la sua vanificazione, al rispetto del termine ex art. 468, comma 1, cod. proc.
pen. ma può avere luogo anche dopo la scadenza di questo fino alla fase degli
atti introduttivi del dibattimento (Sez. 6, n. 9500 del 04/07/1995, Zadnich, Rv.
202275).
Infatti – proprio perché, come lo stesso ricorrente mostra di ritenere, il
diritto di provare i fatti contrari riveste un ruolo centrale nel diritto delle prove
penali in un processo di stampo accusatorio – il comma quarto dell’art. 468 cod.
proc. pen. stabilisce che “in relazione alle circostanze indicate nelle liste,
ciascuna parte può chiedere la citazione a prova contraria di testimoni, periti e
consulenti tecnici non compresi nella propria lista, ovvero presentarli al
dibattimento”.
La Corte territoriale, nel risolvere la questione proposta dal ricorrente con il
motivo d’appello, non era stata affatto investita di una presunta lesione del
diritto alla controprova (che, peraltro, il ricorrente poteva paralizzare
presentando direttamente a dibattimento i testi a prova contraria senza alcuna
necessità di essere autorizzato alla citazione, che pure poteva e, in questo caso,
doveva formalmente chiedere) e si è attenuta al principio affermato da questa
Corte secondo il quale il deposito della lista testimoniale può essere assolto a
mezzo di trasmissione con i mezzi tecnici, di cui all’art. 150 cod. proc. pen. (Sez.
6, n. 3 del 10/07/1996, dep.1997, Rover, Rv. 206504), come il ricorrente
peraltro teorizza; tuttavia se contiene, come nel caso di specie, anche la
richiesta al giudice di autorizzazione alla citazione di testimoni, periti e consulenti
tecnici, di cui al comma 2 dell’art. 468 cod. proc. pen., è invece d’obbligo la
forma rituale della istanza (Sez. 6, n. 3 del 10/07/1996, cit., Rv. 206504).
In ogni caso, ciò che lamenta il ricorrente è la mancata ammissione di prove
contrarie decisive – ossia di prove che, se assunte, avrebbero disarticolato l’esito
del giudizio – ma la prospettazione è rimasta alla stadio dell’asserzione perché
6

appositamente redatto, con il mezzo del “telefax”, definibile, a norma dell’art.

egli non ha enunciato, neppure in via embrionale, quali prove avrebbero potuto
portare, tenuto conto di tutti gli accertamenti processuali conseguiti e delle
imputazioni residuate (solo i capi m ed r), a un diverso risultato più confacente
agli interessi del ricorrente stesso.
Il motivo è pertanto anche aspecifico.
4. Per le medesime ragioni è inammissibile anche il terzo motivo di
impugnazione con riferimento all’omessa rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale per la mancata assunzione di un teste, assertivamente, ritenuto

Peraltro, in siffatto caso, la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria
dibattimentale in appello, ex art. 603 cod. prc. pen., è invocata impropriamente
perché il diritto alla prova – garantito all’imputato dall’art. 6, par. 3, lett. d) della
Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e del Patto internazionale sui diritti
civili e politici ed anche dall’art. 111, comma terzo, Cost. – può essere, con
adeguata motivazione, denegato dal giudice solo quando le prove richieste sono
manifestamente superflue o irrilevanti, con la conseguenza che il giudice
d’appello, cui sia dedotta la violazione dell’art. 190 cod. proc. pen. anche in
relazione all’art. 495, comma secondo, cod. proc. pen., deve decidere
sull’ammissibilità della prova secondo i parametri rigorosi previsti dall’art. 190
cod. proc. pen. (per il quale le prove sono ammesse a richiesta di parte), mentre
non può avvalersi dei poteri meramente discrezionali riconosciutigli dall’art. 603
cod. proc. pen. in ordine alla valutazione di ammissibilità delle prove non
sopravvenute al giudizio di primo grado (Sez. 5, n. 26885 del 09/06/2004,
Spinelli, Rv. 229883).
Resta il fatto che, nel caso di specie, alcuna violazione del diritto alla prova
era stata consumata nel corso del primo giudizio, essendo dipesa la mancata
assunzione da inerzia della parte, come hanno correttamente motivato i giudici
del merito, cosicché il giudice d’appello altrettanto correttamente, da un lato,
non ha disposto l’assunzione della prova e, dall’altro, non aveva alcun obbligo
motivazionale da assolvere circa la mancata rinnovazione del dibattimento in
parte qua.
Quanto invece alla richiesta di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale
per l’espletamento di una perizia, va ricordato che quest’ultima, della cui utilità
non vi è alcun cenno nel ricorso, è un mezzo di prova essenzialmente
discrezionale, essendo rimessa al giudice di merito, anche in presenza di pareri
tecnici e documenti prodotti dalla difesa, la valutazione della necessità di
disporre indagini specifiche. Ne consegue che non è sindacabile in sede di
legittimità, sempre che sia sorretto da adeguata motivazione, che può risultare,
come nella specie, anche dalla motivazione nel suo complesso, il convincimento
7

decisivo.

del giudice circa l’esistenza di elementi tali da escludere la situazione che
l’accertamento peritale richiesto dovrebbe dimostrare (Sez. 6, n. 34089 del
07/07/2003, Bombino, Rv. 226330). La perizia inoltre non rientra nella categoria
della “prova decisiva” ed il relativo provvedimento di diniego non è sanzionabile
ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. d), cod. proc. pen., in quanto
costituisce il risultato di un giudizio di fatto che, se sorretto da adeguata
motivazione, è insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 43526 del 03/10/2012,
Ritorto, Rv. 253707).

per quello del secondo, il quale poi deve dar luogo alla rinnovazione
dell’istruttoria dibattimentale solo in casi eccezionali, quando non possa decidere
sulla base degli atti, ipotesi che la Corte territoriale ha del tutto escluso.

5. Il primo motivo di ricorso non può dirsi manifestamente infondato e
pertanto l’impugnazione ha conseguito il risultato di costituire un regolare
rapporto giudico processuale.
Ne consegue che, qualora maturi la prescrizione nelle more del giudizio di
legittimità (come, nella specie, è accaduto in relazione al capo r della rubrica), la
Corte di cassazione deve applicare la causa estintiva del reato.
Il reato di cui al capo r) deve pertanto essere dichiarato estinto per
prescrizione e la sentenza impugnata va annullata

in parte qua senza rinvio,

potendo la Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 620, comma 1, lettera I), cod.
proc. pen. prendere i provvedimenti necessari.
Infatti il giudice del merito ha unificato i reati di cui al capo m) e di cui al
capo r) sotto il vincolo della continuazione ed ha ritenuto più grave il reato di cui
al capo I), per il quale ha determinato la pena nella misura di anni uno di
reclusione, aumentandola di mesi due di reclusione per il reato satellite di cui al
capo r), con la conseguenza che, dovendo tale ultimo reato essere dichiarato
estinto, va eliminata la pena di mesi due di reclusione, residuando la pena finale
di anni uno di reclusione comminata per il reato di cui al capo m) in relazione al
quale il ricorso va rigettato.

8

Trattasi di principi che valgono tanto per il giudice di primo grado, quanto

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al
capo R) perché estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi due di
reclusione.
Rigetta, nel resto, il ricorso.

Così deciso il 28/10/2015

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA