Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16272 del 08/01/2016


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16272 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
BERNARDINI MARCO GIOVANNI N. IL 05/07/1963
AD 5 rOf
avverso la sentenza n. 2014/2015 TRIBUNALE di Oln , del
06/05/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 08/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Il Tribunale di Aosta ha condannato l’imputato alla pena dell’ammenda per il
reato di cui all’art. 256, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006.
2. – Avverso la sentenza il difensore dell’imputato ha proposto impugnazione
qualificata come appello, chiedendo l’assoluzione dell’imputato stesso, sul duplice rilievo
che questo non avrebbe ammesso che i rifiuti provenivano dalla sua attività e che
avrebbe comunque svolto un’attività di sorveglianza sullo smaltimento dei rifiuti da

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – L’impugnazione – che deve essere qualificata come ricorso per cassazione,
ai sensi dell’art. 568, comma 5, cod. proc. pen., perché proposta contro sentenza non
appellabile, ai sensi dell’art. 593, comma 3, cod. proc. pen., in quanto recante condanna
alla sola pena dell’ammenda — è inammissibile.
Il ricorrente non formula censure relative a lacune o vizi logici della motivazione
della sentenza impugnata, limitandosi a genericamente contestare nel merito la
valutazione dei fatti.
Deve in ogni caso rilevarsi che

l’iter logico seguito dal Tribunale risulta

pienamente corretto, perché valorizza i dati emergenti dal quadro istruttorio
relativamente all’ammissione, da parte dell’imputato, della provenienza dei rifiuti
illecitamente smaltiti dalla sua impresa artigiana di installazioni elettriche e alla
circostanza dell’omessa sorveglianza dello stesso sullo smaltimento materialmente
effettuato da suoi dipendenti. Né possono assumere alcuna valenza, in questa sede, le
mere affermazioni di segno contrario contenute nell’atto di impugnazione.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2016.

parte dei suoi dipendenti.

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