Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16269 del 08/01/2016


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Ord. Sez. 7 Num. 16269 Anno 2016
Presidente: RAMACCI LUCA
Relatore: ANDRONIO ALESSANDRO MARIA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
SHPATI EDER N. IL 18/08/1986
avverso la sentenza n. 867/2015 GIP TRIBUNALE di PESARO, del
07/07/2015
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRO MARIA
ANDRONIO ;

Data Udienza: 08/01/2016

RITENUTO IN FATTO
1. – Con sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen., il Gip del Tribunale ha
applicato all’imputato la pena da questo richiesta, per il reato di cui all’art. 73, comma
1, del d.P.R. n. 309 del 1990.
2.

– Avverso la sentenza, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione,

chiedendone l’annullamento e lamentando la carenza di motivazione circa

determinazione della pena e il mancato riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità di
cui al comma 5 del richiamato art. 73.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. – Il ricorso è inammissibile.
Il ricorrente si limita, infatti, a lamentare, senza alcun concreto riferimento critico
alla motivazione della sentenza impugnata, che il giudice non avrebbe fornito alcuna
motivazione circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.
Deve, peraltro, richiamarsi il costante orientamento di questa Corte, secondo cui
l’obbligo della motivazione, imposto al giudice dagli artt. 111 Cost. e 125, comma 3,
cod. proc. pen. per tutte le sentenze, non può non essere conformato alla particolare
natura giuridica della sentenza di patteggiamento, rispetto alla quale, pur non potendo
ridursi il compito del giudice a una funzione di semplice presa d’atto del patto concluso
tra le parti, lo sviluppo delle linee argomentative della decisione è necessariamente
correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere
di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ne consegue che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui all’art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle
deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause
di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in caso contrario, una
motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita – che è stata compiuta la
verifica richiesta dalle leggi e che non ricorrono le condizioni per la pronuncia di
proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen. (ex plurimis, sez. 3, 29 maggio 2012, n.
36610; sez. 3, 22 settembre 1997, n. 2932; sez. un. 27 settembre 1995, n. 10372;
sez. un., 27 marzo 1992, n. 5777).
Tale orientamento trova applicazione anche nel caso di specie, in cui la
motivazione della sentenza circa l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129
cod. proc. pen. appare, in ogni caso, sufficiente, perché richiama gli atti di indagine,
evidenziando l’inesistenza di elementi valutabili a favore dell’imputato.
2

l’insussistenza di cause di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen., nonché circa la

Quanto alla motivazione in ordine all’entità della pena, il relativo obbligo deve
essere ritenuto assolto da parte del giudice quando – come nel caso di specie – egli dia
atto di avere positivamente effettuato la valutazione della correttezza della
qualificazione giuridica del fatto, dell’applicazione e comparazione delle circostanze
prospettate dalle parti e della congruità della pena; risultando effettuata, dal testo della
gravata sentenza, una tale indagine, con esito positivo per la ratifica del patto, l’obbligo
di motivazione è stato dunque rispettato (ex plurimis, sez. 5, 25 gennaio 2000, n. 489,

comma 5 del richiamato art. 73, è sufficiente qui evidenziare che il ricorrente non lo ha
richiesto in sede di patteggiamento, limitandosi, con il ricorso per cassazione, a mere
generiche asserzioni circa la sua configurabilità nel caso di specie.
4. – Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto
conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che,
nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il
ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma,
in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 1.500,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di € 1.500,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, 1’8 gennaio 2016.

rv. 215489). Quanto al mancato riconoscimento dell’ipotesi di minore gravità di cui al

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA