Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16258 del 23/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16258 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
RINALDI ALESSANDRO nato il 04/11/1991 a VENOSA

avverso la sentenza del 01/06/2017 della CORTE APPELLO di POTENZA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;

Data Udienza: 23/03/2018

RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Potenza ha confermato
la sentenza del 19/10/2016 del Tribunale di Potenza, con cui, a seguito di giudizio
abbreviato, Alessandro Rinaldi era stato condannato alla pena di anni due e mesi quattro
di reclusione ed euro 6.000,00 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5,
d.P.R. 309/90 (ascrittogli per aver detenuto a fine di spaccio grammi 6,15 di sostanza
stupefacente del tipo eroina, pari a 25 dosi medie singole, già divise e confezionate in 18
involucri).

mancanza di motivazione riguardo alla richiesta di riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, formulata con l’atto d’appello e su cui la Corte d’appello aveva
omesso di pronunciarsi, e l’eccessività della pena, non avendo i giudici di merito illustrato
le ragioni per le quali si erano discostati apprezzabilmente dal minimo edittale, avendo
stabilito quale base di computo la pena di anni tre e mesi sei di reclusione ed euro
9.000,00 di multa, risultando insufficiente al riguardo il generico richiamo alla tipologia
della condotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
La richiesta di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che non
sarebbe, ad avviso del ricorrente, stata considerata dalla Corte territoriale, era stata, in
realtà, formulata in modo del tutto generico, nelle sole conclusioni dell’atto di
impugnazione e senza alcuna indicazione delle ragioni per le quali tale richiesta avrebbe
dovuto essere accolta, cosicché, stante la genericità di tale richiesta, non sussisteva
alcun obbligo di specifica motivazione sul punto, non essendovi ragioni di sorta da
confutare per disattenderla.
La motivazione in ordine alla misura della pena risulta, poi, pienamente
adeguata, avendo al riguardo la Corte territoriale sottolineato la commissione dei fatti
allorquando l’imputato era agli arresti domiciliari e la negativa personalità dell’imputato,
al quale è già stata applicata la pena di anni due, mesi nove e giorni dieci di reclusione
con sentenza del 18/2/2016, in relazione ad analogo reato in materia di stupefacenti: si
tratta di motivazione pienamente idonea ad illustrare i criteri, tra quelli di cui all’art. 133
cod. pen., ritenuti prevalenti e assorbenti per la determinazione della pena, non
sindacabili sul piano del merito nel giudizio di legittimità.
Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile, stante la manifesta
infondatezza delle doglianze cui è stato affidato.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia
proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di

1

Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando

inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma
dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del
versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata
in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Il Consigliere estensore

Il Presid

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018

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