Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16253 del 23/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16253 Anno 2018
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: LIBERATI GIOVANNI
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PUZONE CIRO nato il 24/07/1982 a NAPOLI
avverso la sentenza del 04/04/2017 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI LIBERATI;
Data Udienza: 23/03/2018
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Napoli ha rideterminato
in anni uno e mesi sei di reclusione la pena inflitta a Ciro Puzone dal Tribunale di Napoli
con la sentenza del 26/9/2016, in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R.
309/90.
Avverso tale sentenza l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando
vizio della motivazione, in relazione all’art. 129 cod. proc. pen. e all’art. 62 bis cod. pen.„
per la mancata considerazione della richiesta di proscioglimento per la destinazione a uso
riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, peraltro riproduttivo dei motivi d’appello non accolti, è inammissibile, a
causa della genericità dei motivi cui è stato affidato e per essere volto a censurare la
ricostruzione della vicenda sul piano del merito e la valutazione compiuta dalla Corte
d’appello nell’escludere la riconoscibilità delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso, infatti, consiste nella generica e assertiva affermazione della
destinazione a uso personale della sostanza stupefacente sequestrata, priva di qualsiasi
confronto con la motivazione della sentenza impugnata, nella quale è stata sottolineata la
diretta osservazione da parte della polizia giudiziaria di una cessione di stupefacente da
parte dell’imputato in cambio di denaro, e della concedibilità delle circostanze attenuanti
generiche, escluse in considerazione delle modalità della condotta e dei precedenti
dell’imputato: si tratta, per entrambi i profili, di motivazione adeguata, con cui l’imputato
ha omesso di confrontarsi, con la conseguente inammissibilità del ricorso, volto a
censurare un accertamento di fatto e una valutazione di merito adeguatamente e
logicamente motivati.
Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e
rilevato che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso
senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla
declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc.
pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in
favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in C 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 23 marzo 2018
Il Consigliere estensore
personale della sostanza stupefacente detenuta dall’imputato e della richiesta di