Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16239 del 20/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16239 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
MAKAROV OLEH nato il 17/05/1980
RAYCHEV METODI nato il 07/03/1966

avverso la sentenza del 29/06/2017 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;

Data Udienza: 20/03/2018

Fatto e diritto
Per quanto ancora rileva, con la sentenza in epigrafe indicata, il Tribunale di
Milano ha applicato, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., a Makarov Oleh e a
Raychev Metodi la pena concordata in relazione in relazione al reato loro
contestato.
Gli imputati hanno presentato personalmente distinti ricorsi per cassazione,
lamentando mancanza di motivazione e violazione di legge, in relazione alla
sussistenza della cause di cui all’art. 129 cod. proc. pen., alla determinazione

ricorsi sono inammissibili, in quanto è principio costantemente affermato dalla
Suprema Corte, in tema di patteggiamento, che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui al citato art. 129 cod. proc. pen. deve essere
accompagnato da una specifica motivazione soltanto nel caso in cui dagli atti o
dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo, invece, ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nell’enunciazione – anche implicita che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronuncia di proscioglimento ex art. 129 cod. proc. pen.” (Sez.
U, n. 10372 del 27/09/1995, Serafino, Rv. 202270; da ultimo, Sez. 1, n. 4688
del 10/01/2007, Brendolin, Rv. 236622). Nel caso di specie la sentenza
impugnata si è attenuta correttamente al suddetto principio escludendo
espressamente la sussistenza di una delle cause di cui all’art. 129 cod. proc. pen.
A ciò deve aggiungersi: 1) per consolidato orientamento di questa Corte di
legittimità, di recente ribadito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 5838 del 28/11/
2013, dep. 06/02/2014, in motivazione), in tema di patteggiamento, il ricorso
per cassazione può denunciare anche l’erronea qualificazione giuridica del fatto,
così come prospettata nell’accordo negoziale e recepita dal giudice, in quanto la
qualificazione giuridica è materia sottratta alla disponibilità delle parti e l’errore
su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606, comma 1,
lett. b) cod. proc. pen. Nondimeno, l’errore sul

nomen iuris deve essere

manifesto, secondo il predetto orientamento, che ne ammette la deducibilità nei
soli casi in cui sussista l’eventualità che l’accordo sulla pena si trasformi in
accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la diversa
qualificazione presenti margini di opinabilità; nel caso di specie, la deducibilità
dell’invocato errore deve essere esclusa, non risultando prima facie erronea o
strumentale la qualificazione giuridica dei fatti, così come proposta dalle parti e
positivamente delibata dal giudice a quo; 2) per consolidato orientamento di
questa Corte di legittimità, di recente ribadito dalle Sezioni Unite (sentenza n.
5838 del 28/11/2013 – 06/02/2014, in motivazione), la censura relativa alla
1

della pena, alla qualificazione dei fatti.

determinazione della pena concordata – e stimata corretta dal giudice di merito non può essere dedotta in sede di legittimità, al di fuori dell’ipotesi di
determinazione contra legem. Ipotesi che, di certo, non ricorre nel caso di
specie.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si
stima equo determinare in euro 2.000,00.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso i i. a 20/03/2018

P.Q.M.

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