Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16205 del 20/03/2018
Penale Ord. Sez. 7 Num. 16205 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: CATENA ROSSELLA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
CAMARA MAGUEIYE nato il 23/12/1988
avverso la sentenza del 10/01/2017 del TRIBUNALE di MILANO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROSSELLA CATENA;
Data Udienza: 20/03/2018
Fatto e diritto
Con la sentenza in epigrafe indicata il Tribunale di Milano ha applicato, ai sensi
dell’art. 444 cod. proc. pen., a Camara Magueiye la pena di mesi sei di
reclusione ed euro 200,00 di multa, in relazione al reato di cui agli artt. 624, 625
n. 2 e 7, cod. pen, in Milano, il 26/12/2016; con la recidiva reiterata, specifica,
infraquinquennale.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione lamentando
l’omessa motivazione circa la qualificazione giuridica del fatto e la
determinazione della pena, in riferimento al mancato giudizio di prevalenza delle
Il ricorso va dichiarato inammissibile, in quanto per consolidato orientamento di
questa Corte di legittimità, ribadito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 5838 del
28/11/ 2013, dep. 06/02/2014, in motivazione), in tema di patteggiamento, il
ricorso per cassazione può denunciare anche l’erronea qualificazione giuridica del
fatto, così come prospettata nell’accordo negoziale e recepita dal giudice, in
quanto la qualificazione giuridica è materia sottratta alla disponibilità delle parti e
l’errore su di essa costituisce errore di diritto rilevante ai sensi dell’art. 606,
comma 1, lett. b) cod. proc. pen. Nondimeno, l’errore sul
nomen iuris deve
essere manifesto, secondo il predetto orientamento, che ne ammette la
deducibilità nei soli casi in cui sussista l’eventualità che l’accordo sulla pena si
trasformi in accordo sui reati, mentre deve essere esclusa tutte le volte in cui la
diversa qualificazione presenti margini di opinabilità.
Nel caso di specie, la deducibilità dell’invocato errore deve essere esclusa, non
risultando prima facie erronea o strumentale la qualificazione giuridica dei fatti,
così come proposta dalle parti e positivamente delibata dal giudice a quo.
Inoltre, sempre per consolidato orientamento di questa Corte di legittimità,
anch’esso ribadito dalle Sezioni Unite (sentenza n. 5838 del 28/11/2013 06/02/2014, in motivazione), la censura relativa alla determinazione della pena
concordata – e stimata corretta dal giudice di merito – non può essere dedotta in
sede di legittimità, al di fuori dell’ipotesi di determinazione contra legem. Ipotesi
che, di certo, non ricorre nel caso di specie, in cui le parti hanno concordato una
pena di mesi otto di reclusione ed euro 300,00, previa concessione delle
circostanze attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, ridotta,
per effetto del rito, alla pena di mesi sei di reclusione ed euro 200,00 di multa.
Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore
della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo
determinare in euro 2.000,00.
1
circostanze attenuanti generiche.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2018
Il Presidente
Il Componente estensore