Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16186 del 20/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16186 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: CATENA ROSSELLA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PELUSO SILVIO nato il 24/01/1974 a CAMPOBASSO
avverso la sentenza del 03/11/2016 della CORTE APPELLO di CAMPOBASSO
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere ROSSELLA CATENA;

Data Udienza: 20/03/2018

Fatto e diritto
Con sentenza del 03/11/2016 la Corte d’Appello di Campobasso confermava la
sentenza di primo grado, con cui Peluso Silvio era stato condannato a pena di
giustizia per il reato di cui agli artt. 56, 624, 625 n. 2, 61 n. 7 cod. pen., in
Campobasso, il 28/01/2012; con la recidiva reiterata.
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, con il quale
si lamenta vizio di motivazione, ex art. 606, lett. e), cod. proc. pen., in
riferimento alla individuazione dell’imputato da parte del figlio del proprietario
della vettura, il quale aveva fornito una descrizione dell’autore del fatto non

aveva riconosciuto l’imputato in sede di ricognizione fotografica.
Il ricorso è inammissibile, per assenza di specificità, in quanto fondato su
censure che, nella sostanza, ripropongono le stesse ragioni già discusse e
ritenute infondate dal giudice del gravame. La mancanza di specificità del
motivo, invero, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come
indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni
argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento
dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice
censurato senza cadere nel vizio indicato, conducente, a mente dell’art. 591
comma 1 lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 4, 29/03/2000, n.
5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, Burzotta, Rv.
230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, Scicchitano, Rv. 236945; Sez. 3,
06/07/2007, n. 35492, Tasca, Rv. 237596).
In realtà, le censure aspirano ad una rivalutazione del compendio probatorio
preclusa in questa sede.
Secondo il costante insegnamento di questa Corte, esula dai poteri del giudice di
legittimità quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento
della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di
merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di
una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze
processuali (per tutte: Sez. Un., 30/4-2/7/1997, n. 6402, Dessimone, riv.
207944; inoltre: Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003 – 06/02/2004, Elia, Rv.
229369).
I motivi proposti tendono, appunto, ad ottenere una inammissibile ricostruzione
dei fatti mediante criteri di valutazione diversi da quelli adottati dal giudice di
merito, il quale, con motivazione esente da vizi logici e giuridici, ha esplicitato le
ragioni del suo convincimento.
La novella codicistica, introdotta con la L. del 20 febbraio 2006, n. 46 ,che ha
riconosciuto la possibilità di deduzione del vizio di motivazione anche con il

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corrispondente alle fattezze fisiche dell’imputato; peraltro il medesimo teste non

riferimento ad atti

processuali

specificamente

indicati

nei

motivi di

impugnazione, non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane
pur sempre un giudizio di legittimità, sicché gli atti eventualmente indicati, che
devono essere specificamente allegati per soddisfare il requisito di
autosufficienza del ricorso, devono contenere elementi processualmente
acquisiti, di natura certa ed obiettivamente incontrovertibili, che possano essere
considerati decisivi in rapporto esclusivo alla motivazione del provvedimento
impugnato e nell’ambito di una valutazione unitaria, e devono pertanto essere
tali da inficiare la struttura logica del provvedimento stesso. Resta, comunque,

contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa
lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione
storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o attendibilità delle fonti di
prova.
E’ stato ulteriormente precisato che la modifica dell’art. 606 lett. e) cod. proc.
pen., per effetto della legge n. 46 del 2006, non consente alla Cassazione di
sovrapporre la propria valutazione a quella già effettuata dai giudici di merito
mentre comporta che la rispondenza delle dette valutazioni alle acquisizioni
processuali può essere dedotta nella specie del cosiddetto travisamento della
prova, a condizione che siano indicati in maniera specifica e puntuale gli atti
rilevanti e sempre che la contraddittorietà della motivazione rispetto ad essi sia
percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere
limitato ai rilievi di macroscopica evidenza, senza che siano apprezzabili le
minime incongruenze (Sez. 4, n. 20245 del 28/04/2006, Francia, Rv. 234099).
Inoltre va considerato che il vizio del travisamento della prova, per utilizzazione
di un’informazione inesistente nel materiale processuale o per omessa
valutazione di una prova decisiva, può essere dedotto con il ricorso per
cassazione quando !a decisione impugnata abbia riformato quella di primo grado,
non potendo, nel caso di cosiddetta “doppia conforme”, essere superato il limite
costituito dal devolutum con recuperi in sede di legittimità, salvo il caso in cui il
giudice d’appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame,
abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4, n.
19710 del 03/02/2009, P.C. in proc. Buraschi, Rv. 243636; Sez. 2, n. 47035 del
03/10/2013, Giugliano, Rv. 257499; Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013 29/01/2014, Capuzzi, Rv. 258438).
Nel caso in esame la sentenza impugnata ha, con motivazione esente da censure
logiche, affermato come, il teste Sarli Vincenzo avesse fornito l’indicazione della
targa della vettura a bordo della quale egli aveva visto allontanarsi il soggetto
che aveva tranciato i fili elettrici dell’auto di proprietà del padre, fornendone la

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esclusa la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da

descrizione; i successivi accertamenti avevano consentito di verificare che l’auto
di cui il teste aveva fornito la targa era di proprietà della moglie dell’imputato;
l’imputato stesso era stato rinvenuto in preda ad etilismo acuto, del tutto
compatibilmente con la circostanza riferita dal teste, secondo cui l’autore del
furto tentato presentava un alito vinoso, ed era stato altresì rinvenuto a bordo
dell’auto in compagnia della moglie e delle figlie, circostanza, quest’ultima,
coerente con quanto riferito dal teste, secondo cui l’autore del furto tentato si
era allontanato sulla vettura in compagnia dei una donna e di due bambini.
Infine, la Corte di merito ha ricordato come il teste Sarli avesse dichiarato sin dal

dell’uomo, oltre ai particolari riferiti – capelli arruffati sulla nuca, orecchino ed
alito vinoso – in quanto si era concentrato sul numero di targa dell’auto a bordo
della quale lo aveva visto salire, oltre che per la scarsa illuminazione del luogo.
Appare di tutta evidenza, quindi, come il ricorso non si confronti affatto con le
articolate argomentazioni della sentenza impugnata, cogliendo solo alcuni aspetti
della motivazione medesima.
Alla inammissibilità del ricorso consegue,

ex art. 616 cod. proc. pen., la

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in
favore della cassa delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si
stima equo determinare in euro 2.000,00.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Roma, il 20 marzo 2018
Il Componente estensore

Il Presidente

primo momento che egli non era in grado di fornire una descrizione precisa

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