Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16181 del 20/03/2018


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 16181 Anno 2018
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
PREVIDI FABRIZIO nato il 24/10/1953 a MANTOVA parte offesa nel
procedimento
c/
SGARBI ALDINO nato il 20/05/1945 a BIGARELLO
FIORINI FABRIZIO nato il 23/05/1969 a MANTOVA
DALL’ACQUA SERGIO nato il 24/11/1956 a MANTOVA
MARCHINI GABRIELE nato il 30/12/1960 a SAN BENEDETTO PO

avverso il decreto del 08/08/2016 del GIP TRIBUNALE di MANTOVA
dato avviso alle parti;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE DE MARZO;

Data Udienza: 20/03/2018

Ritenuto in fatto
1. Con ordinanza del 08-09/08/2016 il giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Mantova ha disposto l’archiviazione del procedimento n. 2130/2014
R.G.N.R.
FnuAliu

2. Nell’interesse della persona offesa, Ua Previdi, è stato proposto ricorso per
cassazione, con il quale si lamenta: a) carenza assoluta di motivazione e
violazione di legge, in ordine alla sussistenza delle lamentate distrazioni
patrimoniali e dei pagamenti preferenziali, nonché travisamento dei fatti in

violazione di legge e carenza assoluta di motivazione,

con riguardo alla

lamentata sussistenza delle falsità in bilancio e al rigetto della richiesta di
indagini integrative (secondo motivo); c) violazione di legge e violazione del
contraddittorio (terzo motivo); d) abnormità del provvedimento idoneo a
‘procurare una stasi indebita del procedimento (quarto motivo).
Il ricorso è inammissibile, per l’assorbente ragione che l’unico vizio denunziabile
con il ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di archiviazione, ai sensi dell’art.
409, comma 6, cod. proc. pen., è la nullità prevista dall’art. 127, comma 5 del
codice di rito.
Il fatto che le prescrizioni sanzionate dal comma 5 dell’art. 127 cit. attengano
alla partecipazione dialettica dei soggetti interessati alla decisione non giustifica
un’estensione interpretativa dell’invalidità a ipotesi diverse da quelle indicate (né
ovviamente vale a prefigurare una ipotesi di abnormità del provvedimento, che,
diversamente opinando, dovrebbe riguardare ogni caso di archiviazione criticato
dalla persona offesa.
In particolare, è evidente che il riferimento linguistico alla violazione del
contraddittorio rappresenta null’altro che un’espressione sintetica della disciplina
positiva, ma non può costituire lo strumento attraverso il quale ampliare il
catalogo dei motivi di ricorso, valorizzando altre ipotesi, di carattere sostanziale,
‘di ritenuta violazione dello stesso principio.
Osta a tale lettura il principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione, in assenza
di una ragione costituzionalmente imposta di allargamento della piattaforma dei
vizi denunziabili mediante ricorso.
In particolare, va ricordato che l’art. 111, comma settimo, Cost. rende doverosa
la previsione del ricorso per cassazione per violazione di legge solo contro le
sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale.
Per i restanti provvedimenti giurisdizionali, il controllo della Corte di Cassazione
non è imposto dalla Legge fondamentale. Ne discende che la scelta del
legislatore ordinario di consentirlo, in presenza di determinati vizi (come appunto
accade con l’art. 409, comma 6, cod. proc. pen.), non comporta alcuna necessità
1

ordine al depauperamento del patrimonio consortile (primo motivo); b)

Costituzionale di estenderlo, sia pure nel limitato ambito del sindacato di
legittimità.
La natura dell’archiviazione, “interlocutoria e sommaria… finalizzata a un
controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e non a un accertamento sul
merito dell’imputazione” (Corte cost., ordinanza 30/04/1999, n. 153 e
28/02/2003, n. 54), e la ratio, esclusivamente servente il controllo di legalità e
obbligatorietà dell’azione penale, che tradizionalmente si riconosce assistere lo
ius ad loquendum e gli strumenti di tutela dell’offeso (“negli stretti limiti in cui

95), consentono d’affermare difatti che la pretesa sostanziale del
denunziante/querelante è assistita comunque da adeguate garanzie: da un lato,
la possibilità di sollecitare una riapertura delle indagini anche sulla scorta di
indagini difensive; dall’altro, l’intatta facoltà di esercitare i propri diritti d’azione e
difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, nella sede (civile) propria (in
questo senso, v. Sez. 1, n. 9440 del 03/02/2010, Di Vincenzo, Rv. 246779; più
‘di recente, v. Sez. 4, n. 51557 del 16/11/2016, Ricci, Rv. 268343).
Ne discende che i vizi lamentati dalla ricorrente comunque non legittimano il
ricorso per cassazione.
La Corte è consapevole dell’orientamento secondo cui è affetta da nullità per
violazione del principio del contraddittorio, deducibile con ricorso per cassazione,
il provvedimento di archiviazione che omette di valutare le ragioni esposte dalla
persona offesa nell’atto di opposizione (Sez. 3, n. 19132 del 27/03/2014, P, Rv.
260109, v. anche Sez. 7, n. 3826 del 09/10/2013 – dep. 28/01/2014, Chiola, Rv.
259145, che peraltro ha dichiarato inammissibile il ricorso, avendo ritenuto che
le ragioni dell’opponente erano state esaminate; ad identiche conclusioni è
giunta anche Sez. 2, n. 5143 del 12/01/2016, Bellini, non massimata) e,
tuttavia, a tacere della critica della premessa argomentativa di tale conclusione,
quale sopra si è esposta, si rileva che, nel caso deciso dalla citata sentenza n.
19132 del 2014, non risultava “spesa, invero, la benché minima
argomentazione, sia pure per ritenere la non pertinenza delle richieste istruttorie
avanzate dalla medesima parte offesa”, mentre, nel caso di specie, il giudice ha
fondato le proprie conclusioni su un autonomo apparato argomentativo.
2. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al
versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione
delle questioni dedotte, appare equo determinare in euro 2.000,00.

2

ciò risponda” a tale funzione di controllo: Corte cost., ordinanza 01/04/1998, n.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 2.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così decisA
o 0/03/2018

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