Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 16118 del 20/02/2018


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 16118 Anno 2018
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: PICARDI FRANCESCA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
ATTANASIO ALESSIO nato il 16/07/1970 a SIRACUSA

avverso l’ordinanza del 12/04/2017 del TRIBUNALE di CATANIA
sentita la relazione svolta dal Consigliere FRANCESCA PICARDI;
lette/syrtite le conclusioni del PG

-›,

Data Udienza: 20/02/2018

RITENUTO IN FATTO
1.11 Tribunale di Catania ha rigettato l’impugnazione proposta da Attanasio Alessio avverso il
provvedimento di rigetto della sua domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato,
escludendo la sussistenza di elementi probatori idonei a ritenere la sussistenza delle condizioni
previste dalla relativa disciplina e il superamento della presunzione legislativa connessa alle
numerose condanne irrevocabili per associazione di stampo mafioso e per associazione
finalizzata al traffico di stupefacenti. In particolare si è precisato non essere a tal fine

sufficiente il richiamo né alla querela presentata nei confronti del collaboratore di giustizia
Pandolfino, trattandosi di atto unilaterale, né ai decreti di ammissione al patrocinio a carico
dello Stato emessi in altri procedimenti penali, trattandosi di provvedimenti autonomi e non
vincolanti.
2.Attanasio Alessio ha tempestivamente proposto ricorso per cassazione avverso tale
provvedimento ed ha dedotto 1) la violazione dell’art. 125, terzo comma, cod.proc.pen.,
essendo apparente la motivazione circa la contraddittorietà e genericità dell’istanza, 2) la
violazione degli artt. 123 cod.proc.pen. e 178, primo comma, lett. c, cod.proc.pen., avendo
prodotto una serie di documenti non rinvenuti nel fascicolo (i vaglia ricevuti dalla madre e
provvedimenti di ammissione al patrocinio di altre autorità giudiziarie); 3) la violazione dell’art.
76, comma 4-bis, d.P.R. n. 115 del 2002, mancando una valutazione rigorosa degli elementi di
prova offerti.
3.11 procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non può trovare accoglimento.
1.0ccorre premettere che, pur deducendosi un’asserita violazione di legge, le censure
formulate si traducono esclusivamente nella critica dell’esaustivo e dettagliato percorso
argomentativo del giudice di merito, mentre, ai sensi dell’art. 99, comma 4, del d.P.R. n. 115
del 2002 avverso l’ordinanza che decide sul ricorso avente ad oggetto il rigetto dell’istanza di
ammissione al patrocinio a spese dello Stato si può proporre ricorso per cassazione solo per
violazione di legge.
In proposito può ricordarsi, tra le tante, Sez. 4, n. 22637 del 21/03/2017 Cc., dep.
09/05/2017, rv. 270000, secondo cui il provvedimento di rigetto dell’ammissione al patrocino a
spese dello Stato è ricorribile per cassazione soltanto per violazione di legge ex art. 99, comma
quarto, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nella quale rientra la mancanza di motivazione ma non
il vizio riguardante la congruità delle valutazioni del giudice. Più precisamente nel concetto di
violazione di legge possono comprendersi sia gli errores in iudicando o in procedendo sia la

/

mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in
quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, quali, ad esempio, l’art. 125
c.p.p., secondo cui la motivazione è prevista a pena di nullità. L’apparenza della motivazione
del provvedimento impugnato non consente, invero, il controllo del procedimento logico
seguito dal giudice. Non può invece ricomprendervisi la contraddittorietà o la manifesta
illogicità della motivazione, previste come autonomo motivo di annullamento dall’art. 606
c.p.p., lett. e), né tantomeno il travisamento del fatto non risultante dal testo del

de110/12/2009, dep. 2010, Rv. 245877; cfr. in senso conforme, recentemente, Sez. 4, n.
11478 del 09/02/2017).
2.Ad ogni modo, per quanto concerne la denunciata motivazione apparente in ordine alla
genericità dell’istanza, deve sottolinearsi che nel provvedimento impugnato si legge “ferme
restando, per le ragioni appena esposte, la contraddittorietà e la genericità dell’istanza,
sussistono comunque fondati motivi per ritenere che l’interessato non versi nelle condizioni
previste dalla legge … in ogni caso, …non risulta fornito .. alcun congruo elemento idoneo a far
ritenere …superata la presunzione legislativa connessa alle numerose condanne irrevocabili per
associazione di stampo mafioso e per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti”. In
definitiva, il rigetto dell’impugnazione si fonda su plurime motivazioni, mentre con il ricorso
viene aggradita fondamentalmente solo la prima argomentazione che non risulta decisiva ai fini
del rigetto. Va, peraltro, ricordato che le espressioni contraddittorie contenute in
argomentazioni inserite solo ad abundantiam nella motivazione non producono vizio della
sentenza (Sez. 4, n. 6275 del 11/04/1979 ud., dep. 07/07/1979, rv. 142512).

3. Le medesime considerazioni valgono per il secondo motivo, che si riferisce al mancato
rinvenimento di altro provvedimento giudiziario asseritamente già prodotto, di cui, comunque,
il giudice a quo ha escluso la rilevanza e decisività, non essendo sufficiente al fine di superare
la presunzione legislativa connessa alle numerose condanne irrevocabili per associazione di
stampo mafioso e per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti il richiamo ai decreti di
ammissione al patrocinio a carico dello Stato emessi in altri procedimenti penali “trattandosi di
provvedimenti autonomi e non vincolanti”.

4. Né si ravvisa alcuna violazione dell’art. 76, comma 4-bis, d.P.R. n. 115 del 2002, atteso che
spetta al soggetto richiedente l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato l’onere di fornire
la prova contraria, idonea a vincere la presunzione relativa di superamento del limite di reddito
ostativo – in motivazione Sez. 4, n. 5041 del 21/10/2010 Cc., dep. 10/02/2011, rv. 249563 ha
precisato che non sussiste alcun obbligo per il giudice di valutare lo stato di indigenza del
richiedente né di svolgere accertamenti in tal senso; v. anche Sez. 4, n. 21230 del 14/03/2012
Cc., dep. 31/05/2012, rv. 252962, secondo cui la presunzione di superamento del reddito prevista dall’art. 76, comma quarto bis, d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dal D.L. n. 92

provvedimento» (così, testualmente, al punto n. 3.1.1. della motivazione di Sez. 3, n. 3271

del 2008, conv. in I. n. 125 del 2008, per soggetti già condannati per gravissimi reati in
relazione ai quali si ritiene, alla luce di massime di esperienza, che l’autore abbia beneficiato di
redditi illeciti – ha natura relativa e non assoluta, con la conseguenza che, alla luce della
sentenza della Corte cost. n. 139 del 2010, è ammessa la prova contraria e spetta, pertanto, al
richiedente dimostrare la sussistenza dello stato di non abbienza, non già con una semplice
autocertificazione ma con l’adeguata allegazione di concreti elementi di fatto, dai quali possa
desumersi in modo chiaro ed univoco la propria effettiva situazione economica, che il giudice

5. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del
ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché -non ravvisandosi motivi di
esonero (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 186 del 2000)- al pagamento a favore della
Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in € 2000,00.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e al versamento della somma di duemila euro alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 20 febbraio 2018
Il Consigliere estensore
Francesca Picardi

deve rigorosamente vagliare).

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